Elezioni in Turchia: chi è Kemal Kilicdaroglu, lo sfidante di Erdogan che potrebbe spodestare il Sultano

Kemal Kiligdaroglu è leader del Partito Repubblicano e guida della coalizione anti-Erdogan. Dopo le elezioni di domenica, si attende ora il ballottaggio del 28 maggio, nel quale potrebbe diventare il nuovo Presidente della Turchia

Kemal Kilicdaroglu potrebbe essere il nuovo Presidente della Turchia. Alle elezioni di domenica 14 maggio, infatti, la sua coalizione ha raggiunto il ragguardevole traguardo delle 44,4% delle preferenze, mentre quella di Erdogan, sembrerebbe aver preso meno del 50% (gli scrutini non sono ancora completi, ma non pare dovrebbero esserci sorprese). Tali numeri, secondo la legge turca, proiettano il Paese al ballottaggio, previsto per il 28 maggio, al quale non è detto che il Presidente in carica riuscirà ad essere riconfermato. Se così dovesse essere, Kemal sarà il nuovo vertice di Ankara, dopo i 20 anni di potere di Erdogan.

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Chi è Kemal Kilicdaroglu

Kemal è il Segretario del Partito Repubblicano CHP, nonché leader di una coalizione della quale fanno parte ben sei forze dell’opposizione all’attuale maggioranza. Quella di Kemal a leader della coalizione non è stata una scelta facile a causa dell’elevato numero di soggetti politici che lo sostengono, tra i quali non manca il partito filo curdo HDP. Lo sfidante del Sultano si presenta come una sua immagine speculare, nelle battaglie e nei modi. Non è sunnita, innanzitutto, ma musulmano alevita, la seconda corrente islamica del Paese: se dovesse vincere il ballottaggio, sarebbe il primo vertice turco appartenente a questo Credo.

Nasce nel 1948 a Tunceli, nell’estremo orientale della Turchia, lontanissimo dalle città filo occidentali affacciate sul mediterraneo che domenica gli hanno assicurato un risultato elettorale di tutto rispetto. Si laurea in Economia, ed inizia quasi subito a lavorare nelle istituzioni, ritagliandosi la nomea di cacciatore di evasori fiscali. L’anno in cui Erdogan viene eletto per la prima volta Primo Ministro, il 2002, è anche l’anno in cui Kemal viene eletto al Parlamento nazionale. Si distingue per il moderatismo delle sue posizioni, la visione progressista in ambito religioso ed il sostegno alla separazione tra Stato e Chiesa, secondo la linea dettata dal padre della patria Kemal Ataturk. Dal 2002 Kemal scala la gerarchia del CHP, venendone eletto Segretario nel 2010.

Iniziano anni di oscillazione e debolezza per i Repubblicani, incapaci a trovare il proprio posizionamento nello spettro politico del Paese, mentre la governance di Erdogan si fa sempre più autoritaria. Alle elezioni del 2014 Kemal opta per la discussa alleanza con gli ultranazionalisti del MHP, cosa che gli aliena le simpatie dei filocurdi e non gli impedisce comunque di perdere al primo turno contro il Presidente in carica. Arriva poi il 2017, con il referendum sulla riforma in senso presidenzialista delle istituzioni promossa da Erdogan e la pioggia di accuse di brogli che seguono: nonostante l’appoggio di una buona fetta della popolazione, la segreteria di Kemal non si dimostra in grado di interferire con il Sultano.

Nel 2019, l’apertura di Kemal ai curdi (pochi anni prima aveva definito la loro lingua “inesistente”) e, infine, l’anno successivo, la nascita della coalizione anti-Erdogan. Sono sei i partiti della coalizione che Kemal guida: il CHP, ovviamente, che può contare su un appoggio oscillante tra il 24 ed il 28%; i nazionalisti del partito IVY, nati da una scissione con l’MHP; altri 4 partiti minori.

La linea politica di Kemal

La campagna elettorale di Kemal si è mossa in varie direzioni. Principalmente: economia, immigrazione, rapporti con l’Europa. Dal punto di vista economico, quello di Kemal è stato un gioco facile: anni di presidenza Erdogan hanno fatto sprofondare il valore della lira turca, alzando a dismisura il costo della vita. È diventata ormai nota, in questi mesi, l’immagine di Kemal che gira per le strade o si presenta ai comizi con in mano una cipolla, per spiegare con semplicità alla popolazione quanto i temi dell’inflazione, che Erdogan non dimostra di saper controllare, incidano sulla vita quotidiana e sull’acquisto di beni essenziali.

Dal punto di vista dell’immigrazione, poi, è stata condotta da Kemal una campagna di forte opposizione ai migranti siriani nel Paese, arrivata a promettere l’espulsione di centinai di migliaia rifugiati della guerra civile.

Infine, i rapporti con l’Europa, tema che racconta con determinante chiarezza la natura della faglia politica che attraversa la Turchia. Il disegno di Kemal, in totale opposizione a quello di Erdogan, è quello di un riavvicinamento a Bruxelles ed un riassestamento della collaborazione con l’occidente, nell’ottica di un recupero della disastrata economia turca in cambio dell’assottigliamento di quell’influenza geopolitica nelle aree mediterraneo-balcaniche su cui Ankara ha molto lavorato negli ultimi anni. Riflesso opposto alla proposta politica di Erdogan, che vede nel crescente peso del Paese sui tavoli internazionali il maggior successo della sua Presidenza, anche se ciò ne limita la qualità della vita della popolazione.

Sono due diverse visioni di cosa debba rappresentare lo Stato, e come tali si rivolgono a diverse popolazioni. Non è un caso quindi, se i temi dell’identità e della tradizione, nonché dell’orgoglio internazionale, promossi dal Presidente in carica, gli abbiano fatto guadagnare i maggiori consensi nella regione centrale della Turchia, quella anatolica, mentre il canto filo occidentale ed economicista di Kemal abbia trovato orecchie pronte ad ascoltarlo in particolare sulle coste mediterranee, in quelle città che del benessere e del commercio con l’Europa vivono.