Francia, Le Pen contro Macron su questione palestinese: "Riconoscere lo Stato di Palestina significherebbe riconoscere Hamas"

Le contraddizioni di Le Pen, condannata per appropriazione indebita di fondi pubblici per ben 2,9 milioni di euro: quando la credibilità vacilla sulla questione palestinese

La recente uscita di Marine Le Pen contro le posizioni di Emmanuel Macron sulla Palestina solleva interrogativi non tanto sul merito della questione mediorientale, quanto sulla credibilità di chi formula tali critiche. Quando la leader del Rassemblement National accusa il presidente francese di "riconoscere Hamas" attraverso le sue dichiarazioni di sostegno ai diritti palestinesi, emerge un paradosso che merita particolare attenzione.

Il peso del passato giudiziario di Marine Le Pen

È difficile infatti ignorare l'elefante nella stanza: Le Pen è stata condannata per appropriazione indebita di fondi pubblici europei per la cifra considerevole di 2,9 milioni di euro. Insieme ad altri esponenti dell'allora Front National, ha utilizzato impropriamente risorse destinate al funzionamento delle istituzioni democratiche europee. Questa condanna non rappresenta un dettaglio marginale, ma un elemento che getta un'ombra significativa sulla sua autorità morale nel criticare l'operato di altri leader politici.

La strumentalizzazione della questione palestinese

 La critica di Le Pen alle posizioni di Macron sulla Palestina appare più come un'operazione di opportunismo politico che come un'analisi ponderata della complessa situazione mediorientale. Ridurre il riconoscimento dei diritti del popolo palestinese a un "sostegno ad Hamas" rappresenta una semplificazione che tradisce una comprensione limitata delle dinamiche geopolitiche regionali.

Il conflitto israelo-palestinese infatti richiede sfumature che vanno ben oltre le categorie binarie. Sostenere il diritto all'autodeterminazione del popolo palestinese non equivale automaticamente a endorsare Hamas,  così come criticare specifiche politiche israeliane non significa negare il diritto all'esistenza di Israele.

Credibilità e coerenza politica

Quando un leader politico condannato per malversazione di fondi pubblici si erge a giudice della politica estera nazionale, la questione della credibilità diventa centrale. La democrazia si basa sulla fiducia tra governanti e governati, e questa fiducia viene minata quando chi critica porta il peso di condanne per reati contro la cosa pubblica.

Le Pen, che ha sottratto risorse alle istituzioni europee per fini personali e di partito, si trova in una posizione difficilmente sostenibile per criticare l'integrità delle scelte politiche altrui. La sua condanna non è una questione privata, ma riguarda la gestione di fondi che appartengono ai cittadini europei, inclusi i francesi che oggi vorrebbe rappresentare.

Il rischio della polarizzazione

L'approccio di Le Pen alla questione palestinese riflette una tendenza più ampia della sua politica: la ricerca della polarizzazione a tutti i costi. Invece di contribuire a un dibattito costruttivo su una delle questioni più complesse della politica internazionale, preferisce alimentare divisioni e semplificazioni che possono risultare elettoralmente vantaggiose ma sono dannose per la qualità del dibattito democratico.

 In conclusione, direi che La Francia merita un dibattito molto più serio e informato sulla sua politica estera, inclusa la posizione sul conflitto israelo-palestinese. Tuttavia, questo dibattito dovrebbe essere guidato da figure che possano vantare non solo competenza tecnica, ma anche l'autorità morale che deriva dal rispetto delle istituzioni e della legalità, non certo da personaggi come la Le Pen, ormai ridotta ai margini della vita politica francese.

Le critiche di Marine Le Pen a Macron sulla questione palestinese suonano vuote non tanto per il loro contenuto specifico, quanto per la fonte da cui provengono: una leader politica che ha dimostrato, attraverso le sue azioni giudiziariamente accertate, di anteporre gli interessi personali e di partito al rispetto delle istituzioni pubbliche che oggi ambisce a guidare.

In un momento storico in cui la credibilità delle istituzioni democratiche è sotto pressione, la Francia ha bisogno di leader che incarnino i valori che predicano, non di chi utilizza tragedie internazionali – esattamente come quanto sta accadendo in quel di Gaza, dove numerosissimi bambini muoiono di fame per via del fatto che Israele non fa entrare gli aiuti alimentari (ivi incluse le centinaia di tonnellate donate dal Cardinale Pizzaballa) - come strumenti di propaganda elettorale mentre porta il peso di condanne per reati contro la cosa pubblica.

Di Eugenio Cardi