Dimissioni Draghi, il premier ha messo a nudo il bluff dell'Avvocato del Populismo

Il premier Mario Draghi rassegna le dimissioni, non cascando nel bluff dell'Avvocato del popolo (o meglio, del Populismo). Quella che al limite poteva essere per Conte una "vittoria di Pirro" si è trasformata nella "sconfitta di un Pirla"

Il Premier incaricato Mario Draghi ha rassegnato le proprie dimissioni a seguito dell'uscita dall'aula dei rappresentati del Movimento 5 stelle al voto di fiducia sul dl Aiuti. Il Governo - che ha approvato l'invio di armi in Ucraina, i lockdown, il vaccino obbligatorio, il green pass - è dunque caduto su termovalorizzatore. Un termovalorizzatore che sorgerà comunque - in quanto il dl Aiuti (come si sapeva) - è passato lo stesso in Senato. Il leader dei grillini, Giuseppe Conte, sembra chiaro, ha voluto provare a fare la voce grossa, a recuperare i voti perduti in questi ultimi anni, ma il suo bluff non ha funzionato. Draghi non ha abboccato e si è dimesso.

Dimissioni Draghi, il premier ha messo a nudo il bluff di Conte

"Voglio annunciarvi che questa sera rassegnerò le mie dimissioni nelle mani del Presidente della Repubblica", ha esordito Mario Draghi. "Le votazioni di oggi in Parlamento sono un fatto molto significativo dal punto di vista politico.
La maggioranza di unità nazionale che ha sostenuto questo governo dalla sua creazione non c’è più", continua, prima della stoccata diretta al Movimento 5 stelle. "È venuto meno il patto di fiducia alla base dell’azione di governo. In questi giorni da parte mia c’è stato il massimo impegno per proseguire nel cammino comune, anche cercando di venire incontro alle esigenze che mi sono state avanzate dalle forze politiche". "Come è evidente dal dibattito e dal voto di oggi in Parlamento questo sforzo non è stato sufficiente", sottolinea l'ormai ex premier, riferendosi ai toni dure usati dagli stessi ministri (ovviamente pentastellati) che hanno "tradito l'esecutivo". E ancora: "Dal mio discorso di insediamento in Parlamento ho sempre detto che questo esecutivo sarebbe andato avanti soltanto se ci fosse stata la chiara prospettiva di poter realizzare il programma di governo su cui le forze politiche avevano votato la fiducia".

Ora, con le dimissioni di Mario Draghi, Giuseppe Conte, l'avvocato del populismo più che del popolo, dovrà spiegare come mai - mentre in Europa infuria una guerra e mentre l'Italia è alle prese con una crisi economica e un'inflazione galoppante - ha deciso di provocare la fine dell'esecutivo. Conte ha puntato tutto su una battaglia inutile, e ha perso. Perché ora tutta Italia, anzi tutta Europa e tutto il mondo daranno al suo partito la colpa della caduta di un governo in un momento molto delicato. La sua non è stata "una vittoria di Pirro", è stata una "sconfitta di un pirla", se l'avvocato del populismo mi permette l'uso di questa parola.

Sì, perché se si andrà alle elezioni a settembre (o a ottobre, quando tutti i vitalizzi saranno maturati), lo si andrà con la legge elettorale ora in vigore, il così detto Rosatellum che favorisce le coalizioni. E l'unica coalizione a oggi all'apparenza solida e coesa è quella di centrodestra, con Giorgia Meloni avanti nei sondaggi e che, salvo soprese, potrebbe vincere le prossime elezioni. Il Pd di Enrico Letta, con tutta probabilità, adesso ci penserà due volte prima di allearsi con coloro i quali saranno etichettati da tutti i media - nazionali e internazionali - come i fautori della caduta di Draghi. Il Movimento - diviso e spezzato in due dopo l'uscita di Di Maio - sarà da solo, con il rischio di un'enorme figuraccia, in quanto non basterà provare a recuperare qualche voto di qualche "putiniano", che comunque potrebbe guardare a destra.

Di Mattia Pirola