Netanyahu in visita da Orbán in sprezzo al mandato d'arresto internazionale, ministro della giustizia: "Pronti a uscire dalla CPI"

Il primo ministro israeliano sarà in visita per 4 giorni in Ungheria su invito del primer ungherese; Orbán aveva definito il mandato d'arresto "cinico e inaccettabile" e che avrebbe personalmente garantito "la libertà e la sicurezza" di Netanyahu

Il premier israeliano Benjamin Netanyahu si è recato in visita in Ungheria su invito del primo ministro ungherese Viktor Orbán nonostante su di lui sia pendente un mandato d'arresto internazionale della CPI. Il programma prevede una permanenza di 4 giorni nella capitale Budapest. Secondo alcuni media israeliani, la visita in Europa sarebbe da configurarsi come "dispetto" del premier per dimostrare la sua impunità a livello internazionale ma anche in patria dove è in corso contro di lui un processo per corruzione e dopo aver sfidato apertamente la Corte Suprema israeliana con il licenziamento (sospeso) del capo dello Shin Bet Ronen Bar e la mozione di sfiducia alla procuratrice generale Gali Baharav-Miara.

Netanyahu in visita da Orbán in sprezzo al mandato d'arresto internazionale, ministro della giustizia: "Pronti a uscire dalla CPI"

L'Ungheria si prepara all'arrivo del premier israeliano Benjamin Netanyahu atteso in una visita di 4 giorni a Budapest su invito del primo ministro  ungherese Viktor Orbán. La visita si realizzerà nonostante su Netanyahu sia pendente un mandato di cattura emesso dalla Corte Penale Internazionale nello scorso novembre che in un rapporto di 154 pagine aveva riferito delle "massicce vittime civili e le condizioni imposte ai palestinesi che mettono intenzionalmente a rischio la loro vita". Il mandato d'arresto della CPI è anche contro l'ex ministro della Difesa israeliano Yoav Gallant, entrambi accusati di crimini contro l'umanità e crimini di guerra commessi nella Striscia di Gaza dall'8 ottobre 2023.

L'Ungheria aderisce alla CPI e di conseguenza il premier israeliano dovrebbe essere arrestato immediatamente dopo il suo ingresso nel paese, tuttavia questo scenario non avverrà, come aveva già dichiarato Orbán. Il primo ministro ungherese aveva definito il mandato d'arresto del premier israeliano "sfacciato, cinico e del tutto inaccettabile" e aveva poi invitato Netanyahu "per una visita ufficiale in Ungheria, dove garantiremo la sua libertà e sicurezza".

Ma c'è di più, l'Ungheria non solo non eseguirà il mandato della CPI che impone l'arresto di Netanyahu, nonostante l'articolo 27 stabilisca che l'essere presidente, premier, parlamentare o diplomatico "non esonera in alcun caso una persona dalla sua responsabilità penale" e "le immunità o regole di procedura speciale eventualmente inerenti alla qualifica ufficiale di una persona in forza del diritto interno o del diritto internazionale non vietano alla Corte di esercitare la sua competenza"; Budapest è addirittura pronta ad uscire dalla Corte Penale Internazionale. 

Il ministro della giustizia ungherese Bence Tuzson infatti, in una riunione a porte chiuse con alcuni diplomatici, ha affermato che sarebbe pronta la bozza della risoluzione del Parlamento che autorizza il governo ad avviare la procedura di uscita dall'organismo. L'Unione Europea ha fatto sapere di non essere "a conoscenza" di alcuna "notifica formale che l’Ungheria abbia chiesto di ritirarsi", ha detto la portavoce della Commissione Ue Anitta Hipper, "Se così fosse ci rammaricheremmo profondamente". Tra i membri firmatari dello Statuto di Roma, su cui la CPI si regge, ci sono oggi 124 stati, tra cui i 27 dell'Ue, ma non aderiscono tre dei cinque membri permanenti del Consiglio di Sicurezza dell'Onu Cina, Russia e Stati Uniti e nemmeno Israele, India, Iran, Egitto, Arabia Saudita, Turchia, Pakistan, Iraq, Libia e Sudan

Un funzionario della CPI ha dichiarato che "non spetta ai singoli Stati valutare unilateralmente la legittimità o la validità delle decisioni" della Corte, tuttavia, da parte sua l'Aja può fare poco non potendo imporre strumenti affinché gli Stati rispettino le sue decisioni. I paesi firmatari dovrebbero dare seguito alle decisioni della Corte, ma se uno stato membro della CPI rifiuta di eseguirli, il tribunale può avviare un procedimento di "non osservanza" senza effetti concreti. La stessa Italia, con le parole di Antonio Tajani aveva messo in dubbio la possibile detenzione del primo ministro israeliano quando aveva affermato che "l'arresto di Netanyahu è irrealizzabile, almeno finché sarà primo ministro".

Ad ogni modo non sarebbe la prima volta che il mandato della CPI contro Netanyahu viene ignorato, già a febbraio il premier israeliano si era recato in visita negli Stati Uniti di Donald Trump -che non riconoscono la Corte- e lì aveva presentato il suo piano per la deportazione dei palestinesi e la ricostruzione di Gaza.