Obbligo vaccinale, Alberto Donzelli (Fondazione Sanità & Salute): "La Consulta si è basata sui dati ISS che mostrano che i vaccinati s'infettano di più"
La Corte Costituzionale, ultimo baluardo di valori fondamentali su cui nasce la repubblica ha detto sì all'obbligo vaccinale basandosi sui dati ISS che mostrano una realtà ben diversa
Il 1-12-22 la Consulta ha deciso in modo opposto a quanto oggi mostrano i
dati ISS citati a sostegno
Rispetto all’obbligo vaccinale legittimato dalla Corte Costituzionale un quotidiano ha riportato:
«All’obiezione sul vaccino che non blocca l’infezione, replica l’Avv. Tomiola (dello Stato): "I’efficacia dei vaccini è evincibile dai dati dell’Istituto Superiore di Sanità/ISS, che comprovano che due terzi delle persone non si ammalano, pertanto la critica non tiene conto della realtà obiettiva”».
L’aspetto paradossale è che nessuno pare abbia smentito tale affermazione presentando i “dati dell’ISS”, che mostrano oggi una “realtà obiettiva” ben diversa.
Proviamo a illustrarli con riferimento al Bollettino ISS del 23 novembre (Tab. 6, pag. 28), l’ultimo pubblicato, e riprendendo nei grafici allegati i dati delle Tabelle corrispondenti (prima erano indicate con il n. 5), nella serie dei Bollettini ISS settimanali da gennaio 2022.
Il messaggio, che ciascuno può subito verificare alle fonti indicate, è sintetizzato nelle righe seguenti e nelle slide allegate, riferite ai bambini da 5 a 11 anni e alle tre fasce d’età successive considerate dall’ISS, in cui operano anche tutti i lavoratori della Sanità che varie forze politiche e sociali vorrebbero ancora soggetti alle vaccinazioni obbligatorie.
La realtà documentata dai dati ISS è che oggi, rispetto ai non vaccinati di pari fascia d’età:
- i bambini di 5-11 anni con due dosi di vaccino si infettano il 30,4% in più
- i giovani 12-39 anni con booster si infettano il 22% in più
- gli adulti 40-59 anni con booster si infettano il 56% in più
- gli anziani 60-79 anni con booster si infettano ormai il 2% in più dei non vaccinati, e se fermi a 2
dosi (dunque probabilmente più distanti dall’ultimo inoculo) si infettano il 7% in più.
I dati italiani sono coerenti con un gran numero di studi internazionali presentati in occasione del Congresso POLI-COVID-22 appena svoltosi a Torino, che chiunque può visionare nelle slide (v. quelle specifiche sul sito della CMSI) o in videoregistrazione, richiedendo gli studi integrali da cui sono tratte, se avesse difficoltà a reperirli. In particolare, si segnala la documentata presentazione del Prof. John Ioannidis epidemiologo dell'Università di Stanford,
che ha mostrato come i vaccini non abbiano avuto praticamente effetto nel contenimento dell'ondata
epidemica e ha richiamato la necessità, nella corrente fase endemica, di avviare rigorosi studi randomizzati
prima di procedere a ulteriori booster sulla generalità della popolazione.
Il messaggio di fondo si può così riassumere: il tempo è la variabile fondamentale. Infatti la protezione vaccinale dall’infezione, buona all’inizio con le precedenti varianti, ma solo mediocre con Omicron, declina poi rapidamente, si azzera in pochi mesi, e quindi s'inverte, cioè i vaccinati diventano in media più soggetti a infettarsi dei non vaccinati. I booster ripristinano in modo transitorio la protezione iniziale, ma si torna a perderla velocemente, con un percorso che sembra accelerato al ripetersi dei successivi inoculi. *
Chi volesse aggrapparsi al cavillo che rischio di infezione non significhi anche rischio di trasmissione, trova risposta – tra l’altro – in un grande studio israeliano (Woodbridge et al. Nat Commun 2022; 13:6706), che mostra che la carica virale (buona approssimazione del rischio di trasmissione, in relazione inversa con il numero dei cicli di amplificazione con la PCR-RT) a 70 giorni dalla 3 a dose precipita già sotto al livello dei non vaccinati, con una pendenza della curva di discesa non certo rassicurante.