Coprifuoco, l'ennesimo fallimento dello Stato nella gestione dell'epidemia

Le Regioni verso un coprifuoco serale. Chiuse tutte le attività dalle 23 alle 5 e nel weekend stop ai centri commerciali

Le Regioni vanno verso il coprifuoco serale. È questa la notizia emersa ieri in serata, secondo la quale la Lombardia avrebbe chiesto al Governo di implementare un coprifuoco dalle 23 alle 5, a partire da giovedì sera. Blocco di tutte le attività commerciali e divieto di spostamenti, salvo motivi di necessità quali lavoro e salute. Tornano anche le autocertificazioni per garantire il rispetto della norma. La richiesta è stata condivisa da tutti i Sindaci dei capoluoghi di provincia e dai partiti del parlamento regionale. Stamattina si è mossa nella stessa direzione anche la Campania, e a breve dovrebbero richiedere lo stesso Piemonte e Liguria. Chiusi anche i centri commerciali nel weekend. Le nuove misure colpiscono in maniera netta, e forse definitiva, tutta una serie di categorie ed esercenti che, qualora fossero sopravvissuti alle chiusure di primavera, difficilmente troveranno le possibilità di andare avanti a fronte delle nuove chiusure. Già ad aprile si parlava di 50,000 attività a rischio chiusura con la conseguente perdita di circa 300,000 posti di lavoro, solo nel mondo dei pubblici esercizi, ovvero bar, ristoranti, pizzerie, catene di ristorazione, catering, discoteche, pasticcerie e stabilimenti balneari. 

L’iniziativa, portata avanti con il consenso del Ministero della Salute e del Governo, segnerebbe il primo vero ritorno alle limitazioni implementate per contenere la curva dei contagi. Si pensa anche come il coprifuoco serale possa essere il presagio di futuri lockdown totali, se non a livello nazionale sicuramente nelle zone più colpite dall’aumento dei casi. 

Nelle ultime 24 ore sono stati registrati 10.874 nuovi positivi, a fronte di 144.737 tamponi effettuati, con un’incidenza del 7,5% di positivi rispetto al totale dei testati. Aumentano anche i ricoveri in terapia intensiva, ad oggi sono 870 in tutto il territorio nazionale. Il numero dei ricoverati con sintomi tocca gli 8454, 778 in più rispetto a ieri. 

Nonostante quindi le dichiarazioni del Premier Giuseppe Conte nella serata di domenica, quando l’ipotesi di un futuro lockdown è stata chiaramente scongiurata dal Presidente del Consiglio, le nuove decisioni prese dalle Regioni si muovono in direzione contraria. La decisione di chiudere i bar e locali a mezzanotte verrà certamente inasprita, forse con una chiusura a questo punto totale delle attività, visto che dalle 11 di sera i cittadini dovranno trovarsi nelle proprie abitazioni. L’imposizione del lockdown vuole dunque scoraggiare la frequentazione delle abitazioni altrui, visto che cenare a casa di un amico o un parente diventerà sostanzialmente impossibile. La virtuale zona rossa per i cittadini si espande quindi a toccare sostanzialmente ogni aspetto della nostra quotidianità. La vita sociale viene di fatto vietata e a breve toccherà anche alle scuole, con gli studenti costretti a non poter fare sostanzialmente più nulla all’infuori delle mura domestiche. 

C’è dunque una chiara contraddizione tra le parole espresse dal Premier domenica e i fatti che si verranno a verificare a partire dalla fine di questa settimana. Gli sforzi tanto lodati e sbandierati dallo stesso Governo per evitare una ripresa del contagio e consentire la ripresa economica del nostro Paese si dimostrano assolutamente inefficaci se non addirittura inutili. L’intera gestione del post-lockdown primaverile si è rivelata sostanzialmente fallimentare davanti al più che prevedibile aumento dei contagi in occasione dell’arrivo dell’autunno. 

Scaricare le colpe della situazione attuale sulla poca responsabilità dei pochi non ligi alle regole, a sentire le parole del Giuseppe Conte, è anche solo difficile da ascoltare, dopo aver passato due mesi chiusi in casa e aver assistito ad una crisi economica di tale portata da aver fatto tornare l’Italia indietro di vent’anni. 

De Magistris sostiene che a breve l’intera Campania sarà costretta ad applicare un lockdown totale, dal momento che, secondo il Sindaco, rimangono solo 15 posti di terapia intensiva in tutta la Regione. Leggendo un’analisi del Fatto Quotidiano, ad oggi la Campania ha in totale 433 posti di terapia intensiva, a fronte degli 834 previsti dal piano di rafforzamento previsto con il Governo. La Lombardia avrebbe dovuto aumentare di 600 il numero dei posti in terapia intensiva, ma attualmente i dati dicono che ne siano stati attivati solo 130, passando dagli 861 di marzo ai 994 di oggi, quando sarebbero in realtà dovuti essere 1446. L’insolvenza campana e lombarda non è l’unica però ad emergere, visto che praticamente nessuna regione del Paese è stata in grado di rispettare le indicazioni ricevute per potenziare il sistema sanitario. Su scala nazionale, sempre il Fatto Quotidiano mette in luce come il piano Arcuri avesse previsto di portare a 8700 circa il numero delle terapie intensive (comunque pochissime se si pensa che in Germania ce ne sono circa 33 mila), ad oggi quelle attive sono 6628, solo 1449 in più rispetto alle 5179 di cui eravamo dotati a inizio marzo. Ci si domanda dunque con che coraggio si possa parlare di irresponsabilità dei cittadini quando, avendo avuto esperienza del collasso sanitario di primavera, ci si sarebbe aspettati come minimo che il Governo e le Regioni tutte provvedessero a garantire la salute dei cittadini. Il fatto che i numeri delle terapie intensive disponibili indichino come nessuna regione sia stata in grado di raggiungere gli obiettivi prefissati, richiederebbero almeno che De Luca & co. evitassero show teatrali e accuse ad Halloween, dal momento che essendo passati quasi otto mesi dall’inizio della pandemia, ad essere in colpa non sono certamente i cittadini ma chi avrebbe dovuto tutelarli. 

A inizio settembre lo stesso Arcuri ha pubblicato un piano in cui si prevedeva di effettuare oltre 200 mila tamoni in autunno, così da tener sotto controllo l’evoluzione del virus. Al 20 di ottobre, quella cifra non è stata raggiunta nemmeno per sbaglio. Il sistema dei tamponi si è dimostrato oltretutto fallimentare anche dal punto di vista dell’organizzazione, con privati e ats in competizione e l’obbligo di aspettare 14 giorni a casa, con enormi rischi per i familiari, nel caso in cui non si volesse passare per i privati. Andrea Crisanti ha inoltre rivelato come ad agosto avesse proposto un piano al Governo che avrebbe permesso di svolgere circa 400 mila tamponi al giorno, non ricevendo mai una risposta.  

Appare dunque spontaneo domandarsi come, nonostante gli oltre 36 mila morti, ci si ritrovi ad oggi in queste condizioni. La chiusura delle attività e il coprifuoco rappresentano l’ennesimo fallimento dello Stato nella gestione dell’epidemia. La chiusura implica, oltre alla riduzione delle libertà, anche un chiaro stato di impreparazione (vedi terapie intensive). Lo si poteva accettare a marzo, sicuramente non oggi.