Gaza, Segre nega ancora il genocidio: “No a quella parola perché carica di odio e vendetta, è un ribaltare sulle vittime del nazismo le colpe d'Israele”
Per Segre "Israele non è né l'erede né il rappresentante degli ebrei europei vittime della Shoah: non deve usare quello scudo per giustificare qualunque suo eccesso, ma non deve neanche essere usato come pretesto per tornare ad odiare il popolo ebraico e perfino le vittime di 80 anni fa"
La senatrice a vita Liliana Segre ha negato ancora una volta il genocidio in corso a Gaza. Per lei non bisogna utilizzare la parola "genocidio" "perché carica di odio e vendetta, è un ribaltare sulle vittime del nazismo le colpe d'Israele”.
Gaza, Segre nega ancora il genocidio: “No a quella parola perché carica di odio e vendetta, è un ribaltare sulle vittime del nazismo le colpe d'Israele”
Senatrice, Grossman dice: "Voglio parlare come una persona che ha fatto tutto quello che poteva per non arrivare a chiamare Israele uno Stato genocida. E ora, con immenso dolore e con il cuore spezzato, devo constatare che sta accadendo di fronte ai miei occhi". Si riconosce anche lei in queste parole, in questo stato d'animo?
“Non faccio dichiarazioni da mesi perché mi sono chiusa nella mia amarezza smisurata per ciò che vedo nei telegiornali. Però l'intervista a David Grossman mi spinge a fare alcune considerazioni. Al di là del titolo, le sue riflessioni sono pienamente condivisibili. Il suo è un caveat: Siamo abbastanza forti per resistere ai germi del genocidio?".
Condivide dunque anche lei il "sentimento di inevitabilità" cui fa riferimento lo scrittore israeliano nell'usare il termine "genocidio" quando si parla della distruzione di Gaza?
“Quello di Grossman è un ammonimento giusto perché, quando si arriva ad affamare una popolazione - per quanto le responsabilità siano condivise con Hamas (e anche questo Grossman lo dice) - il rischio di arrivare all'indicibile esiste. Ed è veramente straziante per me vedere Israele sprofondato in un simile abominio, con alcuni ministri fanatici che, con gli occhi fuori dalle orbite, gridano propositi di virulenta disumanità, oppure con gruppi di coloni che compiono vergognose azioni squadristiche ai danni di palestinesi inermi in Cisgiordania”.
Lei qualche mese fa aveva contestato l'abuso che si fa della parola "genocidio" in riferimento a Gaza ricordando che l'origine di questo termine è associata alla Shoah.
“Anche David Grossman, con la sua eccezionale sensibilità, avverte il pericolo dell'uso strumentale e parossistico dell'anatema 'genocidio' che fin dal giorno successivo al 7 ottobre viene fatto qui in occidente. E infatti dice ‘Dobbiamo trovare il modo per uscire da questa associazione fra Israele e il genocidio. Prima di tutto, non dobbiamo permettere che chi ha sentimenti antisemiti usi e manipoli la parola "genocidio’”.
Dunque, quale rischio vede nel definire "genocidio" le stragi di civili, i crimini di guerra e la carestia che stanno quotidianamente uccidendo migliaia di innocenti a Gaza?
“Se in Israele il problema è quello di arrestarsi sull'orlo dell'abisso, qui in Europa il problema è duplice: aiutare israeliani e palestinesi che in quell'abisso rischiano di sprofondare, ma al tempo stesso non far dilagare qui la barbarie culturale che un acritico arruolamento su uno o sull'altro dei due fronti più estremi sta producendo. Per questo mi sono sempre opposta e continuo ad oppormi a un uso del termine genocidio che non ha nulla di analitico, ma ha molto di vendicativo. È uno scrollarsi di dosso la responsabilità storica dell'Europa, inventando una sorta di contrappasso senza senso, un ribaltare sulle vittime del nazismo le colpe dell'Israele di oggi dipinto come nuovo nazismo”.
Non pensa che Benjamin Netanyahu e il governo che lo sostiene, di fronte agli occhi dei palestinesi innanzitutto, ma anche degli ebrei che non condividono le scelte di Israele, portino la drammatica responsabilità dell'odioso rigurgito nel mondo di un sentimento antisemita?
“Su questo bisogna essere chiari. Israele non è né l'erede né il rappresentante degli ebrei europei vittime della Shoah: non deve usare quello scudo per giustificare qualunque suo eccesso, ma non deve neanche essere usato come pretesto per tornare ad odiare il popolo ebraico e perfino le vittime di 80 anni fa. Israele è stato una risposta alla Shoah: lo stato-rifugio che avrebbe garantito l'adempimento di quel giuramento: ‘mai più’. Il trauma patito dagli israeliani il 7 ottobre non si capisce se non si ha chiaro questo: è stato lo shock di vedere di nuovo assassinare e rapire casa per casa donne, vecchi e bambini proprio dentro quel rifugio che era stato costruito perché non potesse mai più accadere”.
A proposito di antisemitismo, lei si è detta più volte del tutto scoraggiata. Ma non pensa che proprio la presa di posizione, dentro e fuori Israele, di persone come David Grossman possa contribuire a spezzare questa catena dell'odio?
"L'abuso di ‘genocidio’ che dal primo giorno viene fatto qui, il compiacimento, l'isterica insistenza per imporlo a chi non lo condivide - e in primo luogo a tutti gli ebrei - è un fatto morboso che, appunto, come avverte Grossman scaturisce da "sentimenti antisemiti", magari inconsci. Si percepisce chiaramente un sottofondo di questo tipo: "mi avete seccato per decenni con il Giorno della Memoria? e adesso mi prendo la rivincita e vi grido in faccia ‘genocidio, genocidio, genocidio...’. E i risultati si vedono adesso perfino negli autogrill”.
Dopo la Francia, molti altri Paesi nel mondo hanno annunciato di voler riconoscere la Palestina come Stato sovrano. Grossman sembra nutrire una qualche speranza che questo sia il possibile percorso in grado di cambiare l'inerzia del dramma cui stiamo assistendo. Lo crede anche lei?
“Anche sullo Stato palestinese son d'accordo con lui. Sono sempre stata a favore di ‘Due popoli, due Stati’. Le condizioni indicate dal presidente Macron sono lungimiranti e, se attuate, garantirebbero una convivenza pacifica dei 2 Stati uno accanto all’altro, non uno al posto dell’altro”.