09 Maggio 2024
Motivi commerciali dice Astrazenesca per spiegare il clamoroso, non inatteso, ritiro del suo vaccino anticovid e almeno in questo caso dice il vero o almeno il mezzo vero. Nel senso che è sempre il soldo a decidere tutto, o, come diceva quell’impresario di pugilato, “non è mai per soldi: è sempre per soldi”. La metà non detta, benché ammessa di straforo, è che, in attesa di lanciare nuove micidiali pozioni a tecnologia mNRA, i motivi commerciali rischiano di andare a rotoli essendosi dimostrato senza margine di dubbio il legame perverso tra vaccini e conseguenze letali, cosa emersa fin dall’inizio con la povera Camilla Canepa. Da allora, tre anni di menzogne avallate dai virologi, “il vaccino fa bene e non presenta controindicazioni”. Andavano in televisione a ripetere la bugia, i virologi come i ministri, i tecnici, i luminari, e in privato ammettevano: questa roba può uccidere. E qualcuno lo trovava anche divertente. La letalità di questi sieri tutti sbagliati, testati sulla gente di tutto il mondo usata come cavie, è finalmente emersa, indiscutibile anche perché riconosciuta perfino da chi li ha creati; ma l’altra storia, parallela, delle grandi corruzioni collegate è ancora da sviscerare. Astrazeneca riconosce la pericolosità del suo intruglio “sebbene in casi rarissimi”, i telegiornali del regime senza soluzione di continuità, da sinistra a destra, avallano la grande menzogna, ma i morti continuano e Astrazeneca fa sparire le fiale e, così spera, le prove e anche gli obblighi di risarcimento, già partiti nel Regno Unito e, udite udite, per la prima volta anche in Italia: un povero disgraziato di Genova, per iniziativa del Codacons. E allora meglio far sparire tutto! Come in quelle commedie dove ladri maldestri e trafelati cercano di bruciare i documenti o di infilarli nel polverizzatore. Ma le prove che non si possono eliminare stanno nel corpo delle vittime. Si continua a crepare, a cadere, stecchiti o paralizzati, e dietro sempre questi vaccini che per anni, per tre anni ci avevano garantito come risolutivi. E lo erano, ma in un altro senso. Una cinquantatreenne di Torino, felice per il nuovo lavoro di commessa, al suo primo giorno arriva in negozio e cade fulminata. Un ragazzo di 23 anni si presenta al pronto soccorso con dolori alla schiena e al petto, gli danno un Voltaren e lo rimandano a casa e quello dopo pochi minuti muore per sospetto infarto non rilevato. Uno di diciotto anni bruciato da un turbocancro addominale: lo salvano per le penne, ma nessuno sa spiegare come si sia sviluppata una patologia così vorace in un adolescente.
Le prove stanno anche nella falcidie di sportivi, di tennisti che cascano, che si ritirano. Gira una voce: Sinner, il campionissimo appena sbocciato, rischia di chiudere non tanto coi tornei di quest’anno ma con la carriera. Non è solo l’anca di un novantenne ad appena 22 anni, “ho altri problemi” ha ammesso, senza voler scendere nei dettagli. Come l’amico e rivale Berrettini, ex testimonial vaccinale, che tutte le settimane si scopre qualche malanno nuovo: “Le ho provate tutte, non ce la faccio”. Idem Alcaraz e quasi tutti gli altri. La tennista-velina Camila Giorgi, quella finita nei guai per aver finto di vaccinarsi, ha davvero simulato o all’ultimo si è convinta? Comunque annuncia il ritiro a poco più di 30 anni, senza una parola. Il russo Rublev ha ammesso di essere “disastrato” e di andare in campo bombato con plurime iniezioni di antidolorifici “pur di trovare pace per un paio d’ore”. Il calciatore africano Tamuzo, non un novax né un complottista, ha portato in tribunale due giganti farmaceutici perché è convinto che “dopo avere assunto vaccini il mio corpo non è più come prima e la mia carriera è finita”. Al campione di basket Darius Morris è andata peggio, lo hanno trovato senza vita, improvvisamente, a 33 anni, ultimo di una schiera di oltre 700 atleti folgorati negli ultimi 36 mesi.
Le prove stanno nei corpi, nel sangue, nelle vite di chi non ha più una vita e me lo dice: “Meglio loro, meglio morire di colpo come loro che vedersi disfare, marcire di giorno in giorno”. A questo punto, chi ancora si ostina a non vedere quello che ha sotto gli occhi e magari nella carne, nelle ossa, o è un vile o un pazzo. Conosco gente che dopo quattro dosi non cammina più, accusa ogni genere di accidenti, ma resta convinta: quelle 4 siringhe non c’entrano, anzi se sono ancora vivo lo debbo a loro. Ma se Astrazeneca fugge dalle sue responsabilità nel modo più ignobile. Ma se ogni giorno escono intercettazioni infami dei mammasantissima che ammettono,, “li stiamo uccidendo tutti ma dobbiamo insistere con le bugie”. Ma se Aifa dopo Camilla Canepa operava per impedire indagini e verifiche sul vaccino che l’aveva condannata. Ma se adesso dopo Astrazeneca tocca a Pfizer, della quale già emergono i primi casi ammessi di conseguenze letali. Questa dei vaccini dietro ricatto, dei veleni obbligati, è stata e resterà come la peggiore infamia in particolare italiana dai tempi del fascismo, delle leggi razziali, degli italiani mandati a morire nei lager. I metodi sono gli stessi, la menzogna altrettanto immane. Trombosi, cancri, paralisi, distruzione del corredo genetico, del patrimonio immunitario, sterilità insorta, patologie psichiche e neurologiche, patologie cardiocircolatorie, infarti, cuori rotti: si muore improvvisamente a 90 anni e a 10, al mercato, in casa, in negozio, in banca, in piscina, su un campo, in ufficio, alla scrivania. E pare normale questo giardino di orrori, questo abominio quotidiano, questo olocausto infinito. Per anni hanno coperto e infamavano chi aveva paura, chi stava già male. Quel virologo ligure, uomo per tutte le vaccinazioni, che insultava chi nutriva dubbi su Astrazeneca e adesso ha la faccia di dire “ve l’avevo detto che faceva male”. Quel governatore, suo conterraneo e suo amico, che si accaniva, che voleva “privare dei diritti” i non vaccinati, li voleva detenuti e discriminati, li voleva agli arresti domiciliari e adesso ci è finito lui per torbide storie di presunte corruzioni. E dovremmo anche essere garantisti invece di rallegrarci per qualche inaspettata giustizia di questo o dell’altro mondo?
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