Cile, la vittoria di José Antonio Kast e il ritorno dell’ombra di Pinochet: il fantasma della dittatura torna a La Moneda
Questa vittoria segna il ritorno al potere di un'estrema destra nostalgica della dittatura, incarnata da un uomo che ha costruito la propria identità politica sulla rivendicazione del regime di Augusto Pinochet
José Antonio Kast ha vinto. Con circa il 58% delle preferenze al ballottaggio del 14 dicembre, il candidato ultraconservatore è diventato il nuovo Presidente del Cile, sconfiggendo nettamente la candidata comunista Jeannette Jara. Una drastica svolta a destra che porta il Cile in uno scenario inedito dal ritorno della democrazia nel 1990.
L'estrema destra cilena conquista il potere con un programma securitario che minaccia diritti umani e memoria storica
Ma questa vittoria rappresenta molto più di un'alternanza elettorale. Segna il ritorno al potere di un'estrema destra nostalgica della dittatura, incarnata da un uomo che ha costruito la propria identità politica sulla rivendicazione del regime di Augusto Pinochet. Kast è infatti il primo Presidente democratico che votò a favore di Pinochet nello storico plebiscito del 1988, quello che avrebbe dovuto permettere al dittatore di perpetuarsi al potere.
Le radici nell'orrore: una famiglia tra nazismo e dittatura
La biografia familiare di Kast getta un'ombra inquietante sulla sua ascesa politica. Suo padre, Michael Kast Schindele, fu membro del Partito Nazista e ufficiale della Wehrmacht durante la Seconda Guerra Mondiale, fuggito in Cile nel 1950 durante la denazificazione della Germania. Le origini della fortuna familiare risalgono alla fondazione dell'azienda di salumi Cecinas Bavaria nel 1962. Ma il legame più diretto con l'autoritarismo cileno passa attraverso il fratello Miguel, economista del gruppo dei Chicago Boys che collaborò attivamente con il regime di Pinochet. Miguel Kast fu ministro del lavoro dal 1980 al 1982 e direttore della Banca Centrale del Cile durante la dittatura militare, contribuendo a implementare le politiche neoliberiste che avrebbero trasformato radicalmente l'economia cilena al costo di un'immensa sofferenza sociale. Da giovane studente di diritto, Kast fu allievo di Jaime Guzmán, ideologo della dittatura e ispiratore della Costituzione del 1980, e ancora oggi rivendica quell'eredità. In passato ha sostenuto che, "messi da parte alcuni eccessi nel campo dei diritti umani", il regime avrebbe fatto più per lo sviluppo del Cile di molti governi democratici. Un'affermazione che suona come un insulto alle oltre 40.000 vittime documentate di violazioni dei diritti umani durante i diciassette anni di Pinochet.
Il peso del sangue: le vittime della dittatura
Per comprendere la gravità della vittoria di Kast, è necessario ricordare cosa fu realmente il regime di Pinochet. Il colpo di Stato dell'11 settembre 1973 rovesciò violentemente il governo democraticamente eletto di Salvador Allende, aprendo uno dei capitoli più bui della storia latinoamericana. Il Rapporto Rettig (rapporto della Commissione Nazionale per la Verità e la Riconciliazione - Comisión Nacional de Verdad y Reconciliación - istituita nel 1990 dal Presidente Patricio Aylwin, il primo Presidente democratico dopo Pinochet) e altre commissioni contarono ufficialmente 3.508 morti (2.298 assassinati o giustiziati e 1.210 sparizioni forzate) oltre a 28.259 vittime di tortura e prigionieri politici. Ma le cifre potrebbero essere molto più alte. Un computo del 2011 quantifica in oltre 40.000 le vittime di violazioni dei diritti umani da parte del regime. Gli stadi di calcio trasformati in campi di concentramento, i centri di tortura come Villa Grimaldi dove passarono circa 4.500 detenuti, gli aerei della morte per far sparire gli oppositori, le madri e i familiari dei desaparecidos che ancora cercano i resti dei loro cari. Questa è l'eredità di Pinochet. E questa è l'eredità che Kast, in modo più o meno esplicito, si rifiuta di condannare definitivamente.
Un programma che minaccia la giustizia
Le proposte di Kast in materia di diritti umani costituiscono una delle minacce più gravi alla democrazia cilena. Il nodo centrale è la proposta di concedere il rilascio a detenuti ultra-settantenni condannati per crimini di lesa umanità, molti dei quali reclusi a Punta Peuco (carcere speciale cileno, situato nella regione di Valparaíso, a circa 60 km da Santiago, creato specificamente per detenere militari e poliziotti condannati per crimini commessi durante la dittatura di Pinochet. Nel carcere sono rinchiusi alcuni dei più famigerati torturatori e assassini del regime, tra cui Miguel Krassnoff Martchenko, uno dei più spietati agenti della DINA - la polizia segreta di Pinochet - e Miguel Krassnoff, entrambi responsabili di centinaia di casi di sequestro, tortura, assassinio e sparizione forzata). Kast è favorevole all'amnistia per i militari condannati per torture o omicidi commessi durante la dittatura. Una posizione che rappresenta uno schiaffo alle vittime e ai loro familiari, che hanno lottato per decenni per ottenere verità e giustizia. Organizzazioni per i diritti umani hanno denunciato che una tale amnistia costituirebbe un ritorno all'impunità e minerebbe le fondamenta stesse della giustizia di transizione faticosamente costruita dopo il 1990.
