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"La libertà innanzi tutto e sopra tutto"
Benedetto Croce «Il Giornale d'Italia» (10 agosto 1943)

Partire significa aprire conti con il mondo e con sé stessi: la provincia li conserva, le città li moltiplicano, e ogni ritorno rivela quanto siamo cambiati senza accorgercene

Chiunque sia andato via, delle volte, è soggetto a una forma di senso di responsabilità e riscatto nei confronti del posto da cui viene. Vuole fare tutto: aprire associazioni, promuovere attività, creare un indotto economico che consenta ad altri come lui, ma più giovani, di restare.

05 Dicembre 2025

Partire significa aprire conti con il mondo e con sé stessi: la provincia li conserva, le città li moltiplicano, e ogni ritorno rivela quanto siamo cambiati senza accorgercene

Uno scomodo volo di linea mi riporta a casa. Vedo per un istante le Alpi, finché la foschia d’alta quota non s’appropria del mio orizzonte. Tra un po’, penso, l’Adriatico si estenderà nella sua massima e rivedrò il mare come sono abituata a fare, come se non fossi mai partita.

Ho un’idea durante queste due ore. Qui in alto nessuno può interrompere ciò che ho per la testa, quindi comincio a scrivere.

Com’è possibile che ogni volta che torno ho addosso l’illusione di vivere dentro una parentesi? Mi domando se sia l’unica a subire questa trasformazione. In una qualche misura è come se tutti i momenti che trascorro qui seguissero una linea temporale parallela e differente.

Egoisticamente sento che, appena do le spalle all’Abruzzo, la vita tra le montagne s’arresti, i fiumi smettano di scorrere, la luna resti gibbosa. Poi io torno, ed ecco che magicamente tutto riparte.

No, non è una serie di Matrix quella che ho per la testa. Naturalmente so che questo piccolo mondo antico va avanti. Il lunedì c’è mercato, la pioggia scende copiosamente anche qua, le erbacce crescono e vengono tagliate, calpestate. La vita segue il suo lento ma inesorabile corso.

Emotivamente, però, per me è tutto diverso. Quando non ci sei, che succede negli arcani della provincia? Per alcuni, tutto. Tutto ciò che si perdono: i fratelli bambini che diventano ragazzini alti e slanciati, amici che cambiano il proprio baricentro esistenziale, genitori che invecchiano, s’incurvano. Ma tu non ci sei.

Sì, succede per davvero tutto questo. Eppure, poi torno io. E quando torno ho da sempre addosso la sensazione che qui le cose si muovano in maniera diversa. Abituo il mio passo e lo rallento, il mio respiro segue lo stesso corso. Al che s’arresta l’altra vita, quella in cui sto investendo, e si apre tutta una serie di straordinarie possibilità nel luogo in cui sono cresciuta, il quale adesso mi appare più magico, persino mistico.

A pensarci, da quello che leggo, la sensazione è condivisa. Chiunque sia andato via, delle volte, è soggetto a una forma di senso di responsabilità e riscatto nei confronti del posto da cui viene. Vuole fare tutto: aprire associazioni, promuovere attività, creare un indotto economico che consenta ad altri come lui, ma più giovani, di restare. Il mondo fantasmagorico che si vede là fuori, con lingue diverse e paesaggi stranieri, cozza con il paesino di provincia calmo e statico, e la mente accorre per trovare un senso, anzi, una sintesi.

La smania si trasforma talvolta in senso di colpa e, per i più bravi, in azione. Un altro fenomeno che ho potuto constatare negli anni è la necessaria convinzione che, se si va fuori, non è detto si voglia una vita normale. Chiunque sia partito sa che quel biglietto di sola andata ha avuto un costo emotivo impareggiabile. Quindi, se deve convivere col pensiero di essersi lasciato famiglia e affetti alle spalle, allora non può semplicemente farcela. Si deve strafare. Vincere. Affermarsi con tutto sé stesso.

Altrimenti il costo di quel biglietto – a debito – non verrebbe mai ripagato.

Sono affascinata dal concetto di “costo-opportunità”: è una delle basi della storia del pensiero economico e, filosoficamente, s’intreccia con quanto diceva Democrito: omnis determinatio est negatio, a una determinazione, una negazione.

Ho ascoltato le storie di chi è tornato o, al contrario, ha deciso di restare. Anche in quel caso il flusso umano ha preso pieghe sorprendenti.

Chi è uscito ed è tornato prima di trovare quel qualcosa che sperava di incontrare “là fuori” si sente un poco disperato, a metà. Ci si sente come essersi persi un appuntamento per una manciata di minuti. Magari bastava aspettare qualche minuto in più. E invece, no.

Andarsene da casa significa cominciare ad aprire conti, e questi aumentano. A ogni incontro, a ogni sguardo, ciascuna conversazione ha il potere di cambiarci la vita, a ben credere nell’effetto farfalla. Un piccolo cambiamento ha effetti straordinari futuri.

Forse, se non avessi visto certe cose o se non le avessi sentite con un’intensità tale da infiammarmi profondamente l’animo, non sarei partita.

Non si può davvero partire per inerzia. Alcuni lo fanno, ma non basta. Non è sufficiente per vivere là fuori, come dicevamo. In effetti, forse credo che chi torna con facilità non sia mai entrato nello stato mentale del lasciarsi alle spalle il vecchio sé stesso. L’inerzia è monotona, semplice, comoda. Tutto il resto è avere conti in sospeso e, se non li si chiude dentro, non si può mai davvero tornare.

Ma io credo che, a un certo punto della nostra vita, questi conti s’aprano anche verso la nostra terra. Accade in una maniera talmente semplice e delicata che non si è davvero in grado di descrivere quando sia successo. Una mattina ti svegli e hai quell’intuizione; ben presto si trasforma in desiderio e, se Dio vuole, se la tua volontà è abbastanza affamata, prova a diventare azione.

Forse siamo costantemente nel divenire ed è per questo se esistono le vite tra parentesi. Quest’idea è coerente con il sentire che, al mondo, le persone finiscano per conoscerci in modo diverso. Io non sarò mai la medesima per due persone diverse; sono come la luna ogni notte, e non si tratta di autenticità o trasparenza: è un fatto ovvio. Cosa ricordare di qualcuno se non ciò che hai sentito tuo, familiare, oppure odioso, doloroso? Non tutti gli sguardi ci tagliano il respiro allo stesso modo.

Accade così, semplicemente, anche adesso. Il mio mare si estende sotto lo sguardo, la natura sigilla le mie parentesi, i mondi che abito, con le contraddizioni e i desideri che forse solo qui sopra, in alta quota, riescono ad accendersi all’unisono, separandomi dalla divisione fisica delle cose, che ostacola la loro vera totalità espressiva.

 

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