Telefonata Trump-Maduro, tycoon: "Non risolutiva, Venezuela paese non amico, presidente dovrebbe dimettersi ma nessun attacco Usa imminente"
Telefonata tra Trump e Maduro, pressioni militari Usa nei Caraibi e indiscrezioni su possibili dimissioni: la crisi Venezuela-Usa resta in bilico tra dialogo e tensione
Nella nottata italiana si è tenuta una telefonata tra il presidente americano Donald Trump e il suo corrispettivo venezuelano Nicolas Maduro. Nonostante ci fossero grandi aspettative per questa occasione di contatto, le speranze sono morte appena il tycoon ha parlato della call: "Non è stata risolutiva, è stata una normale telefonata. Il Venezuela è un Paese non amico degli Stati Uniti e il suo capo di Stato dovrebbe dimettersi, ma non ci sarà un attacco imminente da parte nostra".
Telefonata Trump-Maduro, tycoon: "Non risolutiva, Venezuela paese non amico, presidente dovrebbe dimettersi ma nessun attacco imminente"
Le relazioni tra Stati Uniti e Venezuela attraversano una delle fasi più tese degli ultimi anni, segnate da contatti diplomatici inattesi e da una crescente pressione militare nel Mar dei Caraibi. Il presidente americano Donald Trump ha confermato di aver avuto una conversazione telefonica con il leader venezuelano Nicolas Maduro, senza fornire dettagli sui contenuti del colloquio. “Non direi che sia andata bene o male. È stata una telefonata”, ha dichiarato Trump ai giornalisti a bordo dell’Air Force One, lasciando intendere che l’iniziativa non rappresenti un segnale diretto di apertura.
La telefonata arriva mentre Washington mantiene un massiccio dispositivo militare nelle acque caraibiche, ufficialmente rivolto alla lotta al narcotraffico. Da settembre la portaerei Gerald R. Ford, un sottomarino nucleare e oltre sedicimila soldati pattugliano la regione, conducendo operazioni che hanno già portato all’affondamento di almeno venti imbarcazioni, con più di ottanta morti. Un dispiegamento che Caracas interpreta come una minaccia diretta e che ha spinto il governo a presentare un reclamo formale all’Organizzazione per l’Aviazione Civile Internazionale dopo il messaggio diffuso da Trump sui social, in cui invitava a considerare lo spazio aereo venezuelano “completamente chiuso”.
Successivamente, lo stesso Trump ha precisato che l’avvertimento non preannuncia un attacco imminente. “Non dovete leggerci nulla”, ha detto, spiegando che si è trattato di un monito motivato dalla percezione del Venezuela come Paese “non molto amichevole”. Le rassicurazioni non hanno tuttavia ridotto la tensione, alimentata anche da precedenti dichiarazioni presidenziali in cui Trump aveva minacciato possibili operazioni “a terra” contro i cartelli della droga venezuelani.
In parallelo, secondo indiscrezioni della Cnn, l’amministrazione Maduro avrebbe avviato contatti informali con funzionari statunitensi vicini alla Casa Bianca. Durante queste interlocuzioni, Maduro avrebbe manifestato la disponibilità a dimettersi entro diciotto mesi, una proposta che alcuni ambienti americani avrebbero considerato un potenziale punto di svolta. La linea ufficiale di Washington rimane però inflessibile: le dimissioni devono essere immediate.
Mentre diplomazia e pressioni militari si intrecciano, la crisi resta aperta e carica di incognite. Il rischio di un’escalation non appare scongiurato, così come rimane incerta la possibilità che i contatti avviati possano trasformarsi in un percorso negoziale stabile.