Milano, al via mostra "Man Ray. Forme di luce": 300 opere tra foto, libri, film, oggetti e documenti al Palazzo Reale fino all'11 gennaio 2026
A Palazzo Reale di Milano è in programma la mostra "Man Ray. Forme di luce", una grande retrospettiva dedicata all'artista che sarà aperta fino all'11 gennaio 2026, con circa 300 opere tra fotografie, film, oggetti e documenti che raccontano la sua carriera e la sua sperimentazione artistica, con un focus particolare sul rapporto tra Man Ray e la luce
Man Ray è un artista dalla personalità veramente speciale, di quelle che stabiliscono la differenza tra un prima e un dopo, della loro apparizione, facendo la parte moltiplicata dell’unità che si trasforma prendendo sembianze diverse, quasi irriconoscibili, in una sorta di metamorfosi che inganna i facili ermeneuti e li porta in strade sbagliate, facendo scambiare per follia, quella che è pura genialità, anche se ogni vera genialità contiene più che un pizzico di follia.
La mostra di Palazzo Reale a Milano indaga sulla ricerca di Man Ray, non dando niente per scontato, ma tutto da provare, mostrandoci un genio del nostro tempo, polipoetico, fotografo, pittore, incisore, fashion designer, videomaker, creatore di ordigni comunicativi oggettuali e corporali, che non passa mai due volte per lo stesso luogo, traendo in inganno quanti pensano e agiscono in maniera irruente, ma, tutto sommato, sistematica e prevedibile.
Man Ray non è mai irruente, non è mai precipitoso, ma è sempre imprevedibile, come si addice ad un grande artista, in quella speciale guerra dove nessuno muore, ma a sbagliare una mossa, si rischia di perdere tutto.
Il suo dadaismo non è gestuale e plateale, perché il suo pensiero è complesso, nel contemplare la fine di ogni accademismo pittorico e nel mettere in scena il protagonismo messianico dell’artista, che non ha più bisogno di costruire niente, ma gli basta toccare un oggetto qualsiasi, per trasformarlo ipso fatto in opera d’arte, che, chiaramente, non può essere giudicata con le categorie del bello e del brutto, ma con criteri sociologici, psicologici, antropologici, che non ne stabiliscono la parentela che non c’è, ma ne confermano la difformità e l’estraneità.
Con Man Ray, molto di più che con Apollinaire, Brancusi, Picabia, Breton, ma possiamo dire parimenti con Marcel Duchamp, si conferma che nel ‘900, è nata un’anti arte fondata sulla nominazione, per cui un ferro da stiro o una mela con un chiodo, possono essere esposti in una galleria o in un museo, privati della loro funzionalità originaria e assunti nell’olimpo delle inutilità da conservare.
Un nuovo museo, dove la fotografia dialoga con la pittura, gli oggetti dialogano con la scultura, la grafica dialoga con la moda, tutto trasfigurato in chiave apparentemente ironica, in realtà molto sacrale, seppure di una sacralità sui generis, dove non si incontrano angeli e santi, ma orologi esoterici, nudi manipolati verso la poesia e altri oggetti della ordinaria quotidianità. Il suo odio per ogni destinazione sociale del lavoro dell’artista, lo connota come un aristocratico che si permette di correggere il mondo, percepito come una sommatoria di errori e impertinenze che solo la materia grigia, può mettere a posto, per questo la sua rinuncia alla pittura va vista come una declinazione della sua personalità, fatta più per la recitazione davanti ad un grande pubblico, piuttosto che per la riflessione segreta di uno studio, perché il suo è un dannunzianesimo della passività che preferisce farsi passare il mondo davanti, piuttosto che attraversarlo con qualunque passo.
Avere messo il naso nella sua vita privata, nei suoi innamoramenti pieni di luce, non è una profanazione quanto, piuttosto, una sorta di ribaltamento dell’ufficialismo un po’ imbalsamato, più meccanico e schematico che umano, in una umanità in cui fa prevalere la ragione e la teoria dei giochi, quindi la logica e la capacità d’invenzione. Una mostra che va letta a specchio con la vita di Man Ray, da cui emerge che tutta la sua vita la visse per fare di sé un’opera d’arte. E c’è riuscito.
Di Pasquale Lettieri