Pensioni minime, in manovra 210 milioni per alzarle da 523 a 570 euro: ma Forza Italia punta ai 600

Si può fare di più secondo alcuni membri della maggioranza e il fondo di 210 milioni di euro potrebbe essere implementato per alzare le pensioni minime da 523 a 600 euro

Le pensioni minime sono soggette a una riforma sulle pensioni minime voluta dall'attuale governo Meloni che avrebbe deciso di stanziare in manovra, un fondo di 210 milioni di euro. Questo fondo servirebbe ad aumentare gli assegni mensili da 523 a 570 euro al mese. Secondo alcuni membri della maggioranza si potrebbe fare di più e infatti c'è chi punta ai 600 euro di assegno mensile. Tuttavia la legge di bilancio ha già segnato i binari di incremento per le pensioni minime di 8,7% (il 120% rispetto al 7,3% di riferimento): il risultato è l'innalzamento delle minime a 570 euro mensili. 

Pensioni minime, in manovra 210 milioni per portare gli assegni a 570 euro

I 210 milioni stanziati per questo incremento di quasi 50 euro costituirebbero la prima tappa per un piano strutturale di incremento delle pensioni minime a 1000 euro al mese. Una promessa che il centrodestra e Silvio Berlusconi ha fatto più volte. ma anche Giorgia Meloni è sempre stata favorevole a questi incrementi. Per Forza Italia l'incremento delle pensioni è veramente troppo basso anche perché, gli anziani poco abbienti non riuscirebbero comunque a far fronte al caro energia e all'inflazione sempre in costante ascesa, che ha comportato l'aumento dei prezzi anche per quanto concerne il carrello della spesa e per quanto concerne le materie prime, di tipo alimentale oppure destinate alla produzione siderurgica e industriale di vario tipo. Il tutto si riflette inevitabilmente sui prezzi al consumatore, sebbene le industrie siano riuscite, non senza sforzi, a far fronte al rincaro, assorbendo fino a giungo 2022, la gran parte del costo di produzione.

Per tutte queste ragioni c'è chi ha proposto di aumentare l'assegno di 70 euro rispetto ai 50 previsti, però l'idea è quella di attuare questa misura in maniera mirata e cioè alle persone di età anagrafica superiore ai 70 anni.

Riforma pensioni, Opzione donna è molto costosa

Una soluzione che, dai primi calcoli, sarebbe compatibile con i saldi complessivi dell’intervento previdenziale. Sempre in materia, resta sempre aperto il cantiere Opzione donna, che però è estremamente costosa (il suo valore per 12 mesi è di 110 milioni di euro). Tra le varie ipotesi allo studio, ci sarebbe anche quella di un possibile ritorno alla misura attualmente in vigore, con una proroga temporanea, cioè limitata solo ad alcuni mesi anziché un anno: questo consentirebbe di superare il problema della clausola che lega l’anticipo pensionistico al numero dei figli e su cui alcuni hanno sollevato dubbi di incostituzionalità. Allo stesso tempo sarebbe possibile procedere, in 6-8 mesi, all’armonizzazione della misura nell’ambito di una riforma del sistema pensionistico. Attualmente il governo ha attuato quota 103 su proposta di Matteo Salvini, che però potrebbe interessare una platea di 48 mila lavoratori, ma si stima che ne usufruiranno soltanto un terzo e quindi la misura costerebbe dai 750 milioni previsti soltanto 256 milioni.