Usa, presidente colombiano Petro manifesta a New York contro genocidio a Gaza: "Esercito di salvezza per liberare Palestina”"; visto revocato

Una presa di posizione che ha provocato l’immediata reazione della Casa Bianca, con il Dipartimento di Stato che ha annunciato la revoca del visto al capo di Stato colombiano, accusandolo di «azioni sconsiderate e incendiarie»

Il presidente colombiano Gustavo Petro è tornato a far parlare di sé con dichiarazioni che hanno provocato una dura reazione da parte degli Stati Uniti. Sabato scorso, intervenendo a una manifestazione a New York contro il genocidio a Gaza, Petro ha affermato: «Serve un esercito di salvezza per liberare la Palestina», rilanciando una proposta già avanzata all’Assemblea Generale dell’ONU: la creazione di una forza militare internazionale chiamata United for Peace, composta da paesi disposti a «reagire» davanti al massacro del popolo palestinese.

Ma è andato oltre. Parlando al megafono, ha esortato direttamente i militari statunitensi a «disobbedire agli ordini di Trump», definendoli contrari all’umanità, e a «obbedire, al contrario, a quelli superiori dell’umanità stessa».

Una presa di posizione che ha provocato l’immediata reazione della Casa Bianca, con il Dipartimento di Stato che ha annunciato la revoca del visto al capo di Stato colombiano, accusandolo di «azioni sconsiderate e incendiarie». Per l’amministrazione Trump, che aveva già da tempo interrotto i rapporti cordiali con Bogotá, si tratta della goccia che ha fatto traboccare il vaso.

Usa, presidente colombiano Petro manifesta a New York contro genocidio a Gaza: "Esercito di salvezza per liberare Palestina”"; visto revocato

Petro è stato tra i primi leader mondiali a rompere le relazioni diplomatiche con Israele, nel 2024, bloccando definitivamente anche le esportazioni di carbone. Negli ultimi mesi ha intensificato il proprio impegno pubblico a favore della causa palestinese, spingendosi ora ad annunciare una convocazione in Colombia rivolta a chiunque voglia combattere per la “liberazione” di Gaza.

E non ha escluso il proprio coinvolgimento diretto: «Se il presidente della Repubblica colombiana dovrà prendere parte a questo combattimento, la cosa non mi spaventa; già l’ho fatto altre volte», ha detto Petro, facendo riferimento al suo passato da guerrigliero nel movimento armato M-19, attivo in Colombia tra gli anni Settanta e Ottanta.

Lo scorso luglio, Petro aveva già annunciato l’uscita della Colombia dalla NATO, organizzazione di cui era l’unico partner globale latinoamericano, denunciando la “complicità dell’Alleanza Atlantica nel genocidio palestinese”. Durante una riunione con i rappresentanti del Gruppo dell’Aia – la nuova alleanza del Sud globale che comprende Sudafrica, Malesia, Namibia, Bolivia, Cile, Senegal, Honduras e Belize – Petro aveva dichiarato: «Cosa ci facciamo noi nella NATO? Non è arrivato il momento di un’altra alleanza militare? Come possiamo stare con eserciti che lanciano le bombe sui bambini?»

Con il veto opposto dagli Stati Uniti lo scorso 18 settembre alla risoluzione del Consiglio di Sicurezza dell’ONU per un cessate il fuoco immediato a Gaza, anche per Petro la soglia di tolleranza sembra essere stata superata: «La storia dell’umanità ci ha abbondantemente dimostrato che, quando la diplomazia fallisce, bisogna entrare in un’altra fase di lotta», ha detto.

Si tratta, con ogni probabilità, del punto più basso nei rapporti tra Colombia e Stati Uniti, alleati storici per decenni. Lo scontro con Trump è iniziato già nei primi mesi della sua presidenza, in particolare sulla questione delle deportazioni di migranti. Ma sono state le ultime settimane a segnare una vera rottura.

Durissima, ad esempio, la reazione di Petro ai raid americani nel Mar dei Caraibi contro imbarcazioni venezuelane sospettate di traffico di droga: «Il governo degli Stati Uniti sta assassinando latinoamericani sul proprio territorio», ha denunciato.

E ancora più forte è stata la sua risposta alla decisione – la prima in 28 anni – di revocare la certificazione anti-droga alla Colombia, con cui Washington attestava i progressi del Paese nella lotta al narcotraffico. «Un insulto profondo al paese che ha versato più sangue per permettere alle società di Stati Uniti ed Europa di consumare un po’ meno cocaina», ha tuonato Petro dal podio dell’ONU.