Pirelli HangarBicocca, inaugura Sunshine State di Steve McQueen
Sei opere filmiche e una scultura nello spazio delle Navate per una riflessione spettacolare, intima e radicale sulla condizione umana. L'artista : “L’arte può agire come un termometro per capire dove siamo arrivati e fino a dove dovremmo andare”
Sunshine State di Steve McQuenn, vincitore del Turner Prize e del premio Oscar, al Pirelli HangarBicocca è una mostra capace di tenere insieme l’intimità e la spettacolarizzazione. L’artista utilizza il mezzo filmico in maniera ‘scultorea’, dal fonico al visivo, da una resa monumentale al particolarismo per scavare nell’uomo contemporaneo, il quale è raccontato negli ampi spazi dell’Hangar in tutta la sua felice prodigalità e misera bellezza.
Sunshine State di Steve McQuenn, il percorso espositivo
Static (2009) apre il percorso espositivo a mezz’aria e al visitatore pare di piombare dall’alto, mentre contempla la Statua della Libertà, seppur attraverso una resa filmica frammentaria, concentrata sui simboli, mai globale, come se la soggettività individuale venisse fagocitata dal grande spettacolo del mondo occidentale.
Con Charlotte (2004) e Cold Breath (1999) si torna a rivolgere lo sguardo ad altezza d’occhio, trasportati in una dimensione intima, profonda e poetica del corpo. Le mani dell’artista plasmano, toccano l’immagine come se essa esistesse in tutta la sua cosalità, come se sulla realtà si potesse agire con la leggerezza di un tocco di dita, non per modificarla, ma per renderla visibile. Come sottolinea l’artista durante la conferenza stampa ricordando i suoi esordi: “Sono sempre stato attratto dall’immagine, mi piaceva l’idea di toccare la tela e creare l’immagine”.
L’elemento squisitamente performativo, tattile e fonico di queste opere lascia poi spazio a Sunshine State (2022), commissionato e prodotto dall’International Film Festival Rotterdam 2022 e presentato in anteprima assoluta in Pirelli Hangar Bicocca. Una riflessione assolutamente spiazzante degli esordi del cinema hollywoodiano, nel quale si riflette sull’idea di cancellazione, annullamento, estinzione.
La mostra continua con un altro film che dialoga direttamente con l’esterno: Caribs Leab (2002) è infatti è suddivisa in due parti, la prima trasmessa sulle pareti esterne dell’Hangar, e la seconda all’interno. La riflessione sul corpo umano e sulla cancellazione incontra qui la spettacolarità di un cielo vuoto, dove a malapena si scorgono figure umane in caduta libera. Il film-maker racconta così un avvenimento storico drammatico come la conquista francese di Grenada: i resistenti locali preferirono gettarsi da una scogliera, morire piuttosto che divenire schiavi.
Si torna poi a guardare verso il basso, questa volta a terra, dove giace Moonlight (2016), scultura composta da due rocce di marmo rivestite di una lamina d’argento riflettente che ci donano subito l’idea impattante di gravità. Nel buio della sala ci sembra nuovamente di toccare la terra, ma una terra universale, non di questo mondo, che porta con sé la distruzione e insieme la rigenerazione.
Difficile emotivamente affrontare l’ultima claustrofobica sala, nella quale Western Deep (2002) racconta la dura vita dei minatori della miniera d’oro di Tau Tona in Africa. Un’esperienza liminare se confrontare con l’ariosità e la limpidezza perturbante della prima opera.
La mostra curata da Vicente Todolì e realizzata in collaborazione con Tate Modern Londra sarà aperta al pubblico dal 31 marzo al 31 luglio 2022
Vincente Todolì: "Steve McQueen, la componente scultorea delle opere abita gli spazi del Pirelli HangarBicocca"
Vicente Todolì, direttore del Pirelli HangarBicocca e curatore della mostra Sunshine State di Steve McQuenn, a Il Giornale d'Italia ha spiegato:
“Far vedere film in questi spazi non è facile, ma in questo caso l’opera di Steve McQuenn ha una componente scultorea, è molto fisica. Abbiamo quindi interpretato le sue opere come film che hanno un’area di influenza: si appropriano non solo dello schermo ma di tutto quello che vi è intorno. Abbiamo pensato agli spettatori che girano attorno, attivando tutti gli spazi: l’alto, il livello dell’occhio, il pavimento, l’esterno ma anche la stanza finale, dove si ha la sensazione di scendere in una miniera.
Si tratta di un percorso nel mondo di Steve McQueen, dove vediamo con i suoi occhi. C’è una parte intima e una parte spettacolare. Steve McQuenn non fa illustrazioni, solo lo spettatore che osserva potrà carpire il messaggio finale. Certo nessuno resterà indifferente a quello che è rappresentato.”