Storia di Luca Simoni, ex direttore Cassa di Risparmio di San Marino accusato di riciclaggio nel caso Varano, poi archiviato: "Vittima giustizia per 17 anni"
Processo Varano: 17 anni di calvario per oltre 60 persone fisiche e giuridiche, milioni perduti e milioni spesi per una archiviazione perché il "fatto non costituisce reato". Ecco la lettera esclusiva di Luca Simoni, protagonista dello scempio giudiziario, per Il Giornale d'Italia
Gentilissimo Direttore,
il Suo Giornale è stato uno dei pochissimi (a parte Sole 24 Ore inserto PLUS e Il Foglio) a riportare la notizia che a inizio giugno è stato notificato il provvedimento del GIP che ha archiviato gli ultimi 4 indagati del processo penale nominato, al momento della conferenza stampa del PM Di Vizio, come “Varano”.
La vicenda del Gruppo Delta e della Cassa di Risparmio della Repubblica di San Marino era iniziata nel 2008. Centinaia di posti di lavoro perduti, un gruppo attivo nei finanziamenti al consumo liquidato. Il libro del Prof Patalano "Omicidio di Impresa" che riporta tra le esperienze più negative della distruzione di valore proprio il caso del Gruppo Delta. Vite rovinate per sempre. E al 17° anno giunge l'archiviazione di un procedimento mai iniziato nel dibattimento.
Il GIP ha firmato il 18 marzo 2025 la fine di un mostro giudiziario che è iniziato nel luglio del 2008 con il sequestro di un furgone portavalori della ditta Battistolli che, partito da Forlì dove al Monte dei Paschi di Siena aveva caricato banconote, si dirigeva a San Marino per fornire di banconote gli Istituti di Credito della piccola Repubblica che non batte e non può battere moneta e che quindi, grazie ad una Convenzione Monetaria tra Paesi esistente da tantissimi anni, si riforniva di banconote dall’Italia.
Da lì nasce tutto, primo atto di significativa prepotenza giudiziaria, ma l’esplosione dell’inchiesta si manifesta in tutta la sua forza il 5 maggio 2009 quando 5 persone (tra cui il sottoscritto) vennero arrestate alle 22,00 davanti alle telecamere di Report, e vennero notificati immediatamente dopo oltre 40 avvisi di garanzia a esponenti e dirigenti della Cassa di Risparmio della Repubblica di San Marino, agli esponenti della Fondazione Cassa di Risparmio della Repubblica di San Marino (socio al 100% della Banca) e ad esponenti e dirigenti del Gruppo Delta di Bologna, di cui Cassa di Risparmio della Repubblica di San Marino era socio, che era attivo nella concessione di prestiti personali, finanziamento al consumo e cessione del quinto dello stipendio.
Io sono stato chiuso in carcere 19 giorni, il Tribunale del Riesame di Bologna respinse in udienza la richiesta del mio avvocato di poter accedere almeno agli arresti domiciliari, che arrivarono solo appunto 19 giorni dopo, quando venne accolto un ricorso per attenuare la pena detentiva. Stessa sorte per gli altri arrestati e rinchiusi in carcere (presidente della Cassa di Risparmio, un consigliere della stessa Banca e che era anche Amministratore Delegato del Gruppo Delta, Paola Stanzani, e il direttore della società fiduciaria di Cassa di Risparmio). Gli arresti domiciliari vennero concessi con divieto di qualsiasi contatto, anche telefonico, con terzi esterni che non facessero parte del nucleo familiare residente nell’abitazione.
I provvedimenti cautelari – carcerazione preventiva, arresti domiciliari - come sanno tutti hanno una durata massima. Dopo 6 mesi alla persona “cautelata” vengono tolte le cautele e può attendere il proprio processo in una situazione meno disagevole del carcere o degli arresti domiciliari. Nel nostro caso il PM, assecondato dal GIP, trascorso il termine massimo chiese e ottenne per noi cautelati il domicilio coatto, che costringe una persona a non muoversi da casa sua e dal Comune in cui si trova la casa.
In questo periodo di provvedimenti cautelari e restrittivi, sono stato oggetto di reiterate insistenze, fatte da chi ha montato l’inchiesta e da chi collaborava con gli inquirenti medesimi, perché patteggiassi. Fin dal primo giorno in carcere. Il patteggiamento mi avrebbe garantito una scorciatoia per tornare a casa ma un sicuro destino finale di vedere disconosciuta ogni mia ragione di cui invece sono sempre stato convinto.
