La Spezia, convalidato l'arresto dell'uomo accusato di aver ucciso l'ex moglie, la collega della donna teste chiave
In alcuni messaggi, inviati dopo il delitto, Umberto Efeso accusa i sei figli: "E' colpa loro, hanno plagiato la madre. Ora devono piangere lacrime amare"
È stato convalidato l'arresto di Umberto Efeso, il camionista di 57 anni che ha ucciso a coltellate la moglie Tiziana Vinci nella villa dell'imprenditore della Spezia presso cui la donna, che aveva 54 anni, lavorava. Confermata l'ipotesi di reato, ovvero omicidio volontario pluriaggravato dalla premeditazione e dal vincolo coniugale: nell'ordinanza di convalida firmata dalla giudice Lottini, la ricostruzione dell'uccisione in base alle parole della testimone, la collega della vittima, che ha assistito all'omicidio e che ha riferito le parole di Efeso alla moglie dopo la prima coltellata al fianco: “Non dovevi mettermi contro i figli”.
Secondo quanto ricostruito, l’uomo ha in qualche modo confessato di aver ucciso la donna al datore di lavoro, l'imprenditore Alessandro Laghezza, che era anche il datore di lavoro della vittima, con un messaggio vocale: alle 11.48 del giorno del delitto ha inviato al cellulare di Laghezza il messaggio nel quale si scusava e chiedeva perdono, incolpando i figli di aver “condizionato la madre”. Nel messaggio si sente dire che “ora devono piangere amaro, la devono tenere sulla coscienza. Loro l'hanno ammazzata, io l'amavo mia moglie. Era la vita mia, mia moglie”. Poco prima, alle 11.30 circa, Efeso ha mandato un messaggio vocale anche a un amico: “Ho ammazzato mia moglie” ha detto, anche in questo caso incolpando i figli. "Devono piangere amaro, la devono avere sulla coscienza. Loro l'hanno ammazzata, io l'amavo ma moglie. Era la vita mia mia moglie". Sono le parole pronunciate dal trasportatore spezzino di 57 anni accusato di omicidio e riportate nell'ordinanza che convalida l'arresto.
Il giorno in cui Efeso si era costituito si era avvalso della facoltà di non rispondere: ma poco prima con una serie di messaggi vocali aveva sostanzialmente confessato al datore di lavoro quello che aveva fatto. Confessioni tecnicamente 'stragiudiziali' che vengono corroborate anche dalla testimonianza della collega di Tiziana che ha assistito all'omicidio. È lei che ha ricostruito quello che è successo, è lei che ha detto che Efeso è entrato nel locale lavanderia con un coltello a serramanico "già aperto" e che senza dire una parola ha colpito Tiziana subito al fianco sinistro. A quel punto, questa la testimonianza della donna, le ha detto "mi hai messo contro i figli" e subito dopo è arrivata la seconda coltellata al ventre e la terza al petto. La collega di Tiziana ha provato a intervenire ma, ha detto agli inquirenti, Efeso le ha puntato il coltello e l'ha minacciata. Alla fine, mentre Tiziana si accasciava in un lago di sangue l'uomo è scappato. E dopo poco, sul cellulare della testimone è arrivato un messaggio: "Digli a tutti che sto andando a consegnarmi. Tanto la vita mia era già finita".
È nel tragitto tra la villa dell'imprenditore dove sia lui che Tiziana lavoravano e la caserma dei carabinieri di Ceparana che Efeso compie una serie di gesti: seppellisce il coltello usato ai margini di un bosco (sarà lui stesso a farlo ritrovare ai carabinieri) e manda una serie di messaggi vocali. Il primo all'imprenditore Alessandro Laghezza nel quale dice di aver ammazzato Tiziana, chiede perdono e incolpa i suoi sei figli: e ora - ha detto nel messaggio vocale - devono piangere amaro, la devono tenere sulla coscienza. Loro l'hanno ammazzata, io l'amavo ma moglie. Era la vita mia mia moglie". Il secondo lo invia a un amico storico. E' lo stesso amico a spiegare ai carabinieri che Efeso gli aveva confidato come si sentisse "disperato" e che era "vittima dei figli" che secondo lui "avevano condizionato la madre". Tre i messaggi vocali all'amico. In uno di questi afferma di aver "ammazzato mia moglie" e torna a incolpare i figli: "ma l'hanno ammazzata i figli", "hanno condizionato il cervello della madre". Analoghi messaggi li ha inviati al fidanzato di una delle figlie. Poi Umberto Efeso è andato a costituirsi.