Terremoto dell'Irpinia, oltre 3mila morti nel sisma che sconvolse il meridione
Il 23 novembre del 1980 una scossa di terremoto del settimo grado della scala Richter devastò il territorio dell'Irpinia provocando quasi 3mila vittime
Era la sera del 23 novembre 1980 quando una scossa di terremoto di 6,9 gradi della scala Richter sconvolse il territorio dell'Irpinia, lasciando una ferita ancora oggi aperta su un'area dell'Italia meridionale già caratterizzata da povertà ed emarginazione. Il sisma provocò infatti 2.914 vittime accertate, oltre a 8.848 feriti e a circa 280mila sfollati con interi paesi rasi a suolo e danneggiamenti delle infrastrutture che si ripercossero fino a Napoli e anche nelle regioni confinanti con la Campania. Un tragico evento che mostrò ancora una volta al pubblico l'inadeguatezza e l'impreparazione del Paese di fronte ai grandi fenomeni sismici che lo caratterizzano.
Terremoto dell'Irpinia, la scossa il 23 novembre 1980
La scossa di terremoto venne registrata alle ore 19:34:52 e durò circa 90 secondi, con epicentro nella località Viaticale ed ipocentro ad appena 10 chilometri di profondità nel sottosuolo. L'energia scaturita dal sisma colpì duramente decine di comuni circostanti, radendo al suolo i comuni avellinesi di Conza della Campania, Lioni, Sant'Angelo dei Lombardi, Senerchia e Calabritto e quelli salernitani di Laviano, Castelnuovo di Conza e Santomenna. Su questi infatti gli effetti della scossa furono del decimo grado della scala Mercalli, anche se crolli e distruzioni avvennero anche a decine di chilometri di distanza dall'epicentro del sisma.
Nelle prime ore successive al terremoto non era del tutto chiara l'entità del disastro, anche perché la scossa interruppe le principali linee di comunicazione. Fu soltanto durante la mattinata del 24 novembre che i soccorritori saliti sugli elicotteri da ricognizione poterono accertarsi delle effettive dimensioni della tragedia. In totale furono 679 i comuni interessati dal sisma, di cui il 74% danneggiati da crolli delle infrastrutture. Si trattava in ogni caso di un patrimonio edilizio già fragile, in quanto danneggiato dai precedenti terremoti del 1930 e del 1962.
Il ritardo nelle operazioni di soccorso
A condizionare in negativo il bilancio finale dei morti e dei feriti fu principalmente il ritardo con il quale venne allestita la macchina dei soccorsi. All'epoca infatti non esisteva ancora un servizio nazionale di Protezione Civile che coordinasse le operazioni di salvataggio, le quali furono oltretutto ostacolate anche dall'impervio territorio nel quale il terremoto era avvenuto.
Queste problematiche vennero evidenziate anche dall'allora presidente della Repubblica Sandro Pertini, che si recò personalmente sui luoghi della tragedia nella giornata del 25 novembre assieme al ministro degli Esteri Emilio Colombo. Le dure parole di accusa lanciate dal capo dello Stato causarono l'immediata rimozione del prefetto di Avellino e le dimissioni del ministro dell'Interno Virginio Rognoni ed ebbero come effetto secondario la mobilitazione di migliaia di volontari, che da tutta Italia accorsero in Irpinia per aiutare nelle operazioni di salvataggio. Secondo le più recenti stime, i danni causati dal terremoto dell'Irpinia ammonterebbero a una cifra (attualizzata al cambio lira-euro) di circa 66 miliardi di euro, come calcolato dal giornalista Sergio Rizzo nel 2010.