Strage di Nuoro, il figlio 14enne sopravvissuto alla furia del padre: “Sono rimasto immobile e finto morto, a casa urlavano tutti”

Il figlio 14enne sopravvissuto alla strage ha dichiarato di essersi “finto morto” ed essere “rimasto immobile” dopo gli spari del padre per non morire. Roberto Gleboni era ricordato da tutti come un “uomo tranquillo” ma non dalla famiglia della moglie Giusi che ne da, invece, un ritratto totalmente diverso

Il 14enne sopravvissuto alla furia omicida del padre Roberto Gleboni ha dichiarato di essersi salvato perché è “rimasto immobile dopo gli spari” ed ha finto di “essere morto”. Il giovane è ora ricoverato nel reparto di Otorinolaringoiatria dell'ospedale San Francesco di Nuoro, dopo un intervento per la rimozione di alcune schegge dalla mandibola. Roberto Gleboni ha ammazzato sua moglie Giusi, la primogenita Martina, il figlio piccolo Francesco di 9 anni e un suo vicino di casa. Dopo la strage in cui ha tentato anche di uccidere l'altro figlio 14enne, si è tolto la vita a casa dell'anziana madre, anche lei ferita.

Il 14enne sarà ascoltato oggi dall'avvocato Antonio Cualbu, in modalità protetta, con il supporto di uno psicologo infantile e di un tutore. Il ragazzo, unico testimone oculare sulla scena del delitto, potrebbe fornire una spiegazione sulla strage e svelare il movente rimasto ancora un mistero. Le indagini proseguono su diverse direzioni, ad esempio, verranno acquisiti i documenti sanitari di tutti i componenti della famiglia Gleboni-Massetti e quelli riguardanti la loro situazione finanziaria.

Strage di Nuoro, il figlio 14enne sopravvissuto alla furia del padre: “Sono rimasto immobile e finto morto”

Roberto Gleboni, autore della strage, aveva conosciuto sua moglie Giusi Massetti molto giovane e diventano genitori quando lei non aveva nemmeno 18 anni. Negli anni sono poi arrivati gli altri due figli e Giusi ha continuato la sua vita come casalinga, dedicandosi completamente alla famiglia. Dalle testimonianze pare che Giusi amasse il marito come anche la sua primogenita Martina che gli aveva dedicato persino la tesi di laurea. Gleboni dunque si riteneva “appagato dalla sua famiglia” nonostante i primi scontri con la famiglia della moglie che non aveva mai accettato la gravidanza precoce della figlia. “Tra le due famiglie non c'era praticamente rapporto”, avevano dichiarato alcuni testimoni.

“Liti più frequenti nell'ultimo periodo”

Da quanto è emerso di recente erano aumentati i litigi nella coppia: “Soprattutto per la forte chiusura dell'uomo nella gestione familiare”, hanno riferito i testimoni. Giusi pare avesse chiesto a Roberto più libertà per lei e sua figlia Martina. Secondo gli investigatori questo potrebbe essere forse l'innesco della strage. I vicini continuano a descriverlo come una persona tranquilla e “attaccatissima a moglie e figli”. Il segretario della Fai Cisl, Bruno Olivieri, che lo conosceva bene ha affermato: “Io ho conosciuto una persona gentile, leale, collaborativa e sempre disponibile nelle iniziative in favore dei lavoratori. Ci ho parlato diverse volte e non ho colto mai nulla di strano”.

Si indaga sul profilo psicologico

Il ritratto di Gleboni fatto dai conoscenti è pero diverso da quello fatto da amici e parenti della famiglia di Giusi. Quest'ultimi non hanno nascosto che l'uomo: “Era una persona possessiva e con la mania di controllo su moglie e figli”. Gli inquirenti stanno ora indagando sul profilo psicologico dell'omicida. Infatti, uno dei suoi fratelli ha un disturbo psichiatrico accertato e si pensa che anche Roberto possa avere uno stato patologico o depressivo latente. È stato ascoltato anche il suo medico che, però, al di fuori di un problema urologico non ha dichiarato altri problemi.