21 Luglio 2021
Un nuovo caso di Mafia che coinvolge la classe politica del nostro paese: è stato condannato nella giornata di oggi l'ex senatore di Forza italia Antonio D'Alì. Interrogato sulla sua professione il politico ha sempre dato la priorità alla politica prima degli affari, definendosi come il padre "servitore della cosa pubblica". Ma per la corte d'appello di Palermo vengono confermati i sospetti sui rapporti di D'Alì con le cosche mafiose negli anni.
La corte d'appello di Palermo ha condannato a 6 anni l'ex senatore di Forza Italia ed ex-sottosegretario all'Interno, Antonio D'Alì. L'uomo è imputato di concorso esterno in associazione mafiosa nel processo d'appello bis celebrato dopo che la Corte di Cassazione aveva annullato con rinvio la sentenza della Corte d'appello di Palermo che, a settembre del 2016, mandò assolto l'ex politico per le contestazioni successive al 1994 e dichiarato prescritti i reati a lui contestati nel periodo antecedente a quella data.
Antonio D'Alì viene giudicato colpevole di avere "contribuito al sostegno e al rafforzamento di Cosa nostra, mettendo a disposizione dei boss le proprie risorse economiche, e, successivamente, il proprio ruolo istituzionale di senatore della Repubblica e di sottosegretario di Stato". Inizialmente la condanna doveva essere, secondo le richieste del Pubblico Ministero, di 7 anni e 4 mesi, alla fine ridotta a 6 anni. Per i pm, 'ex senatore trapanese avrebbe avuto rapporti con le cosche e con esponenti di spicco dell'organizzazione come il boss latitante Matteo Messina Denaro, Vincenzo Virga e Francesco Pace, fin dai primi anni '90.
In cambio, il senatore di Forza Italia avrebbe cercato l'appoggio elettorale dei clan. Il politico avrebbe svolto inoltre un ruolo fondamentale nella gestione e deviazione degli appalti per importanti opere pubbliche a favore delle cosche. Tra le grandi opere individuate, il porto di Castellammare del Golfo e gli interventi per l'America's Cup. Dei presunti collegamenti di D'Alì con le cosche hanno parlato vari pentiti, che hanno confermato i sospetti dei pm. La corte d'appello ha anche condannato l'ex senatore a risarcire le associazioni antimafia costituite parti civili e lo ha dichiarato interdetto dai pubblici uffici per tre anni.
Il 21 luglio è una giornata da dimenticare per Fratelli d'Italia. Arriva infatti una condanna a 10 anni per concorso esterno in associazione mafiosa per Nicola Cosentino, ex sottosegretario all'Economia del governo Berlusconi ed ex coordinatore regionale del Pdl Campania. Fra le accuse, da qui il nome dell’inchiesta e del processo - Eco4 - ci sono i presunti favori relativi all’appalto vinto nel 1999 dai fratelli Orsi, imprenditori ritenuti vicini al clan Bidognetti. Sul tavolo dei pm c'era quindi la gestione illecita del consorzio omonimo che si occupava della raccolta e dello smaltimento dei rifiuti in diversi comuni del Casertano.
Non è il primo processo per Cosentino, che vanta una lunga serie di capi d'accusa e processi che lo hanno visto protagonista negli ultimi anni. Prima del processo Eco4 l’ex coordinatore campano di Forza Italia era stato assolto (in via definitiva) anche nel processo cosiddetto "Carburanti". Nicola Cosentino, inoltre, era stato condannato in via definitiva per aver corrotto un agente della polizia penitenziaria mentre era detenuto e un’altra, per diffamazione, nell’ambito dell’inchiesta "P3". Il politico di FI era stato assolto poi nel processo d’appello "Il principe e la scheda ballerina" dall’accusa di tentativo di reimpiego di capitali illeciti, con l'aggravante mafiosa, in relazione alla costruzione di un centro commerciale (mai edificato) voluto dal clan dei Casalesi a Casal di Principe.
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