Arcuri e i 32 mln di euro spesi per tamponi non affidabili: l'ultimo dei moltissimi errori del Commissario

Il Governo ha speso 32 milioni di euro per un set di tamponi rapidi, considerati altamente inaffidabili. Lo dice un report di una rivista scientifica indipendente. Arcuri e Invitalia non hanno risposto a eventuali chiarimenti, facendo presumere che la lunga lista degli errori del Commissario debba essere ulteriormente arricchita

Domenico Arcuri, commissario straordinario per l’emergenza Covid-19, ne ha combinata un’altra. Dopo gli scandali che si sono susseguiti in questi mesi, in cui l’ad di Invitalia non è stato in grado di mantenere nessuna delle promesse fatte, basti pensare a mascherine, camici per i medici e banchi con le rotelle, sono oggi i tamponi rapidi a creare scalpore. 

I tamponi acquistati da Arcuri per oltre 30 milioni di euro sono considerati inaffidabili 

Secondo quanto comunicato dallo stesso Arcuri, lo Stato ha acquistato con un regolare bando tamponi rapidi per un valore di circa 32 milioni di euro. Il prodotto, chiamato Biocredit Covid 19 Ag, è stato però considerato davvero poco affidabile da un report pubblicato su una rivista scientifica. Secondo quanto riporta Sky, la rivista Journal of Clinical Virology ha pubblicato un’analisi in cui dimostra che, tramite test condotti sul prodotto, la sensibilità dei tamponi oscillerebbe tra l’11,1% e il 45,7%. In altre parole, i tamponi acquistati da Arcuri sarebbero in grado di individuare solo 4 persone ogni 10 certamente positive al Covid-19. 

La gravità della questione emerge in maniera lampante se si pensa che, viste le attuali procedure e norme in vigore nel nostro Paese, la negatività a un test corrisponde al permesso di interrompere il periodo di isolamento o quarantena. L’uso di questi tamponi sarebbe dunque totalmente controproducente, visto che milioni di italiani inconsapevolmente infetti si ritroverebbero a piede libero. A tutto ciò, si aggiunge il fatto che per questi test si sono spesi 32 milioni di euro dei contribuenti. Sempre lo stesso articolo mette anche in luce come il prodotto scelto da Arcuri abbia performance piuttosto basse, se paragonate a quelle degli altri dispositivi presenti sul mercato. 

Da Invitalia nessuna risposta sulla documentazione che ha autorizzato l’acquisto

Nella descrizione del bando, consultabile sul sito della Presidenza del Consiglio, si legge come uno dei requisiti minimi per l’assegnazione sia l’approvazione dei test, da parte di agenzie regolatorie nazionali o internazionali. Per forza di cose quindi, qualcuno deve aver dunque valutato come affidabili i tamponi, cosa che invece il report della rivista  Journal of Clinical Virology ha categoricamente smentito. Sulla questione ha indagato Sky che, come si apprende in un servizio andato in onda settimana scorsa, ha richiesto a Invitalia, l’azienda statale guidata da Arcuri, i documenti che avrebbero validato il bando, contenenti quindi l’approvazione dei test in questione. Tuttavia, Invitalia non ha dato alcuna risposta, creando tutti i presupposti per pensare che ci sia stato qualcosa di errato nell’acquisto dei tamponi rapidi. 

Infatti, la pubblicazione dei documenti contenenti la validazione, e dunque l’approvazione del prodotto in questione, dimostrerebbe chiaramente se ad aver ragione sono gli autori del report o Domenico Arcuri. Certo è che, per come si stanno mettendo le cose, complice anche il silenzio del commissario, la questione dei tamponi inaffidabili potrebbe presto essere inserita nel lunghissimo elenco degli errori di Arcuri. Lui, comunque, non sembra essere in discussione, ma non si sa bene il perché.