Orari differenziati in città: la proposta anti-assembramenti caduta nel vuoto. Il secondo lockdown si sarebbe potuto evitare?

Per mesi si è parlato della necessità di creare nuovi orari al fine di non congestionare i mezzi pubblici e creare assembramenti. Oggi, a distanza di più di sei mesi, non è stato fatto niente in merito

Per mesi si è parlato di come rimodulare gli orari di negozi, scuole e uffici fosse la soluzione ideale per lottare contro la diffusione del contagio. Tuttavia, ad oggi nulla si è ancora mosso in questo frangente. Le proposte sono state abbandonate, e i risultati si sono visti, dal momento che è diventato necessario implementare un nuovo lockdown. 

Perché quindi non ci si è mossi in questa direzione? Un’opera seria di rimodulazione degli orari di ingresso a scuola e negli uffici avrebbero certamente ridotto il numero dei contagi. Sul tema è stato abbastanza esplicito Andrea Corsini, assessore dei trasporti della Regione Emilia Romagna: “Rivedere gli orari delle città è una bella frase da dire, ma realizzarla è molto complicato, perché le parti coinvolte, dal pubblico al privato, sono tantissime. Non è una cosa che si fa in un mese”. È anche vero però che di mesi ne sono passati ormai otto, e le leggi a livello locale in materia già ci sono. Di cambiare gli orari delle città avevano parlato un po’ tutti, da Giuseppe Sala, sindaco di Milano, ai governatori di Lombardia, Piemonte e Emilia-Romagna. 

Il modello delle Regioni

Stefano Bonaccini, Presidente dell’Emilia-Romagna sin dal primo momento è stato tra i promotori di questo radicale cambiamento. Per differenziare gli orari delle città, “è necessario un patto con i sindaci” ha detto Bonaccini. Tra i 6 mesi e un anno il tempo necessario per elaborare il piano, secondo il Governatore emiliano infatti: “La riapertura dei negozi dovrà avvenire con scaglionamenti di orari, con un arco temporale più lungo per fare i turni e perché sui mezzi pubblici potrà salire molta meno gente di prima”. 

Anche in Lombardia, regione falcidiata dall’epidemia, si era parlato di introdurre un modello simile. Fontana aveva proposto che i negozi non alimentari venissero aperti solo dalle 11, mentre gli uffici avrebbero dovuto garantire orari di entrata flessibili, tra le 8 e le 12. A giungo, Fontana disse così: “È necessario un intervento nazionale per scaglionare gli orari di lavoro e di vita delle città se non vogliamo creare una situazione ingovernabile. A oggi non ho avuto risposte”. 

Anche in questo ambito, come sostanzialmente in ogni evento che si è verificato dall’inizio della pandemia, i vari politici, dai sindaci ai presidenti di Regione fino al governo, hanno provveduto al più classico degli scaricabarile. Le uniche poche novità sono state introdotte a livello comunale, ma semplicemente per quanto riguarda gli orari degli uffici dei Comuni stessi. Palazzo Marino a Milano, sede del Comune lombardo, ha implementato grandi flessibilità orarie, che non sono però state estese al resto delle città, rendendo di fatti inutile la norma. Di poco conto le azioni intraprese da Gori a Bergamo e da De Luca in Campania. 

Creare orari diversificati si può, e va fatto il prima possibile

Certo è che, come detto in precedenza, gli strumenti per attuare norme del genere ci sarebbero eccome. Secondo il rettore dell’università di Bergamo, Remo Morzenti Pellegrini, intervistato dal Ilfattoquotidiano.it, “scaglionare gli orari si può fare, si poteva e si deve fare al più presto”. Secondo il parere del rettore, i sindaci possono emanare ordinanze specifiche. Vista però la delicatezza della situazione, decisioni così importanti necessitano di un confronto con le parti sociali, evitando che risultino essere calate dall’alto. 

Sindacati e associazioni dei commercianti chiedono un tavolo di discussione

Sul tema sono intervenuti appunto anche i sindacati. Quello che la Cgil sostiene è che “il tema degli orari è regolato dai contratti nazionali di lavoro. Non c’è problema ad aprire una discussione per rimodularli durante questa fase di pandemia, ma questi provvedimenti non possono essere presi di imperio da parte delle varie autorità”. Quello che i sindacati chiedono è che si arrivi a un accordo che tenga conto delle esigenze organizzative sia delle attività produttive che dei lavoratori. 

La Confcommercio Lombardia, tramite il suo vicepresidente Carlo Massoletti, rimarca: “Non possiamo decidere a tavolino quando i consumatori vanno nei negozi o al ristorante. Siamo disposti a parlare di orari, ma è difficile intervenire sui flussi dei consumi, dobbiamo seguirli se vogliamo fare bene il nostro lavoro”. 

Le scuole il problema principale. Dall’Emilia-Romagna: “Sì a turni pomeridiani”

Il nodo principale riguarda però la scuola. Sono infatti gli studenti quelli che contribuiscono maggiormente all’affollamento dei mezzi pubblici durante le ore di punta della mattina. Il ministero era intervenuto quindi, proponendo “una differenziazione dell’inizio delle lezioni”. Guardando i dati, sono pochi gli istituti ad essersi mossi in questa direzione. In Lombardia, ad esempio, solo il 55,9% degli istituti scolastici ha creato orari di ingresso differenziati. Quello che emerge però è che ciò è stato fatto per evitare di creare congestioni all’ingresso delle scuole, non per fare in modo che non si verifichino sovraffollamenti nei mezzi pubblici. Di fatti, anche questa misura è stata sostanzialmente inutile. 

Per questa ragione, desta interesse la proposta che arriva dall’Emilia-Romagna. Da Bologna arriva la proposta di pensare all’istituzione di turni pomeridiani. “Dopo i ritardi di settembre, abbiamo istituito un tavolo per ogni provincia” ha tenuto a specificare l’assessore Corsini. La possibilità di effettuare quindi due turni distinti, uno alla mattina e uno al pomeriggio, è già permessa dal ministero dell’Istruzione.  Si aspetterà quindi il via libera sulla riapertura da parte del governo per poter attivare i nuovi orari. “Riorganizzarli è materia di enorme complessità, prima ancora che dal punto di vista sindacale, dal punto di vista sociale per l’impatto sulle famiglie”, Stefano Versari, dg dell’ufficio scolastico regionale dell’Emilia . “I turni pomeridiani sono fattibili. Stiamo valutando caso per caso qual è la soluzione migliore” conclude Versari.