23 Giugno 2023
Daniela Santanchè - foto @Lapresse
Se Daniela Santanché, ministro del turismo del Governo Meloni, dovesse essere rinviata a giudizio per via delle indagini che la lambiscono sulle sue aziende Visibilia e Ki Group e negli ambiti delle quali sarebbe accusata di falso in bilancio e danni agli azionisti e ai mercati, dovrà dimettersi. A stabilirlo è stata la stessa premier Giorgia Meloni a seguito della bufera scoppiata dopo la messa in onda del dossier di Report, intitolato “Open to fallimento”.
Lo stile di Report è piuttosto noto per i suoi dossier su personaggi di spicco, così come non meraviglia affatto la reazione delle opposizioni che hanno colto la palla al balzo per chiedere le dimissioni della Santanchè dalla carica di ministro, come se fosse stata già condannata.
A stupire in questa vicenda è la presa di posizione di Giorgia Meloni, la quale da sempre garantista convinta, con questa mossa ha anteposto le prerogative politiche a qualsiasi principio di garantismo, abbandonando a sé stessa una delle donne più influenti nel suo partito, in barba alla presunzione di non colpevolezza, diritto costituzionalmente garantito e al concetto di innocenza fino a prova contraria.
Un rinvio a giudizio di Daniela Santanché che nel nostro ordinamento non equivale a colpevolezza, vigendo la presunzione di innocenza sino a sentenza di condanna definitiva, potrebbe però, per la Meloni, “macchiare” la reputazione del governo. Daniela Santanché infatti, oltre ad essere un elemento di spicco in Fratelli d’Italia, è anche molto vicina al presidente del Senato Ignazio La Russa, e il timore è quello che una inchiesta possa compromettere la campagna elettorale per le elezioni europee del 2024.
Dunque, quello arrivato da Giorgia Meloni, ha tutte le sembianze di un aut aut: o dentro o fuori, dipende dai risvolti dell’inchiesta.
“Ma quale inchiesta? Basta stronzate. Indagata per cosa?” ha detto la Santanché in riferimento all’inchiesta che la vedrebbe coinvolta e in cui si parla di debiti con il fisco e stato di insolvenza. Secondo Report, questa situazione economica avrebbe portato i pm a chiedere il fallimento dell’azienda, salvo poi ritirarla una volta saldate le spettanze all’Agenzia delle Entrate. In seguito a ciò la Santanché ha anche venduto le sue quote del Twiga a Flavio Briatore e al compagno Dimitri Kunz D’Asburgo Lorena, per evitare conflitti di interessi sui balneari. Per lei, pertanto, non c’è nulla di cui preoccuparsi, perché quella a cui farebbe riferimento Report, è sempre la stessa inchiesta, poi risolta, pagando il dovuto all’Agenzia dell’Entrate: “non hanno trovato niente – ha detto Santanché – siamo usciti puliti da tutto”.
Il dossier di Report riguarda due aziende della Santanché, Visibilia e la Ki Group. Durante il programma mandato in onda domenica, sono state trasmesse testimonianze di dipendenti e fornitori di quest’ultima, che hanno parlato di fatture non saldate, conti in rosso e dipendenti mandati a casa senza liquidazione, a causa dell’accumulo di un debito di 8 milioni di euro. Secondo Report, Santanché avrebbe creato una nuova società, la Ki Group srl per inglobare solo l’attivo e lasciarsi alle spalle i debiti. Nonostante ciò, sempre secondo la ricostruzione di Rai Tre, continuano i debiti e i licenziamenti.
Per quanto riguarda Visibilia invece, ci sarebbe una dipendente mandata in cassa integrazione a sua insaputa e irregolarità nei bilanci.
L’inchiesta è partita dall’esposto di alcuni soci di minoranza e le accuse sarebbero quelle di di falso in bilancio e danni agli azionisti e al mercato
La Santanchè, tuttavia respinge le accuse e afferma di non essere indagata: “Chi scrive che sono indagata dovrà risponderne in tribunale - ha detto, annunciato una querela nei confronti di Report - Le notizie diffuse da Report risultano prive di corrispondenza con la verità storica. Sono state rappresentate in forma del tutto suggestiva ed unilaterale per fornire una ricostruzione dei fatti che risulta radicalmente non corrispondente al vero, ispirata esclusivamente dalla finalità di screditare l’immagine e la reputazione presso l’opinione pubblica”.
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