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"La libertà innanzi tutto e sopra tutto"
Benedetto Croce «Il Giornale d'Italia» (10 agosto 1943)

In UE hanno votato e la maggioranza Ursula, punita, si ricoagula nel "tutti dentro" e procede a nuove pandemie repressive

A che serve votare? A eleggere le Salis e le Carola? Ma adesso che la "maggioranza Ursula", non più tale, da puntellare, ha le mani libere si procederà a nuove edizioni del controllo totale: si parte dal vaccino contro l'aviaria. Mentre i "vip" continuano a fingere e a mentire.

13 Giugno 2024

Antonella Clerici

Intanto che aspettiamo di vedere come cambieranno l’Europa “da dentro” gli stessi che l’hanno resa immutabile, qualche questione italiana, magari in proiezione europea ma italiana. Per esempio, come mai il rapper dei sordi, Fedez, quello che ha successo grazie a Orietta Berti, eccede in spedizioni punitive e resta sempre libero di organizzare la prossima? “Sapete, è fuori di testa”. Che non pare ipotesi contemplata dal codice penale e comunque se è fuori di testa il suo posto è in manicomio come pazzo furioso, non impunemente libero di imperversare. Forse si fa migliore figura ad ammettere una volta di più che la legge è diseguale per tutti, è classista, è censitaria. E che se sei influencer o balordo, o entrambi, te la cavi sempre e magari ti spediscono a Bruxelles. E come mai una stagionata gossippara come la Lucarelli, che voleva “vedere i novax ridotti in poltiglia verde”, imperversa, anche lei, su tutti i canali, per testate, festival, per la ionosfera con la non irresistibile storia dei due imbonitori, gli ex Ferragnez, con cui ha un conto aperto? Davvero siamo ridotti ad aggrapparci alle sue analisi sociologiche? Una che correva dietro, col fidanzato telecuoco, a recensioni farlocche di una povera diavola che poi s’è ammazzata? Pare che i comportamenti devianti o deliranti siano cresciuti in modo incontrollato dopo la pandemia; di sicuro sugli effetti sia del regime reclusorio che della vaccinazione coattiva di massa siamo ancora alla punta dell’iceberg, di sicuro le conseguenze non si arresteranno ai pur allucinanti venti o trenta milioni di vittime finora accertate, anche se il BJM, primo a fornire la relativa statistica, se l’è subito rimangiata con una motivazione oscena: “sì abbiamo scritto quello ma siamo stati fraintesi”. Chissà chi ha ispirato l’ignominioso voltafaccia. Ma la Baronessa VonderPfizer, mazzolata alle elezioni, proclama “non c’è alternativa a me stessa” e tutti si addensano, si omogeneizzano da destra a sinistra nella maleodorante coalizione resiliente, a conferma che votare specie in Europa serve a niente. Con le mani libere, l’Unione del paternalismo repressivo potrà finalmente apparecchiare la nuova pandemia di laboratorio: tutti dentro i falansteri loro, i mammasantissima, e tutti dentro le nostre topaie noi, cittadini regrediti a plebe elettorale. Già propongono di arrestare gli indisponibili al vaccino contro l’aviaria, la nuova peste di Tedros. Esagerano? Ma intanto lo dicono e se c’è una cosa che abbiamo imparato è che la leggendaria finestra di Overton non è una leggenda ma un progetto politico perenne, autorigenerante.

Per molti, come chi scrive, gli effetti cosiddetti avversi si sono palesati subito, altri, e sono la più parte, fanno finta di essere sani ma come in apnea, nell’attesa angosciata del peggio che arriva. Qualche settimana fa arrivo a Napoli per un convegno naturalmente bollato “di novax”, a me tocca la parte sia del giornalista che della vittima attiva, nella carrozza business del frecciarossa Roma Napoli siamo, orrore, in cinque conferenzieri, tre medici, un avvocato e il sottoscritto di professione malato oncologico, tutti “novax” anche se quasi tutti ahinoi vaccinati, e troviamo a ritirarci dalla stazione di Napoli centrale un giovanotto ciarliero, bragone al polpaccio, da rapper, tatuaggi almeno quanto i miei, vagamente guappesco ma non arrogante, alla mano, vuol solo fare sfoggio di efficienza e guida nell’unico modo in cui si può guidare a Napoli, alla morte, ma con scioltezza, nel fatalismo di un traffico anarcoide; si capisce che è eccitato all’idea di trasportare questi che forse immagina più importanti di quanto non siano davvero, parla e parla ma non capisco niente, discorre in lingua madre con due che stanno dietro e non c’entrano con noi, forse due amiche, forse solo due di passaggio, beneficiarie di quei favori anarcoidi che a Napoli, città solidale ma all’occorrenza feroce, sono la norma e insomma queste sono dirette al Cardarelli, e già che ci siamo… Motteggiano fra loro ma è impossibile cogliere un solo concetto, guardo allusivo il dottore Schicci, che di nome non fa Gianni ma Paolo, medico ortopedico, naturalmente “no vax”, mi sorride mite e a me par di sentire il linguaggio criptato di Massimo Troisi che se uno non è napoletano ride perché fa finta di capire, per non fare la figura del fesso ma non capisce una parola e così per uscirne mi metto a fare il giornalista col mio autista rasato dal pizzetto lungo lungo, esagerato, da imam di Gaza ma invece siamo a Napoli e lui sta a Scampia “che è il posto più bello del mondo”, lui ci lascia le chiavi in macchina e nessuno gliela tocca. A Scampia? Sissignore, Scampia è il paradiso. E le famose Vele della camorra e del malaffare, le hanno poi finite di buttare giù? “No, solo le prime, poi le hanno lasciate ma adesso a Scampia è il paradiso, siamo tutta una famiglia, hanno ripulito tutto”. Interventi istituzionali? Domando ed è chiaro che sto al gioco, Schicchi seduto dietro si diverte, vediamo dove vuole portarci il nostro amico. Niente di tutto questo, mi spiega lui con l’aria di chi impartisce la lezione a uno scolaro un po’ tardo, una sorta di ordine spontaneo, tipo ordalia, “si sono fatti la guerra le famiglie, si sono sparati tutti e siamo rimasti i buoni”.

