Cisgiordania, Israele sequestra 180 ettari di 550 famiglie palestinesi e sito archeologico Sebastia “Per accaparrarsi terre”

In Cisgiordania, Israele ha sequestrato 180 ettari di 550 famiglie palestinesi e il sito archeologico Sebastia al fine di "Accaparrarsi le terre". Le famiglie hanno solo 14 giorni per presentare ricorso

L’Amministrazione Civile israeliana ha annunciato il sequestro di 180 ettari composti da oliveti, campi coltivati di 550 famiglie palestinesi e l’intera area archeologica di Sebastia. Essa è situata nel Governatorato di Nablus e rappresenta il cuore storico e identitario di una comunità già schiacciata dall’espansione coloniale. Si tratta del più vasto sequestro di terreni mai registrato con il pretesto della tutela di un sito storico.

Cisgiordania, Israele sequestra 180 ettari di 550 famiglie palestinesi e sito archeologico Sebastia “Per accaparrarsi terre”

Secondo la documentazione, l’area che Israele intende confiscare arriva a 1.800 dunam, pari a circa 450 acri: si tratta del più grande sequestro di un sito archeologico mai registrato nei territori occupati. I 180 ettari sottratti alle famiglie palestinesi includono migliaia di ulivi, campi agricoli vitali per l’economia locale e un patrimonio storico che appartiene alla comunità di Sebastia da secoli. Il governo aveva già stanziato oltre 30 milioni di shekel per trasformare il sito in un polo turistico gestito dai coloni, replicando il modello della “Città di Davide” a Gerusalemme Est. Il sito, ricchissimo di reperti, poggia sui resti dell’antica capitale del regno di Samaria ed è venerato da cristiani e musulmani come il luogo della sepoltura di San Giovanni Battista. Ma l’archeologia, invece di essere studio e tutela, viene piegata a strumento di separazione: il piano prevede recinzioni, strade dedicate, un centro visitatori e l’isolamento totale del sito dal villaggio palestinese, spezzando un legame secolare e privando 550 famiglie di un pilastro economico e culturale. Il governo concede ai palestinesi solo 14 giorni per opporsi alla confisca. Una procedura formalmente prevista, ma svuotata di significato mentre la costruzione di nuove infrastrutture è già partita e i coloni assumeranno il controllo delle operazioni.

Il piano "Greater Israel": come viene attualizzato

Il sequestro del sito di Sebastia, i nuovi avamposti coloniali, le espulsioni di massa e la distruzione dei campi profughi rientrano in un’unica logica: alterare irreversibilmente la realtà sul terreno, frammentare il territorio palestinese, annientare la possibilità stessa di uno Stato palestinese. Mentre Gaza subisce ancora raids israeliani e la comunità internazionale diminuisce l'attenzione mediatica sulla dinamica bellica – la Cisgiordania viene lentamente strangolata da una campagna di colonizzazione che usa ogni strumento possibile: archeologia, burocrazia militare, violenza dei coloni, demolizioni, arresti e deportazioni.

Sebastia, con il suo patrimonio millenario e con le famiglie che la custodiscono da generazioni, è solo l’ultima vittima di un progetto molto più vasto. Un progetto che mira non solo al controllo della terra, ma alla cancellazione stessa della presenza palestinese.