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"La libertà innanzi tutto e sopra tutto"
Benedetto Croce «Il Giornale d'Italia» (10 agosto 1943)

Usaid, Fema, Harvas... Quanti sono i focolai di corruzione dei giornalisti per mentirci sui vaccini, su tutto? Per farci morire come agnelli sacrificali, oltretutto da infami?

Scusate se racconto, senza filtri, senza sconti, la mia storia: è spaventosa, ma è la storia di milioni e milioni. E poi scopriamo che tanta sofferenza fu provocata da un gigantesco sistema di censura e di menzogna?

12 Febbraio 2025

Max linfoma

La notte del 31 agosto 2023 cadevo dalla moto ferma, una caduta strana, stupida e devastante che mi polverizzava la spalla. Al pronto soccorso, insospettiti per quella distruzione così incompatibile, procedevano con una ecografia che dimostrava l'invasione di linfonodi. A quel punto il cancro era certo e infatti a distanza di poche settimane si chiariva il linfoma. Mi ritrovavo malato oncologico e contemporaneamente paralizzato lungo l'intera parte destra. Dopo avermi ricostruito spalla, clavicola, cuffia dell'omero e non so che altro, le sedute di fisioterapia si alternavano ai riscontri diagnostici, innumerevoli tac, pet, eco, esami del sangue, biopsie che poi sono piccole dolorose operazioni, asportazioni di tessuti. Sono pieno di cicatrici e di segni, di buchi, sono la rockstar che non sono mai stato, la mia devastazione è paragonabile a quella di un eroinomane ostinato. Un tormento nel tormento anche per i dolori sempre atroci: l'anestesia per l'operazione alla spalla doveva durare 24 ore ma pare io abbia un curioso metabolismo e dopo 20 minuti era smaltita. Non ho mai sentito un inferno del genere, non credevo fosse possibile, mi hanno messo sotto morfina e mi sono intossicato la prima volta. Dopo non ho dormito per mesi, ho camminato ogni notte, trascinandomi, semiparalizzato, per mesi, ho abusato necessariamente di oppiacei e benzodiazepine fino a intossicarmi di nuovo, ho sviluppato i sintomi della dipendenza, mi sono ripulito brutalmente, senza scalare, con gli stessi effetti dell'astinenza: sudori freddi, panico, visioni. A novembre ho cominciato la chemio, pesantissima perché il linfoma era giunto al quarto ed ultimo stadio, e aveva invaso oltre il 90% del midollo osseo. Le biopsie midollari sono spaventose. Intanto continuavo la fisioterapia in palestra e successivamente anche in piscina. La situazione pareva disperata. I primi cicli, fino a febbraio, li ho assorbiti abbastanza bene, da marzo sono crollato e passavo il mese tra un ciclo e l'altro costantemente sul letto. Ho sfondato il materasso, accennato le piaghe da decubito. Ho temuto di morire e sperato di morire. Sono stato certo di morire. Prendevo oltre 20 medicine al giorno. Ho vissuto come uno perennemente sotto fentanyl, uno zombie. Eppure scrivevo ogni giorno. Un paio di volte sono finito al prontosoccorso in sospetto di embolia polmonare fatale. Non c'era, ma il trauma è stato forte. La seconda volta, in aprile, sono uscito dopo 7 ore, molto scosso, e ho aggredito due balordi che con la macchina mettevano a rischio i bambini in un viale. Sono scappati ed io sono caduto, temevano un infarto ma ero solo confuso e debole. Ho finito le chemio in maggio, senza smettere un giorno di lavorare, o sulla poltrona del reparto o direttamente a letto. Ho ricominciato a viaggiare ma ero così indifeso che ogni volta mi ammalavo. In giugno ho sviluppato una infezione alle vie respiratorie talmente violenta che gli antibiotici non facevano effetto e la tosse insisteva così feroce e implacabile che mi mandava in ipossia decine di volte al giorno. Cadevo, mancavo. Il 2 luglio sono andato a trovare Simone Cristicchi ad Ascoli dove faceva il suo spettacolo su san Francesco. Non sono riuscito a parlargli, ci siamo abbracciati in un mutismo lugubre. Il giorno dopo sono svenuto, spaccandomi la testa contro un calorifero. Mi ha salvato mia moglie, allertata dalla sirena dello smartwatch che aveva colto la caduta: ero cianotico. Era il mio compleanno e credevamo entrambi sarebbe stato il mio ultimo giorno. Dieci giorni dopo sono andato ancora da Cristicchi, a Fermo, dove faceva con Amara il concerto mistico per Battiato. Anche in quella occasione non sono riuscito a parlare. La tosse mi ha lesionato la laringe, da allora il mio tono è sceso di un'ottava, è più profondo, gutturale. Sono stato così fino a fine luglio. Il 20 ho presentato uno spettacolo di auto d'epoca e non ho problemi a dire che mi sono tenuto su con sostanze al limite del lecito per reggere. Poi sono stato una settimana sul letto. In agosto non stavo in piedi, dovevano sorreggermi. Mia madre è andata in agonia e poi è morta. Pochi giorni prima con 35 gradi ero salito fino alla guardia medica per farmi prescrivere delle flebo ormai inutili per lei. Sono stramazzato, ho avuto un collasso e la guardia medica ha