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cronaca

Ipofosfatemia legata all'X, primo bilancio e prospettive su linee guida

06 Ottobre 2025

Roma, 6 ott. (Adnkronos Salute) - A distanza di alcuni mesi dalla pubblicazione delle nuove linee guida europee per la diagnosi e la gestione dell'ipofosfatemia legata all'X (Xlh) su 'Nature Reviews Endocrinology', la comunità scientifica ha tracciato un primo bilancio, segnando un cambio di paradigma nella gestione dei pazienti con Xlh, patologia genetica rara e complessa. In questo contesto, un momento cruciale di confronto è stato l'Exchange Academy di Kyowa Kirin, evento scientifico svoltosi lo scorso giugno, che ha riunito esperti per discutere insieme le sfide ancora aperte nella gestione della patologia. Dall'incontro - informa la farmaceutica in una nota riassuntiva - è emersa con forza una consapevolezza condivisa: l'Xlh è una malattia cronica e progressiva che richiede una presa in carico continuativa lungo tutto l'arco della vita, ponendo particolare attenzione ai momenti critici come la transizione dall'età pediatrica al'età adulta; un'interruzione o una discontinuità nel percorso di gestione possono compromettere i risultati ottenuti nei primi anni. Inoltre è stata evidenziata la necessità di definire protocolli strutturati e di favorire un approccio multidisciplinare integrato, indicata come una delle priorità per garantire una continuità assistenziale efficace e centrata sul paziente e i suoi bisogni.

L'Xlh è una forma ereditaria di rachitismo causata da mutazioni del gene Phex, che provoca ipofosfatemia cronica e gravi conseguenze sulla crescita scheletrica, la mobilità e la qualità di vita, dall'infanzia all’età adulta. "La malattia è sistemica: non interessa solo lo scheletro, ma tutto l'organismo - muscoli, denti, articolazioni, apparato uditivo - compromettendo profondamente la qualità di vita" con effetti paragonabili "a condizioni rare e severe come l'osteogenesi imperfetta - illustra Anna Grandone, professore associato di Pediatria all'università della Campania Luigi Vanvitelli - Fino a pochi anni fa avevamo solo terapie sostitutive, con risultati non ottimali. Le nuove linee guida ribadiscono l'importanza di una terapia mirata dal momento della diagnosi in età pediatrica e introducono un'attenzione crescente alla presa in carico multidisciplinare, con un focus specifico sulla gestione della transizione dall'età pediatrica a quella adulta. Così possiamo modificare il decorso della malattia, migliorando deformità ossee, crescita, deambulazione e benessere".

In Italia si stima che l'Xlh colpisca circa 1 persona su 20mila. Sono diversi i sintomi che si possono manifestare, descrive la nota. Nei bambini può causare rachitismo, deformità delle gambe, crescita rallentata e dolore. Gli adulti possono soffrire di osteomalacia progressiva che consiste in difetti nella mineralizzazione ossea che provoca dolore osseo e deformità, oltre a una varietà di sintomi muscoloscheletrici, come rigidità articolare.

In questo scenario, l'organizzazione di un percorso diagnostico terapeutico assistenziale (Pdta) risulta fondamentale per garantire un approccio strutturato e multidisciplinare alla presa in carico del paziente, evidenziano gli esperti. Alcune Regioni, come Campania e Toscana, hanno già attivato Pdta specifici, mentre altre - tra cui Lombardia ed Emilia Romagna - sono in fase di aggiornamento dei propri percorsi per favorire una gestione omogenea e coordinata su tutto il territorio.

"La vera sfida - sottolinea Grandone - è costruire intorno al paziente una rete di specialisti dedicati, che non lo costringa a peregrinare tra ospedali. Serve un team multidisciplinare: pediatra endocrinologo, pediatra nefrologo, ortopedico, fisiatra, odontoiatra, neurochirurgo, endocrinologo, reumatologo e psicologo. Solo così possiamo garantire una cura su misura e continuità di presa in carico, anche nella transizione dall’infanzia all’età adulta".

Anche per Aifosf, Associazione italiana dei pazienti con disordini rari del metabolismo del fosfato, l'innovazione va tradotta in percorsi reali, strutturati e uguali per tutti. "Troppe famiglie - osserva Nicoletta Schio, presidente di Aifosf - vivono ancora un labirinto di diagnosi tardive e burocrazia. Serve che i Pdta siano uniformi ovunque, per non lasciare soli i pazienti". Rimarca Grandone: "Un percorso di cura continuo deve essere garantito a tutti, indipendentemente da dove si nasce. Dobbiamo collezionare dati, creare registri, misurare l'impatto sulla qualità di vita e strutturare la transizione all'età adulta. Solo così l'innovazione diventa reale".

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