Fa il vissuto il mio autista, vuole impressionarmi ma io in un borgo di malavitosi duri ci ho passato 16 anni anche se il mare non era quello di Napoli ma, più umilmente, delle basse Marche che i marchigiani di sopra chiamano gentilmente “sporche”. E mi venivano a cercare per quello che andavo scrivendo, preferibilmente muniti di semiautomatica ma io, niente, esaltato come può esserlo solo un cretino alle prime armi e questo per dire che è difficile impressionarmi con questi raccontini, disperarmi forse, questo Paese de o sole e de o mare non impara mai e non parlo di Napoli, parlo del Paese intero dalle Alpi al Lilibeo, ma impressionarmi direi proprio di no. Passiamo a parlare del convegno, mi chiede a che titolo partecipo, gli spiego che parlerò di vaccini ed è come avessi innescato una miscela esplosiva, “Tre ne ho fatti, tre, hai capito o no?, e da allora mi ammazzo di sintomi, di disturbi, è come se il corpo non rispondesse”. Non resisto e, per quell’impulso mezzo salvifico e mezzo malvagio di cui son fatti gli uomini, gli dico che fossi in lui una visita di controllo, un giro di analisi me lo farei. “Ma perché anche voi dottò tenete disturbi?”. Gli stessi identici tuoi, solo che io mi sto curando un cancro, apposta mi hanno chiamato, debbo parlare della mia malattia e del vaccino che forse me l’ha scatenata. E dico forse perché non voglio spaventarlo troppo. Ma si spaventa, sbianca e ammutolisce. Il viaggio continua in un silenzio irreale tombale e ho già i rimorsi, guardo con la coda dell’occhio Schicchi dietro di me e lo colgo perplesso, sarò stato crudele? Meschino? Ho voluto dare una lezione al guaglione che voleva insegnarmi come si vive a Napoli? Ma no, volevo solo evitargli, se possibile, il mio errore, meglio preoccupato prima che rassegnato dopo, su una poltrona da chemio per sette otto mesi. “Domani vado a farmi le analisi” mi saluta lui col pizzettone che tremola. Sarò anche spietato ma penso che l’informazione vada fatta così, in modo brutale, sfruttando ogni occasione, ogni circostanza. Perché un fatto è certo, effetti avversi e malattie insorgenti non si fermeranno, anzi siamo solo all’inizio, checché il glorioso BJM se ne rimangi. E conviene muoversi per tempo: fare come ho fatto io, che per tre anni ho convissuto coi sintomi, ignorandoli, fino a che una caduta accidentale non mi ha sbriciolato la spalla già minata dal linfoma, scoperto di conseguenza, equivale a un lento suicidio anche perché chi potrebbe essere trasparente non se ne dà per inteso. Tocca alla conduttrice Antonella Clerici: salvata pare per le penne con un intervento d’urgenza alle ovaie. “Come sempre voglio essere onesta con voi”, ma la sensazione è esattamente quella contraria, cioè stia spacciando palle se no non le danno più da condurre quei programmini con gli intingoli e i fritti: “Salva con la prevenzione”, ma di che prevenzione parla se parla di “uno tsunami”, se racconta di una operazione in extremis? Il raccontino edificante fa acqua da tutte le parti, indugia sull’empatia, su cose e concetti che c’entrano niente, di sicuro, di chiaro c’è solo che questa è stata portata al Dermatologico San Gallicano di Roma e qui trattata per “uno tsunami” che, sbaglieremo, ricorda tanto quello della principessa Kate. E va già bene che la telemassaia Clerici, principessa delle pentole, non raccomandi la solita selva di vaccini omnibus ma il senso è quello, la morale subliminale è quella. A Torino l’ex portiere Tacconi subisce l’ennesima tortura chirurgica, due anni fa – due anni fa – veniva fulminato da ischemia cerebrale devastante. “Niente paura” dice allegramente il figlio “papà è un leone”. A Roma l’ex governatore piddino Zingaretti, che esagerava in selfie vaccinali, rivela: “Mi sono curato un tumore, ma tutto ok”. A Teglio Veneto ennesima morte di un ragazzino: Roberto Pannozzo, quattordicenne campioncino di calcio, casca stecchito e vigliacco se uno solo ha saputo scrivere come, dove, per cosa. Perfino il padre invece di disperarsi copre con una di quelle frasi del cazzo “Il paradiso è in festa, la stella più luminosa è arrivata”. Ti muore un figlio a 14 anni e mi citi Eros Ramazzotti? Invece di chiedere giustizia dopo quante dosi?

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