Omicidio in barberia a Genova, udienza preliminare fissata il 19 aprile, Bob e Tito rischiano l'ergastolo

Il pm contesta ai due gestori del negozio dove lavorava la vittima, il diciottenne Sayed Mohamed Abdalla, l'omicidio volontario. Il movente? La richiesta di soldi del ragazzo

Si terrà il 19 aprile l'udienza preliminare davanti al gip Angela Nutini per i due egiziani arrestati per l'omicidio avvenuto nella loro abitazione di Sestri Ponente del giovane connazionale Sayed Mohamed Abdalla, il barbiere diciottenne egiziano il cui cadavere, decapitato e con le mani mozzate era stato recuperato nel luglio dello scorso anno nel mare tra Chiavari e Santa Margherita. Kamel Abdelwhab detto "Bob" e Mohamed Abdelghani detto Tito rischiano l'ergastolo per le aggravanti di premeditazioni e i futili motivi. Solo se non verrà contestata una delle due aggravanti potrebbero accedere al rito abbreviato ed evitare il carcere a vita. Ipotesi però che appare molto remota. I due poche ore prima del delitto avevano comprato una mannaia in un negozio.

I due assassini avevano deciso di punire la vittima perché voleva denunciarli, sentendosi sfruttata visto che lavorava 12 ore al giorno pur essendo pagata per 4. E «dubbi» sono manifestati dal pubblico ministero pure nei confronti del capo dell’attività, fuggito in Egitto prima che l’indagine incastrasse gli esecutori materiali dell’omicidio. Sono i dati salienti contenuti nella richiesta di rinvio a giudizio a carico di Abdelwahab Kamel detto Tito, egiziano di 27 anni, e di Abdelghani  Ali detto Bob, suo connazionale ventiseienne. Il pm Daniela Pischetola li accusa dell’omicidio premeditato di Mahmoud Abdalla, parrucchiere di 19 anni che lavorava nel “Barber Shop Alì” di via Merano a Sestri Ponente, e che massacrarono il 23 luglio 2023 in un appartamento di via Vado usato come dormitorio dallo stesso Mahmoud e da altri dipendenti del negozio.  Dopo aver straziato il giovane, i due killer posizionarono il suo corpo in una valigia, lo trasportarono  a Chiavari dove gestivano un altro salone e qui, una volta smembrato, abbandonarono i resti nel torrente Entella.
Tito e Bob erano i gestori dell’esercizio rimasti in Italia dopo che a fine giugno 2023, un mese circa prima del delitto, la Guardia di Finanza aveva condotto un’ispezione nella barberia, durante la quale Mahmoud aveva segnalato anomalie. Il titolare dell’attività, Mohamed Alì detto Aly, fratello di Bob, aveva lasciato l’Italia il 26 giugno, sette giorni dopo il blitz delle Fiamme Gialle.   E nella richiesta di processo il magistrato sottolinea come i due assassini abbiano mostrato «scarsa collaborazione nel far comprendere il reale ruolo di Alì, dall’Egitto, nell’intera vicenda, essendo quest’ultimo un soggetto che con ogni probabilità ben sapeva molte cose, ma il cui esatto ruolo non è stato possibile appurare con sufficiente certezza». Dall'analisi dei cellulari compiuta dai carabinieri nel corso delle indagini è infatti emerso che proprio Alì, formalmente mai indagato, ordinò a Tito poche ore dopo l’aggressione mortale di cancellare le chat. E nei giorni successivi gli fece una telefonata, registrata, in cui sembrava volerlo incastrare come unico responsabile dell’omicidio, avendo poi fatto recapitare il file agli inquirenti.