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Benedetto Croce «Il Giornale d'Italia» (10 agosto 1943)

Auguri e non auguri: alle vittime (e di che cosa, è chiaro) di guarire, di salvarsi, ai carnefici di ammalarsi, senza solidarietà

Si continua ad ammalarsi e a morire, anche il 2024 è stato tragico e il prossimo anno non sarà migliore. La strage infinita, che non lascia scampo, ma i propagandisti, le carogne, i bugiardi insistono. E schiumano rabbia perché "i no vax non pagano". Finché non tocca a loro...

23 Dicembre 2024

Poltrona chemio

Buon Natale, finché ancora ce lo lasciano dire, ma a chi? Non certo “a tutte e tutti”: non alla feccia politica che schiuma rabbia per le multe cancellate ai novax, che non erano novax, e ancora spinge per applicarle. Non ai negazionisti, a quanti ancora propalano la balla dei vaccini innocui: la 42enne Francesca Orienti, da Sassuolo, si sente male mentre sta guidando, aneurisma, perde il controllo, si finisce contro un palo, poi persa in un campo; morta dopo due giorni di agonia; la coetanea Nicoletta Angeletti, assistente sociale al Comune di Macerata, lascia marito e due figli piccoli dopo una malattia fulminante; nella vicina Corridonia un altro 42enne, Marco Pallotto, si accascia per la strada: nulla da fare; a Quarrata nel Pistoiese trovano il cadavere dell'ex calciatore, oggi mobiliere, Gianluca Cangiolani, 55 anni: morto nel sonno; durante una cena fra amiche la 50enne Nigra Farinelli di Comacchio, nel Ferrarese, si sente improvvisamente male e muore sotto gli occhi frantumati delle compagne che stanno ridendo, stanno scherzando.

Solo un brevissimo, lacunoso resoconto quotidiano alla vigilia di queste feste, che per chissà quanti, sicuramente migliaia e centinaia di migliaia, sono, saranno tragiche. Auguri a loro e a quanti ho incontrato in un anno abbondante di malattia, di cure. Sono tornato stamattina in reparto, a ematologia, per il controllo periodico: c'era uno, come me, inchiodato alla poltrona da chemio, beveva dalla bottiglietta un succo di frutta. Un'altra, anziana, era stesa sul letto, sola col suo terrore, sicuramente era la prima volta, la prima somministrazione di monoclonale, il Rituximab, che ci vogliono 8 ore a prenderlo goccia a goccia. Stai lì, senza scarpe, prigioniero del nemico che sei, del male che sei e ogni goccia è una stilla di dolore che dura un secolo, che ti fa precipitare in un pozzo senza risposte. Chiaro è che non potrò dimenticare mai, mai.

Buon Natale a tutti quelli che ho incontrato, per una volta o per mesi, su quelle poltrone. A chi mi ha scritto disperato, “ci sono dentro anche io”. A chi lo ha scoperto solo adesso e a chi lo scoprirà. A chi ho incontrato nei miei viaggi, anche loro in cura, o reduci, o a piangere i loro cari spazzati via. Ai ragazzini che stramazzano su un campo da calcio, in palestra, sul banco, al fast food, mentre fanno i compiti, e non c'è niente da fare. A chi riesce a salvarsi, ma non potrà più correre dietro a un pallone, avere una vita normale, dovrà preoccuparsi anche mentre fa l'amore. Se mai lo farà.

Buon Natale a Giuseppe de Donno, che non c'è più, ai colleghi eretici, che conosco, che mi son diventati amici, le Silvana de Mari e Patrizia Gentilini, i Marco Cosentino, Giuseppe Barbaro, Francesco Avanzini, Andrea Stramezzi, Giuseppe Morra e tutti gli altri che sono stati odiati, sospesi, radiati siccome avevano detto la verità. Nessun augurio ai virologi ballisti, scorretti, spioni, buoni per tutte le prognosi e per tutte le stagioni, ambiziosi, avidi, volgari.

Buon Natale a chi mi ha sostenuto, mi ha detto “non arrenderti”, ma c'era poco da arrendersi e anche da resistere, se va, va, se no ciao. E io ne ho visti troppi andar via e ancora ne sto vedendo e non ho dubbi che ancora più ne vedrò. Buon Natale a tutti i sanitari, e mi hanno maneggiato, palleggiato a decine, se non centinaia, che mi hanno curato, e al novanta per cento sono donne, l'ultima stamattina, la dottoressa Caterina, l'ho abbracciata, entrambi dietro la mascherina perché in quei reparti ci si contagia con niente, siamo già a zero difese, e lei: “Ma che fai, ti commuovi?”. Ma non mi ero commosso, ero riconoscente per tutto quello che aveva fatto, che avevano fatto, dottoresse, infermiere che danno molto più di quanto ricevono. E poi durante le visite parliamo sempre di musica, di concerti, lei mi legge e io le spiffero tutti i pettegolezzi sui cantanti falsi o cialtroni.

Cattivo, pessimo Natale ai parassiti, ai propagandisti, agli odiatori, ai sadici, agli stronzi, a quelli che volevano vedere i multati, i dubbiosi, i cauti ridotti a poltiglia verde, o cascare come mosche, o sputargli nei vassoi del cibo a domicilio: a voi l'augurio di raggiungerci, con l'esito peggiore. Nessun oblio, nessun perdono.

Auguri di più cuore, più lealtà, più coraggio ai personaggi più o meno pubblici, comunque esposti, che potrebbero parlare, raccontare, almeno sollevare dubbi, almeno, e invece per quanto malati tacciono, omettono, distorcono, censurano loro stessi, la mettono sul patetico, sul romantico da strapazzo, “il nuovo me”, “il sole che sorge al mattino”, ma se lo vedi dal vetro opaco di una sala piena di poltrone da chemio, sai a che ti serve. Stamattina prima di salire sono andato a pisciare nel solito cessetto, quando mi preparavo a quattro, sei ore di terapia, e nello specchio non c'era nessun nuovo me, c'era un uomo segnato, che sta imparando a convivere con lo stress post traumatico da cancro. Non dico superarlo, smemorizzarlo, dico conviverci. Ammesso che sia possibile.

L'ultimo augurio è per chi ci ha provocato tutto questo, e sono tanti, e nessuno ha avuto rimorso. Sento volare indiscrezioni, mormorii, pare che questo o quel potente, anche di eccelso livello, stia male: se nel 2025 cambieranno poltrona, noi sapremo che anche loro si erano vaccinati, sul serio, loro sapranno che quei vaccini non erano affatto salutari ed essere potenti, arroganti, bugiardi, cinici, non li ha salvati. Sul serio.

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