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Reintegro sanitari e medici ' No vax' a Roma: tornano in corsia 40 dottori, 1550 infermieri e 54 farmacisti

Grazie al decreto del governo Meloni, i camici bianchi sono rientrati in servizio, principalmente nel settore privato. Non diminuiscono però la carenza del personale medico e le possibili discriminazioni

04 Novembre 2022

No Vax

No Vax (fonte foto Lapresse)

Sono questi i numeri dei professionisti della sanità nella provincia di Roma, che dal 1 novembre sono stati reintegrati sul posto di lavoro, anche se non vaccinati contro il covid-19. Per effetto del decreto legge del governo Meloni, hanno infatti potuto riprendere i propri incarichi, sospesi quasi due anni fa. Al netto, per altro, di tutti coloro che, pur non essendo vaccinato al virus, erano già rientrati al lavoro dopo aver contratto la malattia.

Roma, covid: grazie al decreto del governo Meloni il personale medico no vax riprende i propri incarichi 

All’incirca 40 medici, otre 1500 infermieri e solo una 50ina di farmacisti. Una percentuale davvero marginale riguarda i medici no vax: “Siamo intorno allo 0,15% “ afferma Antonio Magi, presidente dell’Ordine dei medici chirurghi e degli odontoiatri di Roma. Meno dell’1% i farmacisti che non avevano accettato di vaccinarsi e che stanno per rientrare dietro i banconi.

Il personale più numeroso che rientrerà in corsia è quello degli infermieri. Per loro l’OPI (Ordine delle professioni infermieristiche di Roma) ha già fatto partire le lettere e le relative comunicazioni alle ASL di riferimento e datori di lavoro.

La carenza del personale medico e le possibili discriminazioni

“La media laziale dei medici da reintegrare è sotto lo 0,7 nazionale, anche nei pronto soccorso e le percentuali reali sono ancora più basse considerando chi si è ammalato”, racconta Adolfo Pagnanelli, responsabile dipartimento di emergenza. “Il fatto che il rientro ponga rimedio alla carenza di medici in reparto è pura demagogia” commenta ancora Pagnanelli .

Andranno evitate in corsia, ogni forma di possibile discriminazione a livello di scelta personale. “Ognuno di noi manterrà il proprio giudizio da un punto di vista etico e professionale sul suo collega che si è tirato indietro in pandemia. Non trasformiamoli in vittime o martiri, dandogli così un riconoscimento che non meritano. Quello che deve contare in questa situazione, il vero punto di partenza, deve essere la massima sicurezza per i pazienti”.

 

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