26 Luglio 2025
Fonte: imagoeconomica
È ufficialmente diventata legge quella che prevede che il femminicidio venga considerato come un reato in Italia. All'apparenza, sembra una norma giusta e sensata, perché nessuno di buon senso si sognerebbe di negare che uccidere una donna sia un reato. Ma, come spesso accade, il diavolo si nasconde nei dettagli, per dirla con la sempre valida formula di Goethe. Il riconoscimento del femminicidio come un reato nell'Italia del 2025 figura sic et simpliciter come una idiozia bella e buona, dato che anche prima, naturalmente, l'uccisione di un individuo di sesso femminile era punita come ogni altro omicidio. Detto altrimenti, prima che il femminicidio diventasse reato uccidere una donna era ovviamente un reato. A che serve allora l'introduzione del reato di femminicidio? Semplice: a fare in modo che l'uccisione di una donna diventi più grave di quella di un uomo o, se preferite, che l'uccisione di un uomo risulti meno grave di quella di una donna. La stupidità di questa nuova norma - figlia del tempo del logos evaporato - emerge limpidamente se si considera che con essa vengono a esistere omicidi di serie A e omicidi di serie B, e dunque esseri umani di serie A e esseri umani di serie B. Come se appunto uccidere una donna fosse più grave che uccidere un uomo. Come già dicevo, si tratta di una decisione perfettamente in linea con lo spirito del nostro tempo senza Spirito: il nuovo ordine erotico del neoliberismo si regge sulla defocalizzazione dello sguardo rispetto al conflitto di classe tra sfruttati e sfruttatori, uomini o donne che siano. Prova a sostituirlo con conflitti orizzontali che svolgano una funzione distrattiva: tra questi conflitti, spicca naturalmente la guerra di genere tra maschi e femmine, mediante la trasformazione dei primi in carnefici e delle seconde in vittime. Lo ripeteremo all'infinito: il conflitto non è tra maschi e femmine, ma tra sfruttati e sfruttatori, del tutto a prescindere dal sesso di appartenenza. E in ogni società, da quella egizia a quella odierna, una donna dei ceti abbienti ha sempre avuto più potere di un uomo delle classi dominate, dell'epoca di Cleopatra a quella di Ursula von der Leyen.
di Diego Fusaro
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