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"La libertà innanzi tutto e sopra tutto"
Benedetto Croce «Il Giornale d'Italia» (10 agosto 1943)

A che è servito restare vivi? Solo a constatare la sconfitta delle vittime e il trionfo dei carnefici. 5 anni dopo la pandemia non esistiamo più, mentre i responsabili godono ottima salute

Dicono i puri o gli ingenui dentro alla commissione Covid: "Qui ne escono di tutti i colori ma nessuno parla". Potrebbero cominciare loro, ma né loro né l'informazione di regime, che passa da un regime all'altro, ha alcun interesse a far luce.

06 Marzo 2025

Non è andato tutto bene

I telegiornali, gli acta diurna di regime celebrano questi 5 anni tra repressione e falso ritorno alla libertà con accenti patetici o lirici al limite del salvifico metafisico, ma molti di noi tra cui chi scrive, alle prese da 18 mesi con una serie di patologie fra le quali un cancro del sangue, avrebbero da dire qualcosa in proposito. Nel mio triplice ruolo di paziente, testimone e informatore posso riferire di una vita che non è più vita, che si dipana fra i neon delle corsie degli ospedali e le attese dei responsi. Costellata dalle analoghe esperienze di chi me le affida. Prima centinaia, poi sempre di più, a migliaia, tanti da non poterli contare e per di più presi in giro, insultati oggi più di ieri, in fama di novax seppure vaccinati; di assassini per quanto vittime. È riuscita perfettamente, la repressione per cui il potere verticale, autoritario, ha potuto contare sul potere reticolare, dei normali, dei tutti verso tutti che si erano messi a dividersi, a odiarsi, a segnalarsi, in una faida dall'isteria crescente. Più il regime moltiplicava i suoi abusi e più una parte dell'opinione pubblica, e maggioritaria parte, cooperava nel mettere fuori gioco i dubbiosi, gli scettici, quelli che ancora difendevano un'idea di libertà individuale, di autonomia costituzionale. Cinque anni dopo i traumi risultano stratificati: a quelli fisici, legati a malattie o alla scomparsa di congiunti ed amici, si aggiungono le distorsioni della mente, l'incapacità a tornare a una vita normale, ad una percezione normale: mettili in quattro a tavola ed è sicuro che parleranno di quel tempo, di quella pazzia diffusa, endemica che ci obbligava a sorbire un caffè in piedi ma non seduti, ad acquistare l'identico articolo su uno scaffale ma non su quello a fianco. Quasi tutti quelli che conosco, donne in particolare, hanno cominciato a bere durante il lockdown e dopo non hanno saputo smettere, non sono riuscite a tornare ad una prospettiva di vita vivibile; oggi hanno grossi problemi così come ce li hanno i loro giovani figli, alienati, violentati e violenti.

E che altro ci si poteva aspettare da quei divieti ossessivi e insani, inflitti per totale insipienza e per puro sfoggio di potere, perché il potere, in particolare italiano, aveva saputo trarre vantaggio da un cortocircuito sanitario e informativo e capiva che usare la paura spalancava le porte alla dittatura morbida, che poi tanto morbida non era? Le conferenze stampa governative sempre più aggressive e beffarde, la democrazia garantistica italiana che di colpo rivelava la morfologia inquietante da politburo dei funzionari spietati, il tetro museo delle cere di una congrega di mandarini con le facce di chi fa il bello e il cattivo tempo traendone un piacere perverso. Tempi solo cattivi, malvagi, di città desertificate, di punizioni ingiuste, di rappresaglie psicotiche, di multe infami, di costrizioni feroci, di perversione sociale, tempi tribali, di faide, di divisioni che non risparmiavano le famiglie, le amicizie, i rapporti di lavoro o affettivi. La società italiana ne è uscita distrutta, non esiste più.

