Usa, chiesti $20mln di risarcimento da avvocati di Mahmoud Khalil dopo scarcerazione, lui: “No a detenzione per chi protesta contro genocidio”

Khalil, 30 anni, è stato rilasciato dalla detenzione dell’immigrazione statunitense il mese scorso, dopo essere stato trattenuto per oltre 3 mesi a causa delle proteste contro il genocidio a Gaza

Gli avvocati di Mahmoud Khalil, attivista palestinese e laureato alla Columbia University, hanno presentato una richiesta di risarcimento da 20 milioni di dollari contro l’amministrazione Trump, dopo che Khalil è stato scarcerato in seguito a oltre 3 mesi di detenzione. L’attivista era stato arrestato per il suo ruolo nelle proteste pro-palestinesi nei campus universitari. “No a detenzione per chi protesta contro genocidio”, ha dichiarato Khalil all’indomani del rilascio.

Usa, chiesti $20mln di risarcimento da avvocati di Mahmoud Khalil dopo scarcerazione, lui: “No a detenzione per chi protesta contro genocidio”

La denuncia – un passaggio preliminare a una causa formale secondo quanto previsto dal Federal Tort Claims Act – chiama in causa il Dipartimento per la Sicurezza Interna (Department of Homeland Security), l’Ufficio Immigrazione e Dogane (ICE) e il Dipartimento di Stato. Khalil, 30 anni, è stato rilasciato lo scorso mese dopo oltre 3 mesi di detenzione amministrativa dovuta al suo impegno attivista contro il genocidio in corso a Gaza.

Diventato il simbolo della repressione contro l’attivismo studentesco pro-palestinese, Khalil ha visto il suo arresto trasformarsi in un caso nazionale, che ora potrebbe mettere sotto accusa quella che viene definita la “politica di deportazione ideologica” dell’amministrazione Trump, rivolta in particolare agli studenti filo-palestinesi.

All’uscita dal centro di detenzione, Khalil ha dichiarato ai giornalisti: “Anche se la giustizia ha prevalso, è arrivata con troppo ritardo e non sarebbe dovuto servire tutto questo tempo. Lascio dietro di me uomini incredibili, oltre mille persone, in un luogo in cui non dovrebbero trovarsi”.

Alla domanda del Guardian in merito alle accuse del governo Trump – che per mesi ha tentato di tenerlo in stato di detenzione con la motivazione che la sua attività costituiva una minaccia per la sicurezza nazionale – Khalil ha risposto senza mezzi termini: “Trump e la sua amministrazione hanno scelto la persona sbagliata per questo. Ma non significa che ci sia una persona giusta per questo. Nessuno dovrebbe essere detenuto per protestare contro un genocidio”.

Durante la sua detenzione, è nato suo figlio, che non ha potuto vedere fino alla scarcerazione. Ai giornalisti ha detto: “Ora posso davvero abbracciarlo”.

Il caso ha suscitato ampie critiche da parte di accademici, attivisti e difensori della libertà di espressione, che parlano di un pericoloso precedente per il Primo Emendamento della Costituzione statunitense. Khalil, infatti, non è stato incriminato per alcun reato, e la sua causa di deportazione è tuttora in corso davanti al tribunale dell’immigrazione.

L’amministrazione Trump ha cercato di dipingerlo come un estremista, accusandolo di antisemitismo e di fare propaganda pro-Hamas, senza però mai presentare prove concrete durante l’arresto o la detenzione.

In risposta alla richiesta di risarcimento, Tricia McLaughlin, portavoce del Dipartimento per la Sicurezza Interna, ha definito la cifra richiesta da Khalil “assurda” e ha ribadito le accuse di “comportamenti e retoriche d’odio” che avrebbero messo in pericolo studenti ebrei.

Ma Khalil non intende arretrare. All’Associated Press ha dichiarato: “Stanno abusando del loro potere perché pensano di essere intoccabili. Se non si stabilisce un principio di responsabilità, continueranno ad agire indisturbati”.

Ha poi aggiunto che condividerà qualsiasi risarcimento con altri studenti e attivisti colpiti dalfallitotentativo dell’amministrazione Trump di reprimere la libertà di parola pro-palestinese. In alternativa a un risarcimento monetario, Khalil ha detto che sarebbe disposto ad accettare scuse ufficiali e una revisione delle politiche di deportazione.