Così ho vissuto gli ultimi 17 anni in attesa che almeno il processo iniziasse, con la possibilità di difendermi in aula davanti ad un tribunale giudicante che non fosse influenzato dalle attività investigative e dal protagonismo di chi le aveva impiantate. La garanzia di GIP e GUP, in tal senso, furono del tutto inesistenti.
Il Tribunale di Forlì, invece, nel dicembre 2021 emise una ordinanza con cui l’inchiesta venne completamente annullata, riportando alla “casella 0” tute le attività di indagine fino ad allora costruite. Non erano chiaramente esposti e declinati i capi di imputazione e questo rendeva impossibile qualsiasi tipo di difesa. Il processo quindi ripartiva da capo. Nel febbraio 2023 è poi sopraggiunto un provvedimento di archiviazione richiesto dal PM e avallato dal GIP (che erano nel frattempo cambiati entrambi rispetto a quelli iniziali) a favore di tutti gli indagati al di fuori dei 4 che erano stati “cautelati” (il quinto indagato cautelato nel frattempo, purtroppo, era deceduto). Solo dopo altri 2 anni finalmente è arrivata l’archiviazione anche per gli ultimi 4 perché “il fatto non costituisce reato”.
Posseggo tutto il materiale e lo metto a disposizione di chiunque abbia voglia di approfondire questo scempio che si è fatto della Giustizia.
Persone che hanno perso il lavoro (il Gruppo Delta aveva dipendenti diretti ed indiretti per circa 1.000 unità), vite rovinate perché da indagati per reati finanziari tra cui riciclaggio non è possibile neanche aprire un conto corrente, quindi figuriamoci trovare lavoro o anche creare una attività in proprio.
Danni economici enormi procurati alla Cassa di Risparmio della Repubblica di San Marino, che al momento dei i fatti del 2008 aveva un patrimonio di 630 milioni di € e che è stata salvata dallo Stato di San Marino con 2 aumenti di capitale per oltre 140 milioni di €. La Fondazione che deteneva la Cassa di Risparmio ora non esiste più, essendo stata liquidata perché il suo investimento non esisteva più.
Personalmente ho subito umiliazioni e prese in giro, ho dovuto tenere duro davanti alle insistenze di richiesta di patteggiamento, mi sono stati sequestrati beni ed effetti personali o non più restituiti (ad esempio l’autovettura e i telefoni cellulari) o che quando mi sono stati restituiti non erano più utilizzabili perché rovinati in occasione degli accessi di indagine alle memorie (un Ipod, un PC), con perdita di fotografie e materiale personale che nulla avevano a vedere con le ingiuste accuse che mi erano state mosse.
Sono momenti di vita perduti per sempre, anche quelli dei ricordi fotografici (due anni prima del mio arresto ho perso un figlio e molte fotografie sono andate perdute perché le avevo nell’Ipod che mi è stato restituito inutilizzabile).
Le immagini trasmesse da Report e che riguardavano il mio arresto sono giunte alla redazione in una busta anonima, e loro le hanno trasmesse ugualmente. Ovviamente questa è la versione ufficiale che risulta dagli atti del procedimento civile che ho intentato contro trasmissione e contro la RAI e che mi ha visto (ovviamente) soccombere davanti ad un giudice monocratico del tribunale di Bologna e, successivamente, anche in appello sempre a Bologna. Non sono andato oltre ricorrendo in Cassazione perché avevo già speso un sacco di soldi a causa delle due soccombenze, anche per la parcella del prof. Rufolo, avvocato della Rai.
Questa è l’Italia. Non avrò mai giustizia e i magistrati inquirenti, GIP, GUP, giudici del tribunale civile e della corte di appello continueranno imperterriti a fare la loro attività, senza ricordarsi nemmeno degli errori che hanno commesso, senza neanche minimamente pensare che forse prima di rovinare la vita degli altri bisognerebbe riflettere e non pensare solo alla possibilità di erigersi a protagonisti in una vita che è già abbastanza difficile di per sé e che non avrebbe bisogno di questi acceleratori di malessere.
Di Luca Simoni