Vaccino Covid e i "trucchi" dei medici e delle case farmaceutiche per somministrarlo: il caso di Adele
In realtà, quello che segue è uno dei "trucchi" di base nella comunicazione sanitaria, ed è ben conosciuto. Tuttavia, è talmente efficace che ancora oggi è uno dei "trucchi" più usati, sia dai medici che dalle compagnie produttrici. Per cui, è opportuno parlarne. Per semplificare, è utile un esempio, scelto in modo ovviamente del tutto casuale
Primo atto
La sig.ra Adele ha letto alcuni report in cui si affermava che i vaccinati per il COVID hanno un rischio doppio, rispetto ai vaccinati, di sviluppare una miocardite. Un giorno, in un dibattito, la Sig.ra esprime le sue perplessità al virologo di turno (vero o finto che sia). In prima istanza, solitamente, il virologo contesta la veridicità di questi dati. In secondo luogo, spiega che, anche se fosse vero, il rischio di miocardite è talmente basso che, anche se raddoppiasse, rimarrebbe comunque un problema minimo, non tale da destare preoccupazione, concludendo che - frase immancabile - "i benefici dei vaccini superano di gran lunga i possibili rischi".
Quindi, scomponendo il ragionamento del virologo, capiamo che (1) non è tanto importante l'aumento del rischio, quanto il rischio che effettivamente si corre; (2) si deve accettare che possa esserci qualche vittima dei vaccini se alla fine, sui grandi numeri, le persone salvate sono molte di più. In effetti, entrambi i ragionamenti sono corretti. Se il mio rischio di miocardite, senza vaccino, è 1 su 100.000, e con il vaccino raddoppia, divenendo 2 su 100.000, è comunque talmente basso da essere tollerabile. Esso rimane comunque comparabile al rischio che corro ogni giorno andando in bicicletta. Inoltre, se i vaccini salvano 1000 vite, e magari ne causano 2, il bilancio non può che considerarsi positivo (al netto dei costi, ma questo è un altro discorso). Il virologo sta in realtà affermando due verità note da decenni in Epidemiologia: (a) il rischio relativo (raddoppio del rischio dei vaccinati relativamente ai non vaccinati) conta poco se il rischio assoluto è bassissimo, e (b) non si deve ragionare sull'emotività, ma occorre guardare i numeri complessivi.
La Sig.ra Adele è rassicurata e si vaccina.
Secondo atto
La Sig.ra Adele è indecisa se vaccinare i propri figli. Si è di nuovo informata, e ha letto che i bambini hanno un rischio molto basso di COVID-19 grave o mortale. Si chiede quindi se il vaccino sia davvero indispensabile, e torna al dibattito, esprimendo nuovamente le sue perplessità al virologo di turno. Dopo aver contestato la veridicità dei dati, come da prassi più che legittima, il virologo procede a spiegare che, se anche fosse vero che il rischio è basso, in ogni caso il rischio c'è, e con i vaccini questo rischio si dimezza. Per cui, dato che ogni vita di un bambino è sacra, ci si deve in ogni caso vaccinare. Si noti che, apprezzabilmente, il virologo si è perlomeno fatto furbo, sa che sappiamo che i vaccini non riescono a bloccare i contagi, per cui evita di affermare che occorre vaccinare i bambini per difendere gli anziani, come è stato invece ripetuto per mesi.
In ogni caso, se scomponiamo il ragionamento del virologo, in questo secondo atto, capiamo che (a) non importa quanto sia basso il rischio che si corre, ciò che conta è la riduzione del rischio, perché (2) non si può accettare nemmeno una singola morte. Come si può notare, il ragionamento è del tutto opposto al precedente. Infatti, se seguissimo lo stesso ragionamento che è stato usato per rassicurare la Sig.ra Adele sul pericolo di eventi avversi, in questo caso dovremmo invece spiegare che, anche se i vaccini riducono alla metà il rischio di COVID grave o mortale, il rischio per i bambini non vaccinati è talmente basso (circa 2 su 100.000, che, col vaccino, diviene 1 su 100.000) da essere tollerabile (simile a quello che si corre in bicicletta...), anche perché non si deve ragionare sull'emotività, ma occorre guardare i numeri complessivi.
Invece, si usano due pesi e due misure. Per ridurre la paura di eventi avversi, si pone l'accento sul rischio assoluto e sulla neutralità della scienza, per sottolineare l'efficacia dei vaccini, si pone l'accento sul rischio relativo, e si fa leva sull'emotività di una madre. L'unica cosa che non cambia, guarda caso, è che occorre vaccinarsi. Come dicevamo, 9 volte su 10 la missione riesce, e la Sig.ra Adele procede a vaccinare i propri figli. D'ora in avanti, peraltro, cercherà in ogni modo di ignorare le possibili notizie negative sui vaccini, per il terrore di scoprire di aver danneggiato i propri figli.
Ora, al di là dell'approccio degli "scienziati" che, come avrete capito, è solitamente quello espresso nel primo atto, si può legittimamente preferire uno o l'altro approccio, in base alle proprie sensibilità e credo politico. Ciò che invece non si può proprio accettare è che si usino l'uno o l'altro, strumentalmente, a seconda di cosa sia più utile per sostenere il prodotto di turno (vaccino, farmaco, o altro). Qui il problema non sono più i dati, non sono più le strategie migliori da usare. A questo punto si è smesso di ragionare in buona fede, è cessata l'informazione, e si è entrati in piena propaganda.
Di Carlo Ruata