soccorso me. In settembre sono salito a Milano e poi la infezione alle vie respiratorie si è riacutizzata. Tutto come prima. Ho avuto insonnia, panico, impulsi ossessivi, pensieri suicidi. Ho avuto altre intossicazioni da antidolorifici. Intanto assumevo, e tuttora li prendo, integratori e prodotti alternativi, come il blu di Metilene, per disintossicarmi. A dicembre ho accusato, pare per ulteriore effetto delle chemio, una infezione dolorosissima alle vie urinarie. Non passa, è come venire punto da mille spilli al cazzo e dentro. Ogni notte mi alzavo a pisciare le venti, le trenta volte perché una prostatite, si spera ancora benigna, comunque c'è. Ho fatto altri esami, tamponi uretrali dolorosissimi, poi, pochi giorni fa, una risonanza magnetica, riuscita a metà perché dopo mezz'ora mi ha preso il panico da claustrofobia. Un radiologo mi ha detto in faccia a brutto muso che avevo un cancro alla prostata e non mi restava molto tempo. Sono rimasto tramortito e ho rivisto tutto da capo. Mia moglie mi ha portato sotto choc dall'urologo che ha escluso in via di principio il tumore ma mi ha prescritto “per stare sicuri” una biopsia, che sto aspettando. Se sarò malato è finita, se non avrò niente sarò guarito per la seconda volta perché comunque io vivo mentalmente, attualmente da malato terminale. Sabato scorso sono stato con amici a cena e non ho calcolato il bicchiere di rosso in più. A casa ho preso come ogni sera uno Xanax per dormire, altrimenti gli incubi me lo impediscono, e ha subito interagito. Ho avuto singhiozzo compulsivo per 72 ore e ho scoperto che dopo 3 mesi ero nuovamente intossicato. In questi 18 mesi io non sono stato più un vivo tra i vivi, ho visto stagioni scorrermi davanti oltre il vetro, ho sentito gli altri come una specie diversa e irraggiungibile, non ho potuto contare sul mio corpo, ancora faccio piscina per la spalla, mi sono mortificato perdendo le forze davanti ad amici, mi sono vergognato nel sentirmi gli occhi addosso, ho avuto la coscienza di non essere più un uomo possibilmente interessante per una donna ma solo un vecchio finito, una pianta appassita. Non sono più stato lo stesso e non lo sarò più se mai potrò vivere. Ho sperimentato fino all'abisso ogni genere di sofferenza. Ho fatto talmente tanti prelievi che le vene erano finite, per settimane le ho avute gonfie ed estenuate. Mi hanno bucato in ogni posto possibile. Non c'è forma di patimento che non abbia sperimentato. Dolore, sfinimento, senso di morte, di essiccamento, di prosciugamento. Il linfoma è debellato, ma ogni giorno scoppiano nuove sofferenze, nuove distruzioni. Ho perso completamente ogni idea di Dio in me, perché se devo accettare che un Dio c'è, allora devo anche accettare che di me non gli frega niente, che mi ha lasciato succedere tutto questo, ed è stato veramente troppo, troppo, troppo, che non mi ha allungato una mano (chi legge è vivamente pregato di non venire a catechizzarmi, perché fa peggio e lo caccio). C'è un acronimo terribile, SPTC, vuol dire sindrome post traumatica da cancro. È come quelli che tornano dalla guerra, coi loro fantasmi. Io risento i cicalini meccanici della macchina per la chemio, rivedo il sole di fango dietro al vetro e ricordo i quadri appesi nel reparto. Rivivo il trama della sentenza, hai un tumore, l'incubo che per tutta la vita uno tenta di esorcizzare. Ma quando ci sei dentro fluttui in una disperazione lattiginosa e non hai scampo. Non ho più avvertito la sensazione del calore rassicurante in casa d'inverno, della luce spensierata dell'estate. Non sono più riuscito a leggere un libro, sentire un disco, seguire un programma con la serenità che ci vuole. La mente è sempre lì, sempre lì. Mi hanno detto che ero pulito mentre mia madre entrava in agonia e non ho avuto tempo di rendermene conto, sono rimasto psicologicamente a prima. La notte mi sballo di roba per tramortirmi ma il sonno dura poco, di solito mi sveglio in ospedale. Ecco sto morendo ed è l'unica cosa vera, non sono mai guarito, non ne sono mai uscito. Tutto mi minaccia e da niente sento di potermi difendere. Fatico a ricordare, fatti e parole volano via come farfalle dispettose e mi tormento a cercarle. Però devo dare l'idea di quello che non cede, che scrivendo continua a combattere. Provo a ridere, e mi esce un riso lugubre, tragico, un riso di morte. Ripeto, ho l'ho desiderata mille volte la morte che era lì ma non si decideva. Ho attraversato tutto, tutto e non solo personalmente, anche nel tormento atroce di chi me lo affidava, mi consegnava la sua paura e la sua devastazione. Ho conosciuto, incontrato solo morte, malattia, disfacimento, disperazione in questi 18 mesi, ho confortato decine di persone, le ho sentire urlare, le ho viste morire. Non ci sarà più niente dopo questo. E ancora corteggio l'idea di farla finita, perché anche i supereroi ogni tanto si arrendono, si accasciano, piangono.

