Suicidio di Paolo Mendico, quando la scuola non protegge dal bullismo e dai compagni, e neanche le istituzioni della Repubblica
Non conoscevo Paolo. Ma da quando ho letto la sua storia, è come se non riuscissi a smettere di pensarci
Non conoscevo Paolo. Ma da quando ho letto la sua storia, è come se non riuscissi a smettere di pensarci. Aveva 14 anni, viveva a Santi Cosma e Damiano, un piccolo paese che potrebbe essere il mio, il tuo, quello di chiunque. Aveva i capelli lunghi, amava la musica, pescava con suo padre. Era un ragazzo come tanti, ma è stato trattato come nessuno dovrebbe mai esserlo.
Il giorno prima dell’inizio della scuola, Paolo si è tolto la vita. Ha lasciato un messaggio ai suoi compagni: “Conservatemi un posto in prima fila”. Una frase che mi ha trafitto. Perché dietro quelle parole c’è tutto: la voglia di esserci, di essere visto, di contare qualcosa. E invece, per troppo tempo, Paolo è stato ignorato, deriso, isolato.
Le ferite invisibili
Il bullismo che ha subito non era solo fatto di parole. Era fatto di sguardi, di silenzi, di esclusioni. Lo chiamavano “Paoletta”, lo prendevano in giro per i capelli, lo minacciavano. E quando la sua famiglia ha cercato aiuto, ha trovato porte chiuse, risposte vaghe, silenzi istituzionali.
Io non so cosa sarebbe successo se qualcuno avesse ascoltato davvero. Ma so che oggi siamo tutti un po’ più poveri. Perché Paolo non c’è più, e perché il suo dolore è diventato il nostro fallimento.
E ora
La procura indaga, il Ministero manda ispettori, la scuola si difende. Ma tutto questo non riporterà Paolo indietro. Quello che possiamo smettere di voltare lo sguardo quando vediamo qualcuno in difficoltà.
La scuola dovrebbe essere un posto sicuro per tutti. Non solo per chi eccelle, non solo per chi si adatta, ma anche e soprattutto per chi è diverso, sensibile, fragile. I professori devono essere presenti, vigili, pronti a intervenire quando c’è un atto di bullismo. Non basta insegnare le materie: bisogna insegnare il rispetto, la gentilezza, il coraggio di difendere chi non riesce a farlo da solo.
Perché il bullismo non è solo un problema scolastico. È un problema culturale, sociale, umano. E finché non lo affrontiamo tutti insieme, continueremo a perdere ragazzi come Paolo.
Di Nico Combattelli Popoli (Pe)