23 Marzo 2022
In questi giorni hanno manifestato sotto i palazzi della politica. Prima erano tra gli “eroi” della crisi pandemica. Prima ancora curavano i più fragili e abbattevano le barriere della conoscenza scientifica a colpi di grant europei. Sono i ricercatori degli Istituti di Ricerca e Cura a Carattere Scientifico (Irccs) e Istituti Zooprofilattici Sperimentali (Izs), ovvero la spina dorsale della ricerca scientifica italiana: questi istituti gestiti dallo Stato e solo in parte dalle Regioni, sono una rete reale di 42 Irccs e 10 Izs (che hanno però 90 sezioni diagnostiche periferiche) sparsi in tutte le regioni d’Italia. Chi ci lavora dentro però vive di precarietà: la metà di loro ha almeno 10 anni da precario alle spalle e c’è chi arriva a 30.
Un problema che hanno voluto affrontare con lo stato di agitazione di questi giorni: in Lombardia, dove ci sono la metà dei ricercatori Irccs e Izs d’Italia, hanno anche manifestato sotto Palazzo Pirelli ricordando alla Regione che i loro contratti sono statali, ma l’Amministrazione regionale ha il compito di organizzare le piante organiche degli istituti.
In questi giorni c’è la possibilità di intervenire sul tema ed è il caso perché l’attuale organizzazione ha causato in due anni la dispersione del 25 per cento dei 1800 assunti con contratti precari nel 2019: è in discussione in Parlamento proprio una revisione dell’organizzazione di questa rete della ricerca.
Ecco dunque perché si sono fatti avanti con delle richieste precise anche nei confronti delle Regioni come la Lombardia:
“L’ Associazione Ricercatori in Sanità – Italia (ARSI) chiede, in occasione del Programma Nazionale della Ricerca Sanitaria (PNRS), la valorizzazione del lavoro che viene svolto presso IRCCS-IZS pubblici per diagnosi e terapie innovative. Parliamo di malattie gravi, rare, invalidanti che hanno già subito una grave perdita di forza lavoro – chiariscono nella nota - La Piramide della Ricerca, il percorso formativo ideato dal Ministero della Salute basato su 5+5 anni di lavoro a tempo determinato, è stato applicato a fine 2019 a personale che già vantava un'esperienza lavorativa lunghissima e oggi registriamo un abbandono di oltre il 25% del personale. Dei rimanenti, alcuni andranno in pensione quest'estate senza essere stati mai stabilizzati. ARSI ha, quindi, invitato il personale di ricerca IRCCS-IZS a scendere in piazza insieme alle sigle sindacali per chiedere che parallelamente al miglioramento del percorso formativo della Piramide della Ricerca sia prevista la stabilizzazione del personale storico che vanta 5-30 anni attività di servizio presso IRCCS-IZS pubblici. A partire dal 10 Marzo, manifestazioni e sit-in hanno già avuto luogo a Trieste, Roma, Messina, Bari, Milano e Napoli”.
Il loro appello in Lombardia è stato raccolto da Gregorio Mammì, consigliere regionale del Movimento 5 Stelle e segretario della Commissione sanità: “L’innovazione di diagnosi e cure è ciò a cui dobbiamo puntare per fare in modo che il nostro sistema sanitario possa continuare ad essere un sistema universalistico. Il personale di ricerca sanitaria IRCCS-IZS è il principale responsabile di come veniamo curati e il nostro Paese ha ignorato questi lavoratori relegandoli alla precarietà per decenni. Un primo miglioramento è stato fatto con la “piramide della ricerca” IRCCS-IZS dando loro un contratto da dipendente dopo anni o decenni di contratti flessibili che però ha prodotto risultati deludenti sia in termini di assunzioni a tempo indeterminato, infatti il 100% del personale di ricerca è con contratti a termine, sia in termini di rientro dei “cervelli in fuga”, infatti non è rientrato in Italia neanche un ricercatore. Anzi ci sono stati molti abbandoni: lavoratori che hanno sviluppato nei decenni di ricerca il giusto know how. Tra queste vediamo anche il Covid per il quale il quale il personale della ricerca sanitaria ha egregiamente svolto lavoro di diagnosi e di studio scientifico. Esistono vantaggi assistenziali per gli Irccs che possono contare su questi lavoratori per diagnosi e cura, non possiamo più ignorarli. La serietà di un paese si misura anche dalla stabilità che riesce a dare a questi settori fondamentali. La situazione lavorativa di questi lavoratori non è in linea con la Direttiva Europea 1999/70 che definisce il contratto a tempo indeterminato come contratto di norma tra lavoratore e datore di lavoro. Questi lavoratori sono tutti precari e hanno accumulato solo in lombardia più di 4000 anni di precariato. Se le istituzioni italiane non sapranno dare le giuste risposte siamo pronti a sostenerli in altre sedi politiche e giuridiche”.
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