17 Luglio 2025
Maurizio Federico
Maurizio Federico, responsabile del Centro nazionale per la Salute globale dell'Istituto Superiore di Sanità è stato intervistato dal Giornale d'Italia per discutere della recente assoluzione dei due medici Pietro Merli e Rita Maria Pinto, che curarono sua figlia Lisa Federico, morta il 3 novembre 2020 dopo un trapianto di midollo osseo al Bambin Gesù.
1) Innanzitutto qual è il suo pensiero in merito a queste assoluzioni riguardo al caso della morte di Lisa Federico?
All’indomani del deposito della scandalosa perizia CTU redatta in clamoroso conflitto di interessi avevamo deposto ogni aspettativa. Ma la mia parte emotiva ha sempre conservato la speranza che chissà, forse ci eravamo imbattuti in un GUP con la voglia di farsi le giuste domande e in grado di approfondire la vicenda al di là delle indicibili conclusioni dei periti CTU. Nulla di tutto questo. Addirittura per il GUP la morte per le cure provocata a Lisa “non sussiste”. Io e mia moglie, servitori dello Stato da sempre, siamo stati traditi prima dalla istituzione Sanità, ora dalla istituzione Giustizia.
2) Che cosa contesta in particolare ai periti?
Confesso che il corpo centrale del testo depositato a contestazione della scandalosa perizia è stata redatta da me, essendo studioso della materia e ovviamente con il consenso e il supporto dei nostri periti di parte. Nel testo espongo 25 punti di falsità e omissione. Ovviamente sono impossibili da riassumere in poche righe. Le più clamorose riguardano la negazione dell’evidenza della reazione emolitica acuta generata nel corpo di Lisa dall’infusione di 350 mL di globuli rossi incompatibili, e nemmeno una parola sulla scriteriata gestione dell’infezione ai polmoni che colpì Lisa all’indomani del trapianto. Infezione documentata da subito dalle analisi radiologiche, a cui i medici dell’OPBG hanno risposto cercando le infezioni nelle coproculture, e solo dopo una settimana dall’infusione. La parola “polmoni” non è citata mai nella perizia. Ma Lisa è praticamente morta soffocata, accompagnata da tutti gli altri disastri indotti dall’emolisi.
3) La posizione di Franco Locatelli è stata archiviata prima delle altre, che idea si è fatto su questo?
La GIP, che era chiamata a valutare l’archiviazione della posizione di Locatelli così come proposta dal PM, si è sempre mostrata disponibile alle nostre istanze. Viste le lungaggini del processo ai due medici dell’OPBG ha deciso di rompere gli indugi affermando che Locatelli non poteva essere imputabile di un reato per i quali i suoi sottoposti erano ancora in giudicato, e per i quali lei stessa ha giudicato, ma senza poter approfondire, non esserci le condizioni per una responsabilità “oltre ogni ragionevole dubbio”.
4) Pensa che questo caso sia stato strumentalizzato da parte di chi vuole far continuare a ritenere il Bambin Gesù un’eccellenza italiana?
Non c’è stato bisogno di questa scandalosa sentenza per dar forza alla grancassa mediatica che l’efficientissimo ufficio di propaganda dell’OPBG fa risuonare quotidianamente con la complicità dei maggiori media nazionali. Mentre questa strategia mediatica è destinata a funzionare alle orecchie dei meno provveduti in virtù soprattutto dell’ignobile monopolio che l’OPBG ha nella pediatria in tutto il centro-sud italiano, in particolare quella oncoematologica, abbiamo constatato con mano che la magistrale puntata del 2 marzo 2025 di “Report” in cui si è raccontato il caso di Lisa è riuscita a trasmettere un po' di verità su quell’ospedale almeno agli occhi degli esperti del campo. I signori dell’OPBG potranno aspirare al titolo di “eccellenza” solo quando avranno il coraggio di confrontarsi e di mettere in rete, come avviene per tutti gli ospedali, gli esiti dei loro ricoveri. Cosa che regolarmente nascondono dietro alla loro ineguagliabile autoreferenzialità.
5) Quali sono i prossimi passi che lei e sua moglie intendete muovere?
Percorreremo tutte le strade consentite dalla legge italiana. Dopodiché ci rivolgeremo alla Corte Europea. Voglio ricordare che finora in tema di giustizia abbiamo ottenuto una denuncia nei miei confronti con perquisizione, avallata da un PM sulla base delle critiche che sui social ho espresso (e che ri-esprimerei tutta la vita) verso Locatelli per la gestione della pandemia, e poi questa sentenza scandalosa per cui la morte di Lisa “per le cure” è un fatto che non sussiste. Aspetto con ansia le motivazioni, che sono pronto a smentire pubblicamente una a una anche sulla vostra testata, se me lo permetterete. Concludo solamente sottolineando che questa sentenza rappresenta un punto di non ritorno. Si è stabilito che è lecito qualsiasi intervento medico di una gravità così grande come quella di infondere coscientemente 18 volte il limite massimo tollerabile di globuli rossi incompatibili in presenza di alti titoli di anticorpi avversi ai globuli rossi, per di più in un organismo già debilitato da una troppo pesante chemioterapia.
Tutto ciò che avverrà in qualsiasi ospedale di una gravità così grossa o anche minore (ad esempio, diagnosi sbagliate, terapie non ottimali, assistenza non consona) non sarà in alcun modo perseguibile. Vista l’enormità che ha subito Lisa, si tratta di una depenalizzazione de facto di qualsiasi reato medico. La giurisprudenza che precede di gran lunga il legislatore. È chiaro ormai che per usufruire in sicurezza del nostro bel sistema sanitario che fu ci vorrà, oltre a un avvocato a portata di mano, anche una gran fortuna.
Il dott. Maurizio Federico, esperto virologo e responsabile del Centro Nazionale per la Salute Globale dell'Istituto Superiore di Sanità. Si è laureato nel 1982 in Scienza Biologiche all'Università di Roma La Sapienza (110 e lode). Dopo la laurea, Maurizio Federico ha svolto un internato presso il laboratorio di Virologia dell'Iss. E ancora: tra il 1985 e il 1992 è stato ricercatore presso il laboratorio di virologia dello stesso Istituto superiore di sanità; tra il 1992 e il 2005 è stato ricercatore di ruolo presso il Dipartimento di malattie infettive e parassitarie; dal 2006 ad oggi è direttore del reparto "Patogenesi e Retrovirus" presso il centro nazionale AIDS. E, infine, dal 2007 ad oggi anche Dirigente di ricerca presso il Centro Nazionale AIDS dell'Iss.
Di Ivan Vito
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