Covid, mortalità solo allo 0,05% tra persone sane sotto 70 anni, metà rispetto allo 0,1% dell'influenza, lo STUDIO Oms dell'Università di Stanford
Una stima addirittura 5 volte inferiore ai precedenti studi, secondo cui il tasso di infezione per tutte le fasce d'età, quindi anche gli over 70, era pari allo 0,25%
Uno studio condotto dal dottor John Ioannidis della Stanford University ha analizzato i dati di 61 ricerche basate su test sierologici in tutto il mondo, stimando che solo lo 0,05% delle persone sane sotto i 70 anni che contraggono il Covid-19 muore a causa della malattia (dati mediani).
Una percentuale pari a una persona su 2000. Questo tasso di letalità da infezione (IFR) rappresenta un rischio significativamente più basso rispetto alle stime complessive per tutte le fasce d’età, che secondo lo studio si attestano intorno allo 0,27%. Un dato gonfiato dal tasso di mortalità dei più anziani, ma comunque da considerarsi non troppo elevato.
La stima del dottor Ioannidis, pubblicata dall'Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms), è cinque volte inferiore alla sua precedente affermazione secondo cui l'IFR per tutte le fasce d'età era pari allo 0,25%. Per fare un paragone, l'influenza stagionale uccide circa lo 0,1% di tutti coloro che infetta.
I numeri principali dello studio sulla mortalità del Covid
La ricerca ha raccolto dati provenienti da 82 stime di prevalenza anticorpale, con valori che variano dallo 0,1% nella Bay Area in California al 53,4% in un quartiere di Buenos Aires, in Argentina. I dati suggeriscono che la prevalenza di infezione, e di conseguenza l'IFR, può variare notevolmente in base all’età della popolazione, alla struttura sanitaria locale e ad altri fattori regionali come qualità dell'aria e clima.
Escludendo i soggetti sopra i 70 anni, l’IFR scende allo 0,05%, il che significa che solo una persona su 2.000 sotto questa soglia d'età è a rischio di morte per Covid, se sana. Per confronto, come già ribadito, il tasso di letalità dell'influenza stagionale è generalmente stimato intorno allo 0,1%, ossia uccide 1 persona su 1000.
I confronti con altre stime
L'Organizzazione Mondiale della Sanità ha stimato un IFR complessivo dello 0,6%, mentre altre analisi come quelle del gruppo Scientific Advisory Group for Emergencies (SAGE) del Regno Unito indicano un valore dello 0,5%. Studi dell’Università di Oxford, basati su modelli matematici, propongono invece un IFR dell’1,4%. Le differenze nelle stime riflettono le diverse metodologie utilizzate e i contesti epidemiologici dei vari Paesi.
Lo studio di Ioannidis si basa sui livelli di anticorpi rilevati nei partecipanti, un metodo considerato tra i più affidabili per determinare la diffusione reale del virus, soprattutto nei casi asintomatici o lievi. Gli anticorpi sono proteine prodotte dal sistema immunitario per combattere le infezioni e possono rimanere nel sangue per mesi. In Gran Bretagna, ad esempio, un’indagine sierologica condotta dall’Office for National Statistics (ONS) ha stimato che circa una persona su 16 avrebbe già sviluppato anticorpi contro il Covid-19, equivalente a circa 3,2 milioni di individui.
Implicazioni dei dati
C'è da dire che non tutti gli studiosi hanno accolto la ricerca, e alcuni tra i più accaniti lo hanno criticato. L'Oms, pur avendolo pubblicato, in un bollettino ha voluto specificare che "Le opinioni espresse dagli autori in queste pagine non rappresentano necessariamente le opinioni dell'Oms". E adesso l'epidemiologo è sotto inchiesta a Stanford per aver presumibilmente sottovalutato la letalità del Covid, pur avendo pubblicato da aprile diversi studi basati su dati internazionali.
I risultati sottolineano come la letalità del Covid-19 sia fortemente influenzata dall’età e dalle condizioni preesistenti. La maggior parte dei decessi avviene tra le fasce di età più avanzate o tra i soggetti con comorbidità significative, mentre i giovani sani mostrano un rischio estremamente basso. Questi dati potrebbero aiutare a rimodulare le strategie di protezione sanitaria, concentrando gli sforzi sulle categorie più vulnerabili, evitando il rischio di futuri allarmismi.
Global perspective of COVID-19 epidemiology for a full-cycle pandemic
Di seguito l'estratto dallo studio originale che cita questi dati.
"Infection fatality rate in different locations can be inferred from seroprevalence studies. While these studies have caveats, 43 they show IFR ranging from 0.00% to 1.54% across 82 study estimates.43 Median IFR across 51 locations is 0.23% for the overall population and 0.05% for people <70 years old. IFR is larger in locations with higher overall fatalities. Given that these 82 studies are predominantly from hard-hit epicentres, IFR on a global level may be modestly lower".
"Average values of 0.15%-0.20% for the whole global population and 0.03%-0.04% for people <70 years old as of October 2020 are plausible. These values agree also with the WHO estimate 48 of 10% global infection rate (hence, IFR ~ 0.15%) as of early October 2020. Earlier higher quotes of average IFR that were irresponsibly circulated widely in media and social media were probably extremely flawed, as they depended on erroneous modelling assumptions, and/or focused only on selecting mostly studies from countries with high death burden (that indeed have higher IFRs), and/or were done by inexperienced authors who used overtly wrong meta-analysis methods in a situation where there is extreme between-study heterogeneity. For discussion of analytical issues".