14 Ottobre 2022
Lo si continua a celebrare liturgicamente come un giorno santissimo del calendario laico delle sinistre. Come un giorno che deve essere ricordato e da cui bisogna ripartire per far valere istanze progressiste ed emancipative, dicono gli araldi della New left dell'arcobaleno. Quasi come l'evento storico più importante per quel che riguarda le lotte di emancipazione contro il potere. Alludo al 68, che oltre a essere una data è ormai già da tempo un mito radicato nell'immaginario collettivo. Contrariamente a quel che va ripetendo una collaudata narrativa, il 68 non fu l'anno di emancipazione dal capitalismo: fu semmai l'anno di emancipazione del capitalismo; il quale si liberò degli elementi della vecchia cultura tradizionale borghese, come la religione e l'autorità, per passare a una nuova fase, quella del capitalismo assoluto deregolamentato, con annessa liberalizzazione integrale dei consumi e dei costumi. Dal '68 Infatti il capitalismo stesso diventa left-oriented, per consumatori e permissivo, deregolamentato e aperto a ogni esperienza purché si abbia il denaro per potersela permettere. Insomma, il 68 fu per certi versi una rivoluzione colorata, per riprendere una formula oggi in auge: si presentò come una rivoluzione quando in realtà fu un passo avanti nel processo di modernizzazione capitalistica del mondo. Pasolini lo aveva colto in tempo reale, quasi come una voce isolata nel deserto. Coloro i quali parteciparono ai moti del '68 combattevano con strumenti che era il potere stesso del neocapitalismo a fornire loro. Infatti, combattevano contro un mondo in via di estinzione che era poi lo stesso contro cui combatteva il nuovo spirito del capitalismo consumistico e permissivo: il vecchio mondo Borghese dell'autorità paterna e della Morale, delle regole rigide e della Patria, in sostanza il vecchio mondo su cui il capitalismo si fondava e che che con la svolta consumistica non soltanto non era più necessario per la logica di riproduzione del capitale ma che di più l’ostacolava e doveva perciò stesso essere abbattuto. Con le migliori intenzioni e senza accorgersi di ciò che facevano, secondo la figura della falsa coscienza necessaria di cui scrive Marx, i sessantottini lavoravano per il re di Prussia: conducevano una lotta che coincideva in toto con quella condotta dal capitale nella sua dinamica di sviluppo verso l'odierno turbocapitalismo globalista di libero consumo e di libero costume. Proprio da quegli anni inizia lo sposalizio tra sinistra e potere capitalistico, sposalizio che ancora oggi procede armoniosamente.
di Diego Fusaro
Il Giornale d'Italia è anche su Whatsapp. Clicca qui per iscriversi al canale e rimanere sempre aggiornati.
Articoli Recenti
Testata giornalistica registrata - Direttore responsabile Luca Greco - Reg. Trib. di Milano n°40 del 14/05/2020 - © 2025 - Il Giornale d'Italia