M5s chiede dimissioni Profumo, ad Leonardo, dopo condanna per Mps. Dov'è il garantismo? L'inefficienza della macchina giudiziaria italiana

Di Sergio Luciano

I Cinquestelle chiedono le dimissioni di Alessandro Profumo dalla carica che riveste, amministratore delegato di Leonardo, perché è stato condannato a sei anni per asserite responsabilità nella gestione di alcuni derivati finanziari scoperti al Monte dei Paschi di Siena, quando ne era presidente. La richiesta dei Cinquestelle va archiviata senza esitazione – come del resto va congelata ogni conclusione sulla vicenda giudizaria in sé – almeno fino alla sentenza d’Appello, in nome dei più semplici principi di garantismo giudiziario e del realismo con cui è doveroso affermare che la macchina giudiziaria italiana è talmente inefficiente e inaffidabile che scavalcare o ignorare il secondo grado di giustizia diventa un abuso intollerabile.

Allo sgangherato assembramento senza mascherine – e farebbero meglio a mettersele, se avessero un briciolo di pudore per il disastro governativo che sono – chiamato Cinquestelle è rimasto solo un vecchio slogan, insignificante prima ancora che autolesionistico: “Onestà, onestà!”. Bene: innanzitutto, due anni e mezzo di cronache governative e di – diciamo così – infortuni dimostrano che la sbandierata onestà è una frontiera di impegno per tutti: non c’è nessuno che nasce con la patente di onesto.

Ma soprattutto: le guarda, questa gente, le classifiche internazionali che inchiodano l’Italia agli ultimi posti mondiali per efficienza dell’amministrazione giudiziaria? Lo sanno che per esempio sulla fedeltà agli impegni contrattuali siamo stati messi dopo la Libia – la Libia! – perché da noi chiunque voglia disonorare un contratto lo fa e basta, sapendo che prima di pagarne le eventuali conseguenze legali passano dieci anni?

L’inefficienza della macchina burocratica giudiziaria è proverbiale. Dunque per metodo non si dovrebbe mai prendere per buono il primo grado delle sentenze, come del resto prevede la Costituzione.

Nel merito, resta il fatto che la gestione Profumo-Viola al Montepaschi, pur non riuscendo a scongiurare il default, ha per lo meno limitato i danni. E che forse, se l’avessero lasciati proseguire, avrebbero anche potuto perfezionare la loro azione. Peraltro, la Procura di Milano aveva chiesto il proscioglimento di entrambi il 6 aprile 2018, e prima ancora nel settembre 2016. I derivati che i due manager sono accusati di non aver ben gestito provenivano da lontano, pillole avvelenate della precedente, dissennata stagione gestionale.

Oggi Profumo fa il capo di Leonardo, e non si occupa affatto di crediti; Viola gestisce Depobank, un istituto specializzato che non vende niente ai cittadini ma solo alle istituzioni finanziarie. Rispettiamo il loro lavoro e lasciamo alla Corte d’Appello il tempo per fare il suo.