Caso Ramy, chiuse le indagini: Fares e un carabiniere verso processo per omicidio stradale, gli altri 6 militari per falso e depistaggio
Sono 8 in tutti gli indagati, tutti vanno verso il rinvio a giudizio
Nuovi aggiornamenti sul caso Ramy. La procura di Milano ha chiuso le indagini sulla caso della morte del 19enne egiziano morto la notte del 24 novembre 2024. Fares Bouzidi, amico 22enne alla guida dello scooter Tmax, va verso il processo per omicidio stradale, così come il carabiniere Antonio Lenoci alla guida della volante. Il provvedimento di chiusura delle indagini fa emergere che ci sono altri sei carabinieri indagati, con diverse accuse: favoreggiamento e depistaggio per la cancellazione di video e file di testimoni, false informazioni ai pm e falso ideologico sul verbale d’arresto per resistenza di Bouzidi. L'accusa di falso riguarda anche il carabiniere che guidava la gazzella. Il militare è accusato anche di lesioni nei confronti di Bouzidi.
Caso Ramy, chiuse le indagini: Fares e un carabiniere verso processo per omicidio stradale, gli altri 6 militari per falso e depistaggio
La procura di Milano ha chiuse le indagini in merito al caso Ramy, il 19enne egiziano morto lo scorso anno dopo un inseguimento scattato perché Bouzidi non si era fermato ad un posto di blocco. Il giovane, in sella ad uno scooter Tmax, si era schiantato contro un semaforo dopo un presunto tamponamento, ed aveva avuto la peggio. Anche se una perizia firmata dall’ingegner Domenico Romaniello ha escluso totalmente lo speronamento.
Sorte diversa per il tunisino Fares Bouzidi. Il 22enne è stato condannato con rito abbreviato lo scorso giugno a 2 anni e 8 mesi per resistenza a pubblico ufficiale, e costretto a un risarcimento di 2mila euro per danni morali a favore di ognuno dei sei carabinieri che si erano costituiti parte civile nel processo. Il nome di Bouzidi compare in un'altra inchiesta separata, nel quale rischia il processo, così come il carabiniere alla guida.
Le accuse a carico dei carabinieri
Molto probabile il rinvio a giudizio anche per gli altri sei militari iscritti nel registro degli indagati, anche se per accuse diverse. Mario Di Micco, Luigi Paternuosto, Federico Botteghin e Bruno Zanotto devono rispondere di frode e depistaggio per aver fatto cancellare i video ripresi con un cellulare da due testimoni.
Antonio Lenoci, Luigi Paternuosto, Ilario Castello e Nicola Ignazio Zuddas devono rispondere di falsità ideologica commessa dal pubblico ufficiale in atti pubblici. Sono accusati di aver aver nascosto la presenza di una telecamera dashcam sull'auto e una bodycam personale, "dispositivi che riprendevano l'intera fase dell'inseguimento". Castello e Zuddas devono rispondere anche di falso per le dichiarazioni rese ai pubblici ministeri.