Genova, autopsia e analisi del taser per far luce sulla morte dell'uomo che si è scagliato contro i carabinieri
I due militari indagati per omicidio colposo: “Bani avvisato prima delle scariche”. Sarà ispezionata la memoria interna dei dispositivi. Forse l'uomo aveva assunto cocaina
L’inchiesta sulla morte di Elton Bani, il quarantunenne albanese deceduto domenica pomeriggio dopo aver subito quattro scariche elettriche emesse dai taser di due carabinieri che cercavano di bloccarlo mentre dava in escandescenze, procede in queste ore principalmente su due binari. Uno è quello delle cause esatte del decesso, che vedrà nell’autopsia prevista per oggi pomeriggio - e negli esami tossicologici che saranno avviati - un passaggio importante. L’altro è quello della ricostruzione della dinamica dell’intervento dei militari. E su questo fronte potrebbero risultare importanti non solo le testimonianze che gli investigatori stanno raccogliendo. Ma anche le due memorie informatiche contenute all’interno delle pistole elettriche sequestrate dopo la tragedia, avvenuta nell’androne del palazzo di via Mattei a Manesseno, comune di Sant’Olcese, dove l’uomo abitava con il fratello. Due piccole “scatole nere” che sono presenti nei taser in dotazione alle forze di polizia italiane e che registrano le attività compiute con quelle apparecchiature. Non è escluso, quindi, che nei prossimi giorni la Procura valuti la possibilità di affidare una consulenza per esaminarle.
L’obiettivo degli inquirenti, coordinati dal sostituto procuratore Paola Calleri, è innanzitutto quello di valutare la proporzionalità fra la minaccia rappresentata da Bani, che secondo la dinamica ipotizzata sinora si è scagliato violentemente contro i quattro carabinieri presenti ferendoli tutti e la risposta attuata per immobilizzarlo: quelle quattro scosse elettriche. Si tratta di un principio importante, per la Procura, per definire come legittimo o meno il comportamento dei due militari che hanno usato i loro taser. E che sono indagati per omicidio colposo. Si tratta di un brigadiere di 37 anni e di un appuntato di 36 del nucleo radiomobile.
Secondo quanto dichiarato dai due carabinieri che hanno sparato i dardi elettrici il quarantunenne sarebbe stato avvisato dell’imminente utilizzo della pistola elettrica. Avrebbero infatti urlato la parola «taser». Le prime scosse non avrebbero fermato l’aggressività di Bani. Ecco perché, secondo i militari, è stato necessario colpirlo ancora, con l’obiettivo di immobilizzarlo. L’autopsia stabilirà se, come la dinamica fa intendere, vi sia stato un arresto cardiocircolatorio collegato a quegli impulsi. E se il quarantunenne soffrisse di patologie cardiache connesse all’eventuale uso di cocaina. Proprio i risultati degli esami tossicologici spiegheranno se domenica fosse alterato da qualche sostanza