Perché vi racconto ancora tutto, perché mi faccio male una volta di più? Perché le cose succedono, ma questa non è una cosa che è successa. Il mio linfoma stava lì, “indolente”, magari non sarebbe mai uscito, magari sarebbe sbucato a 80 anni, forse prima ma lo avrei controllato, ma due dosi di vaccino lo hanno scatenato. Slatentizzato, in termini medici. Mi ha mangiato vivo. Questo me lo hanno detto tutti, anche i medici che all'inizio lo smentivano. Poi altri medici, scienziati, luminari mi hanno fornito sin troppe conferme; le ho anche viste nell'ecatombe quotidiana, le ho messe nei libri, le ho attraversate nelle mille attese al neon dei corridoi, le sale operatorie, gli ambulatori, gli studi medici, i prontosoccorso. Nessuna estate per me, nessun risveglio. Da allora vivo avvolto nella nebbia della morte. Da allora non esisto, non ho più voglia, forza di sperare, ipotizzare, vivere. Per cosa? Per una siringa avvelenata che nessuno osa più contestare. Al massimo ammettono che ne ha uccisi a milioni ma salvati di più. Ma anche questa menzogna durerà ancora poco, ormai è finita, finita. Poi scopro che il padrone dei social ha mentito per 4 anni censurando la rovina e millantando la salvezza; che una agenzia americana per il sostegno degli indigenti, Usaid, ha corrotto migliaia di giornalisti in tutto il mondo per gli stessi scopi; che una seconda agenzia, Fema, faceva lo stesso; che una terza agenzia, Havas, per conto della UE, faceva lo stesso. E di sicuro saranno molte di più, per ungerne molti di più. Per avvelenare il mondo. Questo sono le democrazie di cui ci vantiamo? Ma somigliano alle terribili dittature novecentesche, solo più ipocrite.

Fiumi di miliardi per mandarci a morire come agnelli sorridenti al macello, per convincerci a suicidarci credendo di salvarci. E nessuno parla. E nessuno paga. E nessuno si pente. E nessuno chiede scusa. Hanno inventato una malattia, poi l'antidoto che era la stessa malattia, ci hanno rinchiusi, privati della dignità, incolpati di morire, E noi moriamo, noi moriamo. Noi non ci salviamo. Il mio stesso ambiente, quello del giornalismo, di cui rifiuto di far parte, mi ha diffamato, isolato, augurato la morte. Dicevano che ero un rinnegato, un traditore, che il vaccino non poteva avermi fatto niente, ma che, già che c'ero, dovevo crepare. Per non parlare. Perché mi permettevo di raccontare una verità non smentibile, scritta col mio sangue. Nel mio sangue. Perché erano prezzolati. Dopo il cancro e tutto quello che ha portato, ho ridefinito il senso di una vita di lavoro e ho capito due cose, la prima è che gli uomini sono dei pazzi, non c'è verso di ricondurli a ragione, fanno delle cose... spaventose, incredibili. Sono bambini crudeli gli umani, crudeli e scemi. L'altra cosa che ho capito è che rigare dritto non solo non serve ma è controproducente. Un tempo ti compativano, adesso ti maledicono. Ti dicono: no, tu non puoi essere pulito, tu devi essere lurido come noi, venduto e compromesso come noi. Chi ti credi di essere? Tu, specie se giornalista, devi entrare nel gioco della corruzione e della prostituzione come facciamo tutti. Anzi peggio, ti accusano di essere più sporco di loro siccome non hanno niente su di te. Ah, se non lasci tracce vuol dire che hai più scheletri di noi negli armadi e li copri bene. Dilla giusta. Sei solo un sepolcro imbiancato, sei peggio di tutto. E ti odiano, perché non sei come loro. Mi hanno accusato di avere inscenato il cancro, di essermi fatto delle foto false in un finto reparto ematologico, infilandomi cannule fasulle per sacche di finta bendamustina. Hanno irriso la mia faccia da moribondo negando al contempo che lo fossi. Hanno cercato di spegnere il mio continuo urlare non solo per me, ma per quanti vedevo arrendersi e mi dicevano: racconta me, non lasciare che sia inutile la mia fine. Qui nessuno è un santo e i santi rompono i coglioni, ma, come si dice: immorali nelle cose piccole, morali in quelle grandi. No, in questo tempo dove ti uccidono per una marchetta devi essere sordido in tutto, depravato in tutto. Specie nelle cose serie. Solo che noi moriamo. Noi non ci salviamo.

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