Campo largo già finito, su Renzi veto di Conte nelle regioni: "No anche in Umbria ed Emilia-Romagna"
La tensione tra i leader del centrosinistra cresce in vista delle regionali del 17 e 18 novembre, mettendo a rischio potenziali risultati elettorali e alimentando divisioni interne
Il Campo largo nel centrosinistra è già finito, con il veto su Matteo Renzi (leader di Iv) di Giuseppe Conte (presidente del M5s) per un’alleanza nelle regioni: "No anche in Umbria ed Emilia-Romagna" è lo stop dell’ex Premier ai renziani. Dopo il veto già espresso per una coalizione con Renzi in Liguria, fatto che ha portato al ritiro dei candidati Iv, il capo politico pentastellato dunque non affiancherà il proprio simbolo a quello di Italia Viva né in Umbria, né in Emilia-Romagna. In un'intervista di ieri a Porta a Porta, il leader 5s ha spiegato in tv di "non essere disponibile ad affiancare il mio simbolo a quello di Renzi, che si è sempre distinto per distruggere, rottamare, prende i soldi dai governi stranieri, ed è all’origine della contaminazione tra affari e politica. Fa lobbismo in Italia e all’estero". Insomma, "Renzi rappresenta una vera incompatibilità per i nostri obiettivi politici, è una mina a orologeria". Parole che dividono ulteriormente il centrosinistra e a cui ha subito risposto, piccato, lo stesso Renzi che si è detto convinto di non essere il vero obiettivo di Conte: "Se Conte vuole fare una battaglia contro Schlein, la faccia pure. Ma non sulla pelle dell’Emilia-Romagna, terra che ha già formalizzato la coalizione". Il leader Iv ha assicurato di non volere fare passi indietro: "Noi ci saremo, con il nostro simbolo e i nostri candidati. Non mettiamo veti ai grillini anche se hanno fatto l’opposizione a Bonaccini. Ma non siamo disponibili a subirne".
La risposta del Pd e la "strategia di Conte"
Per il Pd, invece, a ribattere è stato il capogruppo al Senato, Francesco Boccia: "Se non vogliamo lasciare la destra e Meloni a Palazzo Chigi sine die, è evidente che bisogna rafforzare l’alternativa, che dobbiamo costruire dando risposte ai problemi delle persone". Per Schlein, che da sempre punta a una coalizione la più larga possibile, si annunciano quindi tempi duri. Le elezioni politiche sono lontane e, nei prossimi mesi, le carte in tavola cambieranno mille volte. Con Conte, la partita ligure ormai è chiusa, perché le liste sono già state depositate e si ricorda al Nazareno come i renziani, nella regione già governata da Toti, erano parte integrante della giunta Bucci a Genova. Lo stesso Renzi, prima della virata a sinistra, ebbe a ironizzare sulla candidatura di Orlando: "È la volta che Toti vince dai domiciliari". Quelle dell’Umbria e dell’Emilia-Romagna sono però battaglie apertissime: il voto ci sarà il 17 e 18 novembre, quindi le trattative andranno avanti fino alla fine del mese. "Ho profondo rispetto per il dibattito politico a livello nazionale nel centrosinistra", commentava ieri sera Michele de Pascale, candidato presidente Pd in Emilia-Romagna, "ma la Regione è troppo importante, io mi voglio occupare solo di lei e, con grande rispetto, chiedo a tutti di fare lo stesso", mentre per il Cdx rispondeva Elena Ugolini: "Il campo largo è un’accozzaglia di partiti creata solo per andare contro". Se in Liguria Iv ha fatto un passo indietro, in Emilia-Romagna non ha intenzione di replicare, tanto che ieri sera, a caldo, Elly Schlein non ha voluto commentare lasciando la Camera con Nicola Fratoianni e chiedendo a tutti di evitare polemiche. In molti nel Pd parlano sottovoce di una strategia con cui Conte mirerebbe a un doppio risultato: Da un lato, minare il Pd nel suo ruolo di perno della costruzione del centrosinistra, "il Pd, con il 24% nelle ultime elezioni europee, sente sulle spalle la responsabilità di guidare un processo politico alternativo alla destra", ricorda Boccia; dall’altro lato, secondo diverse fonti parlamentari Pd, Conte vuole compattare lo zoccolo duro M5s in vista dell’ultima fase della costituente 5 Stelle.