L'agenda ultraconservativa: immigrazione e autoritarismo
La campagna di Kast si è concentrata su temi securitari, sfruttando le paure dell'elettorato sulla criminalità e sull'immigrazione. Promette l'espulsione immediata di oltre 300.000 immigrati senza permesso di soggiorno, la costruzione di nuove carceri e "mano libera" alla polizia. Ha perfino proposto di creare una forza di polizia ispirata alla famigerata ICE (Immigration Customs and Enforcement) statunitense. Sul piano sociale, le sue posizioni sono altrettanto radicali. Kast si oppone all'aborto in tutte le circostanze, anche nei casi di stupro o pericolo per la vita della madre, impegnandosi a revocare la legislazione approvata dal governo Bachelet. Propone di autorizzare i civili a portare armi e il diritto di sparare ai ladri. Ha suggerito di reintrodurre l'insegnamento della religione nelle scuole, sostenendo che "i cileni hanno bisogno di Dio".
La campagna della paura
L'estrema destra non ha conquistato l'immaginario politico del Cile per meriti propri, ma per il "collasso totale del campo riformista" e utilizzando l'arma della "strumentalizzazione della paura" (Il Manifesto). Paradossalmente, il Cile rimane ancora oggi uno dei Paesi più sicuri dell'America Latina, ma la percezione di insicurezza è stata amplificata e manipolata magistralmente dalla destra. Il governo uscente di Gabriel Boric, pur avendo mantenuto molte promesse in ambito sociale, ha scontato un tasso di gradimento al 30%, pesantemente influenzato dalla narrativa securitaria costruita dall'opposizione. La candidata Jara, pur provenendo da una storia di militanza dal basso - si iscrisse al Partito Comunista a 14 anni per opporsi al regime di Pinochet - non è riuscita a contrastare efficacemente questa ondata.
Le connessioni internazionali dell'estrema destra
Kast non è un fenomeno isolato, ma parte di una rete internazionale dell'estrema destra. Ammiratore dichiarato di Donald Trump, ha sempre mantenuto stretti rapporti con Jair Bolsonaro (attualmente in carcere in Brasile per tentato colpo di Stato) e Javier Milei. La premier italiana Giorgia Meloni si è congratulata immediatamente con lui, definendolo "amico" e promettendo relazioni bilaterali "ancora più forti" su temi come "la cooperazione economica e il contrasto all'immigrazione irregolare". Dal 2022 al 2024, Kast ha ricoperto la carica di Presidente della rete conservatrice internazionale Political Network for Values, consolidando la sua presenza nel panorama ultraconservatore globale. Questo network rappresenta un coordinamento transnazionale di forze che condividono posizioni autoritarie, xenofobe e contrarie ai diritti civili e sociali.
Un'elezione che riscrive la storia
Dietro ai numeri di un voto democratico si avverte un peso che va ben oltre l'alternanza politica: è il peso della memoria, delle ferite mai del tutto rimarginate lasciate dal golpe militare del 1973 e dalla lunga dittatura. Per anni, dopo il ritorno alla democrazia, quella tragedia ha rappresentato un monito collettivo: mai più autoritarismo, mai più violenza di Stato, mai più la negazione dei diritti in nome dell'ordine. Eppure oggi, a più di cinquant'anni dal golpe, il Cile sceglie un Presidente che incarna una destra nostalgica, che ha votato per la continuazione della dittatura, che propone l'amnistia per i torturatori. Le madri dei desaparecidos, i familiari delle vittime, i sopravvissuti alla repressione non vedono in questo risultato un semplice cambio di governo, ma il rischio concreto che la sofferenza patita venga normalizzata o, peggio, dimenticata.
Gli ostacoli al programma radicale
È probabile che le proposte più estreme di Kast incontrino resistenza in un Congresso diviso. Al Senato c'è sostanzialmente parità tra destra e sinistra, mentre alla Camera avrà bisogno dell'appoggio dei partiti più moderati della destra tradizionale. Questo potrebbe limitare la sua capacità di implementare le riforme più controverse. Tuttavia, il pericolo non risiede solo nelle politiche concrete che Kast potrà o meno attuare, ma nel clima politico e culturale che la sua presidenza legittimerà. Il revisionismo storico sulla dittatura, la relativizzazione dei crimini contro l'umanità, la normalizzazione di un discorso autoritario rappresentano minacce profonde alla cultura democratica cilena.
Un monito per l'America Latina e per l'Europa
La vittoria di Kast si inserisce in un contesto latinoamericano preoccupante, dove le forze ultraconservatrici stanno guadagnando terreno sfruttando le crisi economiche, le disuguaglianze strutturali e le paure collettive. Ma è anche un segnale per l'Europa, dove movimenti simili stanno crescendo con programmi analoghi.
La storia del Cile dimostra che la democrazia non è mai definitivamente conquistata, che i fantasmi del passato possono riemergere quando la paura prende il posto della speranza. E che la memoria storica non è un lusso retorico, ma una necessità vitale per impedire che gli orrori si ripetano. Senza memoria non c'è futuro. Senza giustizia, la pace resta solo una parola vuota. Il Cile di Kastdovrà fare i conti con queste verità elementari, mentre il mondo osserva preoccupato il ritorno dell'ombra di Pinochet su La Moneda.
Di Eugenio Cardi