Bambino ucciso a Muggia (TS), le parole di Olena Stasiuk tempo prima dell'omicidio del piccolo Giovanni di 9 anni: "Sono una brava mamma"

La donna, che pochi giorni fa ha sgozzato il piccolo di 9 anni, era stata seguita da vari centri di salute mentale, e sottoposta anche ad alcuni Tso; eppure ha avuto il permesso di incontrare il bambino senza nessuna supervisione

Il tragico omicidio avvenuto lo scorso 12 novembre a Muggia, in provincia di Trieste, ha scosso profondamente l’opinione pubblica. Durante un incontro genitoriale non supervisionato, Olena Stasiuk, 55 anni, ha ucciso il figlio Giovanni, di nove anni, tagliandogli la gola. Una vicenda drammatica che si intreccia con parole pronunciate tempo prima dalla stessa donna: “Io sono una brava mamma”.

La frase è stata diffusa dalla trasmissione televisiva Dentro la Notizia. Nel file audio, recuperato dalla giornalista Ilaria Dalle Palle, Olena Stasiuk racconta la nascita del bambino, la preparazione per accoglierlo e le cure prestate nei primi giorni di vita: “Il bambino è nato molto sano… Io sono una brava mamma, so come fare il bagnetto. Prima che nascesse abbiamo comprato tutto nuovo”. Non è chiaro quando siano state registrate queste parole, né in quale fase della vita della donna, ma il contrasto con quanto accaduto pochi giorni fa è evidente e inquietante.

Bambino ucciso a Muggia (TS), le parole di Olena Stasiuk tempo prima dell'omicidio del piccolo Giovanni di 9 anni: "Sono una brava mamma"

Dal fascicolo giudiziario emerge una vicenda segnata da anni di tensioni familiari e allarmi ignorati. Nel giugno 2023, Giovanni aveva confidato ai carabinieri: “Mamma ho provato a strozzarmi, ho paura”, e ancora: “La mamma mi ha preso per il collo, stringendolo con entrambe le mani”. Queste dichiarazioni, insieme a verbali, denunce e relazioni degli assistenti sociali, sono contenute nei circa 5mila documenti raccolti dall’avvocata Gigliola Bridda, che ha rappresentato per anni il padre del bambino, Paolo Trame. La legale ha definito la vicenda “monitorata dalle istituzioni ma sottovalutata nei suoi passaggi decisivi”.

Gli atti giudiziari riportano episodi risalenti fino al 2018. In quell’anno, Olena Stasiuk avrebbe dichiarato agli operatori sociali: “O Giovanni resta con me, oppure sono disposta ad uccidere il bambino, a uccidermi, buttandomi nel mare. E a uccidere anche Paolo”. Nel corso degli anni, la donna è stata seguita dal Centro di Salute Mentale di Trieste, sottoposta a trattamenti sanitari obbligatori e monitorata dai servizi territoriali, con diagnosi di disturbi psichiatrici. Diverse denunce presentate dal padre sono state archiviate, tra cui quella relativa a un presunto tentativo di strangolamento del bambino: secondo la procura, i segni sul collo — guaribili in tre giorni — potevano essere compatibili anche con un “evento accidentale”.

Resta da chiarire come mai, nel maggio scorso, il tribunale civile abbia autorizzato incontri non protetti tra madre e figlio, dopo anni di visite vigilate e nonostante le segnalazioni ripetute. Sono state aperte due inchieste: una penale, per accertare le circostanze che hanno permesso alla donna di restare sola con il bambino; e una ministeriale, avviata dal Guardasigilli, per verificare la correttezza delle procedure adottate dalle istituzioni competenti.