Polizia cinese in Italia, Piantedosi: "Non le abbiamo mai autorizzate, nessun legame con noi"
100 in tutto il mondo, di cui 11 in Italia, i centri di polizia cinese impiegati all'estero per individuare e estradare dissidenti politici. Ma la polizia italiana smentisce: "Nessuno autorizzato"
Per la popolazione cinese le cose non sono facili neanche lontano da madrepatria: i dissidenti politici emigrati potrebbero infatti incorrere nelle stazioni polizia fantasma con cui Pechino sorveglia le comunità cinesi all'estero individuando, e nel caso riportando in Cina con la forza, persone sgradite al governo. In Italia una presenza eccezionale: secondo il report spagnolo che ha denunciato la situazione, ben 11 su 100 circa sono nel territorio del Belpaese. Ma il ministro Matteo Piantedosi smentisce qualsiasi insinuazione di collaborazione: le stazioni fantasma non erano regolari, né frutto di accordi con Pechino, bensì camuffate come "sportelli di aiuto per lo sbrigo di pratiche burocratiche".
Piantedosi: "Non escludo provvedimenti sanzionatori in caso di illegalità"
Insomma, una situazione sempre più orwelliana: anche gli emigrati cinesi non sono mai lontani dall'occhio del "Grande Fratello" di Pechino. Una organizzazione vastissima, quella delle stazioni fantasma, ma che sta venendo finalmente alla luce grazie al reportage spagnolo che ha denunciata la difficile situazione dei profughi politici cinesi.
Pesa il sospetto di una certa convivenza di Roma con queste politiche: il ministro dell'interno ha tuttavia smentito con forza qualsiasi associazione, arrivando persino a minacciare sanzioni contro Pechino:
"Le forze di polizia, insieme all’intelligence, attueranno un monitoraggio con la massima attenzione, io lo seguirò personalmente e non escludo provvedimenti sanzionatori in caso di illegalità riscontrate"
Un sospetto che nasce da accordi pregressi tra la polizia italiana e quella cinese, espressi nella forma di pattugliamenti congiunti. Anche in questo caso il ministro ha negato ogni ipotesi di convivenza:
" (la situazione) non ha alcuna attinenza con gli accordi di cooperazione di polizia ed i pattugliamenti congiunti tra Italia e Cina che si sono svolti dal 2016 al 2019. Riguardo all’apertura a Prato di una presunta stazione di polizia cinese – ha riferito Piantedosi – la polizia ha immediatamente avviato accertamenti, dai quali è emerso che lo scorso marzo un’associazione culturale cinese ha aperto una sorta di sportello per il disbrigo di pratiche amministrative rivolto ai connazionali in Italia, nonché un servizio per il rinnovo di patenti cinesi e per le successioni. Ad oggi, risulta che il centro non fornisca più questi servizi verso i quali c’è stato peraltro uno scarso interesse, essendo pervenute solo 4 richieste".
Insomma, braccia e occhi di Pechino mascherati da innocue attività di facilitazione burocratiche, che ora sono sotto l'occhio di polizia e 007 italiani.