Mentre la gente cominciava a morire per non smettere mai. Allora si rese necessario modificare la narrazione, per dire la versione criminalmente mendace calata dall'alto. Alla negazione oscena subentrava la minimizzazione, la normalizzazione dell' “è sempre successo”, infine la difesa di retroguardia: “Sì, i vaccini saranno stati anche letali, ma hanno salvato l'umanità”. Ma, pur sotto un regime di colore apparentemente diverso, si è velocemente tornati alle impunità grossolane e sfacciate, agli esperti in tutt'altro che danno lezioni mediche e sociologiche, difendono i coprifuoco, ribadiscono la provvidenzialità dei vaccini per i quali rifiutano ogni effetto negativo, attribuendoli alle stesse malattie concomitanti che tendono ad escludere in caso di decesso per Covid. La malafede è carsica ma tenace, ora si nasconde ora torna a zampillare in purezza: il regime precedente, grillopiddino ricomincia con la voce grossa, unito al frondismo di Forza Italia, mentre la Meloni al governo fa finta di niente, lascia fare e lascia dire, minacciare e suggerisce l'idea di esser prontissima, esattamente come i predecessori, a rifare tutto da capo alla prima occasione.

Ne deriva la conferma del regime gattopardesco: dice qualche ingenuo interno alla Commissione Covid: “Qui ne escono di tutti i colori ma è allucinante che nessuno ne parli”. Ma neppure i puri o gli ingenui si dannano per fare uscire il marcio, anche loro sposano la massima, primum vivere, sanno che non comandano se non di facciata, che i veri padroni della commissione sono quelli dell'asse forzapiddì, sono le Ronzulli e i Boccia. Dopo le prime inevitabili incertezze, dopo lo sbandamento collettivo a fronte di un virus sconosciuto, si è capito presto e sempre meglio che tutto era strumentalizzato, gonfiato, dissimulato a fini repressivi, si è capito che i vaccini non servivano come non servivano le paranoiche limitazioni della libertà, si è intuito che sotto c'erano le solite mangiatoie colossali e indecenti, ma l'informazione pagata e controllata copriva tutto e i pochi rimasti fuori dovevano difendersi da ulteriori attacchi e rappresaglie. Un vivere impossibile, specie in quanti gravemente malati, come chi scrive. Abbiamo continuato, con la forza che non avevamo, la forza della disperazione che procede per inerzia, senza illudersi, per puro senso del dovere, abbiamo contato quelli di noi che cadevano lungo il cammino ma oggi, cinque anni dopo, constatare che poco e nulla è cambiato ha il sapore di una conferma non priva di desolazione: siamo ancora ai propagandisti muniti di Nobel, agli intriganti, ai provocatori mandati in premio in tutti i programmi delle televisioni di regime, siamo alla quotidiana spoon river, ai caduti con inesorabile regolarità ma definiti “improvvisi”, siamo alla tracotanza moltiplicata dei responsabili. Ve li ricordate, tronfi nella loro inadeguatezza? Oggi hanno aggiunto la rabbia di chi non è più al potere ma sogna di tornarci e allora tutti i conti saranno saldati. Qualcuno dice: sono io il vero virologo, gli altri solo epigoni, sono talmente grande che i maschi mi fanno le avances. Ed è uno famoso per averle sbagliate tutte, per contraddirsi dalla mattina alla sera, senza uno straccio di punteggio internazionale. Gente che dovrebbe nascondersi, divorata dal rimorso e invece si propone, si esalta nella vanità infantile, imbarazzante propria degli Scanzi. Nessuno ha pagato e nessuno ha tradito il minimo scrupolo di coscienza, al contrario si respira la voglia di “tornare, ma stavolta cattivi”, come nella storiella di Hitler redivivo e questo significa che non è proprio come dice il documentario del mio amico Paolo Cassina, “Non è andato tutto bene”: non è andato niente bene, non c'è niente da salvare, nemmeno l'esperienza dell'abisso. Intorno a noi e dentro di noi la morte, ma diremmo che resistere col coraggio degli irriducibili non è servito a niente se ancora oggi ci raggiungono gli auspici di chi provoca e dice: il vaccino non ti ha fatto niente, ma visto che sei messo male speriamo ti dia una mano.

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