15 Agosto 2025
Fonte LaPresse
A proposito del ponte sullo Stretto di Messina, esso rappresenta una spesa inutile, come già abbiamo detto, ma poi anche una prova della ybris, della tracotanza umana. Può essere utile un richiamo ai Persiani di Eschilo: lo spettro del defunto Dario, padre di Serse, prospetta una spiegazione etica alla disfatta militare, giudicandola la giusta punizione per la ubris di cui si è macchiato il figlio, nell’aver osato cercare di conquistare il Mar Egeo con la sua flotta.La ybris dei Persiani sta nell’aver violato il métron cercando di edificare un ponte sul mare: ciò che la moderna open society è incondizionatamente un bene, per la saggezza greca figurava come un funesto peccato di tracotanza che, come tale, non poteva non essere tremendamente punito dai divini.
Così asserisce il Coro nei Persiani:
“A sterminio di città mosse l’esercito /
del Gran Re, la terra invase che finitima /
surge contro il suolo d’Asia: /
su compagini di tronchi, su compagini di canapi, /
superò d’Elle Atamàntide il tragitto, /
poi che un giogo, un ponte tutto irto di cunei /
del mar sopra la cervice ebbe confitto”.
Il dramma messo in scenda da Eschilo si fonda su una vicenda storica reale e allude al ponte di barche sull’Ellesponto realmente prodotto dai Persiani. Poderosa opera di ingegneria bellica e nautica, venne realizzato da Serse nel corso delle Guerre persiane, segnatamente nella seconda spedizione mossa contro la Grecia.Il primo tentativo fu vanificato da una inattesa tempesta, che distrusse il ponte di barche proprio allorché i lavori erano ormai quasi giunti al termine. L’ira funesta di Serse si abbatté allora con durezza sui responsabili: i quali furono condannati alla decapitazione. Serse volle pure punire il mare, facendolo flagellare, nel trionfo della più incontenibile ybris.È custodita, in questa vicenda e nella tragedia di Eschilo, la differenza siderale tra l’immaginario greco e quello contemporaneo. Il ponte, che nell’ordine della open society figura come intrinsecamente buono, nella prospettiva greca può, invece, presentarsi come emblema della ybris, come simbolo di una volontà di potenza che non sa riconoscere né rispettare i limiti e l’inviolabile e che, in ultimo, produce catastrofi su catastrofi.
Di Diego Fusaro
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