Volkswagen accelera sui tagli: "Possibili 15mila licenziamenti e chiusura di impianti, non esiste piano B per la crisi del settore in Europa"
Il marchio automobilistico tedesco si prepara a misure radicali di ristrutturazione, puntando su una riduzione della capacità produttiva e possibili tagli, mentre il governo tedesco e i sindacati reagiscono con preoccupazione e mobilitazioni
Volkswagen potrebbe accelerare sui tagli al personale e agli impianti di produzione, che potrebbero arrivare rispettivamente ad oltre 15mila licenziamenti nonché alla chiusura di circa 5 fabbriche: lo avrebbero detto i vertici del gruppo tedesco direttamente agli analisti della banca statunitense Jefferies, in un incontro con la dirigenza dell’azienda. È la notizia che rimbalza dal resoconto degli analisti nordamericani sulla casa automobilistica tedesca, già al centro delle polemiche per aver messo sul tavolo la prospettiva di un’inedita chiusura di fabbriche in Germania: secondo i consulenti della Jefferies, i vertici dell'impresa tedesca sono convinti che "non vi sia un piano B" per affrontare la crisi del mercato dell’auto europeo e quindi sarebbero pronti allo scontro con i sindacati tedeschi. Una decisione storica, che non ha precedenti negli 87 anni di vita di Volkswagen. D’altronde, il bando termico 2035, l’avvento dei rivali cinesi nel mondo delle vetture elettriche, l’inflazione, i tassi di interesse più elevati e la mancanza di colonnine di ricarica nonché di incentivi, hanno costituito sfide significative per il marchio. Il vecchio piano di revisione dei costi da 10 miliardi di euro entro il 2026 non è più sufficiente viste le nuove condizioni di mercato. Saranno necessari altri 4 miliardi e mezzo di dollari per risollevare la competitività del brand che dà il nome al gruppo: il suo margine operativo è crollato al 2,6% contro l’obiettivo al 2026 del 6,5%.
La strategia della dirigenza Volkswagen
Dall’incontro con la comunità finanziaria del Nord America, secondo quanto riportato da Bloomberg, ora sarebbe emerso che Volkswagen starebbe valutando di forzare la mano: la casa automobilistica potrebbe chiudere gli impianti senza bisogno di passare dall'approvazione del Consiglio di sorveglianza, dove siedono i rappresentanti dei lavoratori. I vertici di Volkswagen ritengono infatti che i sindacati non abbiano legalmente il diritto di scioperare contro la chiusura di stabilimenti e che quindi dovranno sedersi al tavolo per discutere modalità, tempi e quantità degli esuberi. Il progetto ridurrebbe di 500-750 mila vetture la capacità produttiva del brand automobilistico in Europa e il prezzo da pagare consisterebbe in possibili accantonamenti per 4 miliardi di euro (4,4 miliardi di dollari) nel quarto trimestre, associata ai costi di dismissione delle fabbriche e a quelli per i licenziamenti. In assenza di una replica ufficiale dalla società, c’è il riferimento a quanto scrivono gli analisti di Jefferies e Bloomberg. Inoltre, la Reuters aggiunge altri pezzi del ragionamento degli analisti e in particolare che se la "logica di ridimensionare il marchio Vw non è nuova, lo sono il senso di urgenza e la determinazione del management nell'affrontare la capacità in eccesso" e la struttura dei costi. Quel che hanno portato a casa dal roadshow è che "non c’è un piano B ai tagli". Con il clima tra parti già teso, gli analisti aggiungono che "i sindacati dovrebbero sentirsi sotto pressione per raggiungere nuovi accordi mentre Vw sarà in grado di forzare i licenziamenti". Certo, "c'è il rischio di un'interruzione degli impianti, ma i sindacati possono scioperare solo sul tema dei salari, non sulla chiusura degli impianti o sui licenziamenti se questi ultimi non sono protetti contrattualmente". Secondo Jefferies, sul tavolo c’è la chiusura di ulteriori due o tre impianti (dedicati ad assemblaggio e componentistica), per un massimo di cinque siti tedeschi.
La reazione della politica e dei lavoratori
Il governo tedesco si è esposto sulla situazione per mezzo del cancelliere Olaf Scholz, il quale ha detto che la priorità è "garantire i posti di lavoro e gli stabilimenti", mentre il primo ministro della Bassa Sassonia, Stephan Weil (azionista al 20% di Volkswagen), ha dichiarato: "ci aspettiamo che la questione della chiusura delle sedi semplicemente non si ponga attraverso l’uso efficace di alternative". Intanto, migliaia di lavoratori hanno protestato oggi a Bruxelles, dove c’è lo stabilimento Audi da 3.000 dipendenti del Gruppo Volkswagen. Uno di quelli in odore di chiusura per il forte calo delle vendite delle macchine del marchio. Da segnalare l’esplosione di petardi e il blocco delle strade nei pressi del Parlamento europeo. Oltre 5.000 manifestanti (alcuni provenienti dal Belgio ma anche dalla Repubblica Ceca), si sono radunati alla stazione ferroviaria di Bruxelles Nord, per poi marciare verso l’Europarlamento.