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Processo ponte Morandi, il pm rinuncia all’accusa di attentato alla sicurezza pubblica dei trasporti

Durante la requisitoria il magistrato ha ammesso: "Non c’è prova del dolo”. Restano in piedi gli altri reati come crollo e disastro colposo e gli omicidi aggravati

02 Luglio 2025

Processo ponte Morandi, il pm rinuncia all’accusa di attentato alla sicurezza pubblica dei trasporti

Tra le accuse ai 57 imputati per il crollo del ponte Morandi, che il 14 agosto del 2018 costò la vita a 43 persone, non c’è più l’accusa di attentato alla sicurezza pubblica dei trasporti. Lo ha detto in aula nel corso della requisitoria il pm Walter Cotugno: “Non ci sono prove definitive sul dolo – ha spiegato – requisito fondamentale affinché quell’addebito sia mosso, motivo per cui già da ora è possibile affermare che non chiederemo alcuna condanna per la contestazione specifica”.

Si tratta del passaggio più significativo affrontato dall’accusa nell’udienza di questa mattina che esclude il reato più grave, ma ciò non significa che le accuse rimanenti siano meno pesanti. Per gli imputati, tra cui l’ex amministratore delegato di Aspi Giovanni Castellucci (oggi in carcere per la strage del bus ad Avellino nel 2013), l’ex direttore centrale operazioni Paolo Berti (detenuto per lo stesso motivo di Castellucci) e l’ex responsabile nazionale manutenzioni di Autostrade Michele Donferri Mitelli, restano numerose imputazioni come il crollo e il disastro colposo e gli omicidi plurimi aggravati a partire dall’omicidio stradale, oltre ai falsi.

La requisitoria riprenderà la prossima settimana e proseguirà, dopo la sospensione estiva, a settembre. Solo nell’ultima udienza saranno rese note le richieste di condanna per tutti gli imputati. Il pm è tornato sul progetto di retrofitting, la ristrutturazione dei tiranti che avrebbe salvato 43 vite ma fu rinviata fino alla tragedia. “Nonostante una serie di rinvii – ha detto Cotugno in sintesi –  c’è stata la possibilità di salvare vite fin quasi alla fine: se si fosse optato per quell’intervento, avviandolo e bonificando la zona, a quel punto il crollo non sarebbe stato un reato, seppur avvenuto prima della conclusione”.

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