Milano, le intercettazioni CHOC dei 5 aggressori del 22enne bocconiano: "Magari schiatta bro', così non parla; voglio vedere se ho picchiato duro"
Decisive, per gli investigatori, sono i messaggi chat e le intercettazioni ambientali raccolte nella sala d'aspetto del Commissariato prima degli interrogatori. Le conversazioni raccolte dimostrano un preoccupante scollamento dalla realtà e l'assenza di rimorso verso quanto fatto
"Non lo sai... magari quel cogl*one è ancora in coma, domani schiatta e ti danno omicidio", "Ma speriamo bro', almeno non parla. Te non hai capito, io gli stacco tutti i cavi". Sono queste alcune delle numerose conversazioni scioccanti intercettate dagli investigatori prima di interrogare i 5 ragazzi accusati di aver aggredito, picchiato e accoltellato un 22enne bocconiano in zona Corso Como lo scorso 12 ottobre.
Milano, le intercettazioni CHOC dei 5 aggressori del 22enne bocconiano: "Magari schiatta bro', così non parla; voglio vedere se ho picchiato duro"
Dopo il commento lasciato da uno degli aggressori (il 17enne G.M.) il giorno dopo l'attentato sotto uno dei post social dell'europarlamentare leghista Silvia Sardone ("Il 7° non l'hanno scoperto ancora" riferendosi alla didascalia "6 aggrediti in una notte: Milano sempre più insicura"), sono altre le testimonianze inquietanti emerse dall'indagine delle chat degli aggressori e dalle intercettazioni nella sala d'aspetto della Questura milanese. Contro i cinque aggressori - tre minorenni di 17 anni e due appena maggiorenni di 18 anni - i poliziotti del Commissariato Garibaldi-Venezia hanno emesso ieri mattina cinque ordinanze cautelari a Monza e provincia, che forniscono il nitido spaccato della dilagante violenza urbana e della totale indifferenza per le conseguenze e la gravità delle azioni.
Le prime fonti testimoniali della crudeltà degli indagati arrivano direttamente dalle telecamere poste all'angolo tra via Rosales e viale Monte Grappa dove il 22enne era stato aggredito mortalmente per 50 euro intorno alle 3 di notte. In quelle immagini così nitide, l'audio è comprensibile: "Come sei ridotto! Torna a casa!" avrebbe canzonato uno del gruppo, e poi la scusa per l'avvicinamento, "Hai una sigaretta? Soldi da cambiare?" da cui poi è partita la ruberia, la fuga e il pestaggio. Dopo le perquisizioni, ulteriori, scioccanti riscontri sono giunti anche dalle chat dei cellulari sequestrati, da cui affiora un clima di banalità e odio senza ripensamenti: "La prossima volta lo scanniamo", "La prossima volta ci bardiamo così non ci riconoscono". Addirittura, le chat mostrano come gli aggressori avrebbero cercato di accordarsi per una versione comune da fornire per far sembrare l'aggressione un caso di legittima difesa: "Stava per estrarre qualcosa dalla tasca".
Ma, tra tutte, sono le intercettazioni ambientali registrate in Commissariato prima degli interrogatori a destabilizzare: nessun ripensamento, e anzi il desiderio di poterlo rifare se ve ne fosse l'opportunità. "Loro han messo tentato perché sta per morire... ma non è che lo volevamo uccidere" dice uno dei tre minorenni riferendosi al decreto di perquisizione. "Ma non c'entra un caz*o! - gli risponde un altro - ma non lo sai... magari quel co***one è ancora in coma, domani schiatta e ti danno omicidio". "Ma speriamo bro', almeno non parla. Te non hai capito, io gli stacco tutti i cavi". E ancora: "Dalle telecamere hanno ricostruito l’accaduto, però non so se si vede il video dove lo scanniamo" - "Io anche voglio vedere il video, voglio vedere se ho picchiato forte". Poi un altro arriva a proporre di documentare l'arresto sui social: "Facciamo una storia su Instagram?" - "Eh raga, però io voglio mettere la storia".
Discorsi sconnessi dalla realtà, intervallati da risate, sorrisi e mimiche di coltellate: "Bro, io ho fatto così… Min…a, l’ho scassato", "Ci incu*ano", fino all'ordine e alla classifica di chi fra loro è messo peggio in termini di responsabilità ("L’ordine è: C., io…") e le strategie difensive come andare in ospedale a trovare la vittima, poi ammettendo "Ma a me in realtà non me ne frega". I cinque aggressori, ora accusati di tentato omicidio pluriaggravato e rapina, si trovano ora tra il carcere di San Vittore e il Centro di prima accoglienza del Beccaria, mentre la vittima, ancora ricoverato in ospedale dopo aver più volte rischiato di morire per choc emorragico, rischia di rimanere invalido. Gli accusati provengono da famiglie medio-borghesi della "Milano bene", figli (ripetenti) di professionisti e impiegati.