Variante Omicron, per i virologi "potrebbe segnare la fine della pandemia"
Secondo il presidente della Società Italiana di Virologia la variante Omicron potrebbe segnare la fine della pandemia per come la conosciamo oggi
Alla fine la variante Omicron potrebbe non essere il male oscuro che ci è stato presentato in questi ultimi giorni. Secondo Arnaldo Caruso, presidente della Società Italiana di Virologia, il nuovo ceppo potrebbe infatti rappresentare l'adattamento del virus all'uomo che gli esperti aspettavano da tempo. Ne consegue che in tal senso la variante potrebbe determinare la fine della pandemia per come l'abbiamo conosciuta finora. Non ci resta che attendere novi sviluppi dunque per capire se davvero potremo parlare di pacifica convivenza tra uomo e virus.
La variante Omicron "potrebbe segnare la fine della pandemia"
"Se la nuova variante si confermasse davvero più trasmissibile, ma meno aggressiva, potrebbe essere l'adattamento di Sars-CoV-2 che aspettavamo", ha dichiarato Caruso all'Adnkronos Salute, specificando come l'attuale scenario non sia una novità per chi conosce "la storia di tutte le infezioni virali, specialmente di quelle respiratorie. Esplodono in modo eclatante, poi pian piano l'ospite reagisce, il virus si adegua e scatta una sorta di convivenza tra i due".
Caruso, professore ordinario di microbiologia all'università di Brescia e direttore del Laboratorio di microbiologia dell'Asst Spedali Civili, ha poi spiegato come secondo la logica del virus a quest'ultimo non convenga causare sintomi gravi all'organismo che va a infettare: "Ammesso che abbia un'intelligenza, al virus conviene infatti non eliminare l'ospite comportandosi in maniera aggressiva, ma più conviverci".
"Bisogna guardare oltre la proteina Spike"
"Più dà pochi sintomi o addirittura nessun sintomo più un virus ha la possibilità di trasmettersi", ha poi continuato Caruso, "di continuare la sua corsa e di prevalere nella sua forma più contagiosa, più veloce ma più mite, su tutte le altre varianti". Al momento tuttavia i dati disponibili sulla variante sono ancora molto esigui e servirà del tempo per comprenderla a fondo.
Il presidente della Siv ha poi concluso il suo intervento dichiarando: "Un virus che entra più rapidamente nell'organismo bersaglio, però è meno capace di farlo ammalare, in genere ha modificato non solo la proteina Spike, ma anche molte delle sue proteine interne che sono quelle che giocano un ruolo maggiore nel determinarne l'aggressività. Ed è lì che dovremmo andare a cercare per capire bene cos'è successo, guardando oltre la proteina Spike".